Coronavirus, a chi è guarito una sola dose di vaccino, via libera del ministero
articolo del 03 marzo 2021: https://www.ilsole24ore.com/art/a-chi-e-guarito-sola-dose-vaccino-arrivo-circolare-ministero-ADzHmYNB
Per i soggetti già infettati ci sarà una singola somministrazione in quanto l’infezione svolge di fatto un ruolo di “priming”
«È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino» anti-Covid-19 nei soggetti con «regressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica). È quanto si legge nella circolare del ministero della Salute “Vaccinazione dei soggetti che hanno avuto un’infezione da SARS-CoV-2”, firmata dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza.
La somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-SARS-CoV-2/COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 è possibile, «purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa».
asi (ex Ema): strategia assolutamente logica – Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema, si dichiara «assolutamente d’accordo con quanto prospettato. «Penso che sia giusto dare una singola dose di vaccino a chi ha già contratto l’infezione», spiega Rasi. E «sarebbe logico prevedere la somministrazione di questa dose a 6 mesi dalla guarigione. Si tratta di un’indicazione corretta anche per ottimizzare il piano vaccinale utilizzando al meglio le dosi che abbiamo e che avremo a disposizione».
Bassetti: sì a dose unica ma servono indicazioni chiare – «Una sola dose di vaccino per chi ha avuto il Covid è una buona cosa e ci permette di risparmiare anche le fiale di vaccino. In Italia abbiamo avuto due milioni e mezzo di persone colpite con certezza ma sicuramente saranno almeno il doppio, quindi potremmo risparmiare diversi milioni. È importante però che ci sia un’indicazione precisa in modo tale che tutti si comportino allo stesso modo». Lo sottolinea Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria, commentando l’ipotesi avanzata ieri dal presidente del Css
Per quanto riguarda invece la possibilità di posticipare la seconda dose per aumentare subito la platea degli immunizzati con la prima, «non è che noi stiamo proponendo di non fare il richiamo, ma di spingerlo un po’ più in là. Ad esempio – avverte Bassetti – per il vaccino AstraZeneca si può pensare di fare la seconda dose dopo 3, anche 4 mesi; per Pfizer e Moderna anziché farla tra la terza o quarta settimana, si può portarla a 6-8 settimane e si guadagna del tempo. Ci sono dei dati che avvallano questo e in emergenza – conclude – si possono prendere delle iniziative per il bene pubblico: se due dosi non ci sono meglio avere un fascia di popolazione vaccinata ampia che una piccola con due dosi».
Vaccino Covid: per quanto tempo ci protegge? Spunta l’ipotesi del terzo richiamo
articolo del 14 maggio : https://www.repubblica.it/salute/2021/05/14/news/covid_per_quanto_tempo_ci_proteggono_i_vaccini_spunta_l_ipotesi_del_terzo_richiamo-300855151/
Le differenze della tempistica per la somministrazione della seconda dose svantaggiano chi l’ha fatto prima. Per Giovanni Maga, direttore del Cnr di Pavia, il futuro è il vaccino unico
Vaccini anti-Covid diversi, con richiami fatti in tempi diversi, che giocoforza garantiscono una copertura dal contagio per periodi di durata diversa. Aifa ha autorizzato sette mesi di protezione per tutti i vaccini contro il Covid-19. Mediamente sette mesi. Ma, nella pratica di tutti i giorni non accade proprio questo. Capita che una persona che si sia vaccinata a gennaio con Pfizer, che fino ad ieri prevedeva un richiamo a 21 giorni, abbia gli anticorpi contro il virus al massimo fino a settembre, mentre un’altra, che ha fatto Astra Zeneca sempre a gennaio, grazie alla seconda dose assunta dopo tre mesi, possa arrivare a dicembre ancora protetta.
In questo groviglio di situazioni, il professor Giovanni Maga, virologo e direttore del Cnr di Pavia, intravede una possibile conseguenza a medio termine: “Probabilmente si renderà necessario, per le persone vaccinate in un primo momento che hanno fatto la seconda dose a inizio febbraio, anche un terzo richiamo da fare in autunno – dice – perché, in caso contrario, arriverebbero all’inizio della stagione invernale senza difese contro il virus“.
Professor Maga, ricapitoliamo la tempistica dei vaccini. Entro quando si deve fare il richiamo? – “Per AstraZeneca rimane l’indicazione dei tre mesi dalla prima dose. Questo perché studi clinici hanno dimostrato che l’efficacia è massima dopo questo periodo di tempo. La novità riguarda i vaccini a Rna messaggero, quindi Pfizer-Biontech e Moderna, per cui è stata introdotta la possibilità di aumentare da 21 a 42 giorni il periodo che intercorre tra prima dose e richiamo. Indicazione confermata da Aifa ed Ema, corroborata da studi che provano, dopo la prima dose, il raggiungimento di un livello di protezione elevato, di durata superiore a tre setimane. Quindi il richiamo a 42 giorni non è un azzardo“.
Pfizer non è proprio di questa idea… – “Le dichiarazioni dell’azienda le possiamo leggere in tanti modi: una manifestazione dell’interesse a mantere un intervallo più breve che potrebbe avvantaggiarla, o comunque il voler ribadire cautelativamente che, come sostengono studi clinici approvati, quell’intervallo di tempo è consigliato“.
Ma questo cosa cambia dal punto di vista della protezione dal virus? – “L’allungamento della seconda dose a 42 giorni non inficia la protezione. Chiaro che tra la popolazione ci saranno sempre persone che rispondono più o meno bene al vaccino. Ci potrebbero essere classi di pazienti, soprattutto quelli oncologici con tumori che colpiscono il sistema immunitario, che rispondono meno efficacemente alla prima dose, quindi in questi casi è sconsigliato prolungare la seconda. Tuttavia, se guardiamo alla media delle situazioni, non cambia granché“.
Parlando sempre di tempi dei richiami, che cosa si prevede? – “Il ministero della Salute prevede che, a partire da giugno, il richiamo sia fatto a 42 giorni per Pfizer, mentre quello per AstraZeneca resta a tre mesi“.
Veniamo alla durata della copertura vaccinale. Aifa ha detto che mediamente un vaccino anti-Covid protegge per sette mesi. È d’accordo? – “Ad aprile sono stati pubblicati studi da cui emerge che a sei mesi dal richiamo, in particolare Pfizer e Moderna, e a 4 mesi per AstraZeneca, permane un elevato titolo di protezione. Quindi, esaminando a partire da tempo zero fino a 4-6 mesi come si comporta il livello di immunità del vaccinato, si può affermare che la protezione contro il Coronavirus possa arrivare fino a 9 mesi o anche un anno“.
Valutazione fatta sul titolo anticorpale? – “Non solo. Oltre a quello si valuta un’altra importante componente del sistema immunitario, ossia i Linfociti T, che incidono sulla protezione totale dell’individuo dal virus. Quindi, il periodo di sette mesi indicati da Aifa è giustificato pienamente, e prudenziale. Ritengo sia plausibile ipotizzare una protezione che si estenda a 9 mesi e oltre, ma questo lo sapremo solo proseguendo il monitoraggio“.
Se applicassimo la previsione dei sette mesi per ogni vaccino, chi si è immunizzato prima di altri, come gli operatori sanitari vaccinati dal gennaio scorso, ne uscirebbe svantaggiato. Perché a fine estate si troverebbe di nuovo esposto a contagio. – “La mia idea è che anche chi è stato vaccinato per primo sarà protetto sino a fine anno. Ma ad oggi non c’è evidenza del fatto che la copertura sarà maggiore, e che quindi si debbano riprendere le vaccinazioni. Pfizer, ad esempio, ha ipotizzato una terza dose di vaccino da inoculare entro fne anno, questo per chi ha fatto l’iniezione a gennaio: soprattutto gli operatori sanitari“.
Quindi non possiamo considerarci schermati a lungo e soprattutto lo siamo per un periodo diverso a seconda del vaccino che ci hanno somministrato. – “Al momento sempbra che queste vaccinazioni non diano l’immunità per tutta la vita, ma questo ora lo diciamo anche a causa dell’incompletezza dei dati di cui abbiamo la disponibilità, avendo vaccinato solo da pochi mesi. È possibile che nel prossimo futuro cambi la valutazione e quindi lo scenario“.
Ci sta dicendo che entro fine anno, o nel 2022, sarà forse necessario fare un terzo richiamo contro il Covid? – “Non lo escludo“.
E dovremmo vaccinarci sia contro l’influenza che contro il Coronavuirus? – “Sono dell’idea che sia necessario assumerli entrambi. Perché, è provato, così gli anziani hanno un rischio di morte e di malattia più basso“.
Pensa che debba essere una vaccinazione universale? Estesa a tutti e a tutte le età?
“La campagna vaccinale dovrebbe essere globale perché da Paesi a rischio, come ad esempio l’India, il virus può tornare e moltiplicarsi. Dunque mantenere una vaccinazione alta in quei Paesi attenua l’impatto anche altrove. Sicuramente l’ideale è mettere tutti nella situazione di vaccinarsi“.
Se così fosse, sarebbe possibile azzerare la tempistica, cioè non prevedere tempi diversi per i richiami ma tutto in un’unica soluzione? – “Si tra lavorando per ottenere una omogeneità dei vaccini. Ci si sta concentrando su una tipologia. Recentemente gli Usa hanno sperimentato sugli animali un siero pan-coronavirus efficace per tutti. Questo porterà ad avere un siero unico, progettato sulla proteina Spike, ma programmato a tavolino per indurre una risposta contro quelle porzioni della proteina che resistono ai Coronavirus“.
Ci può spiegare? – “Con le varianti vediamo che i virus mutano, i Coronavirus sono tanti e ognuno di essi presenta differenze a livello della proteina Spike. Tuttavia, ci sono porzioni che non possono cambiare. Quindi riuscire a dirigere il sistema immunitario ad attaccare quei pezzetti che non cambiano vuol dire avere la possibilità di intervenire a largo raggio. Oggi i vaccini ci proteggono dalle varianti diffuse e vengono aggiornati, ma se nel frattempo dovesse comparire sulla scena un altro Coronavirus, non è detto che siano efficaci. Il super vaccino in via di studio potrebbe esserlo“.
E questo super-vaccino quando potremmo vederlo? – “Ci sta lavorando il team della Duke Human Vaccine Insitute, nel North Carolina. La tempistica prevede almeno ancora un anno di attesa per la sperimentazione sui pazienti“.