articolo: https://it.wikipedia.org/wiki/Giornata_internazionale_della_donna
La Giornata internazionale dei diritti della donna ricorre l’8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in ogni parte del mondo. Viene associata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita il 17 dicembre 1999 e che cade ogni anno il 25 novembre. Viene celebrata negli Stati Uniti d’America a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922.
Spesso nell’accezione comune, nella stampa e in campo pubblicitario viene erroneamente definita come Festa della donna anche se è più corretto Giornata internazionale della donna poiché la motivazione non è la festa, ma la riflessione.
Fonti ONU invitano a operare affinché nel mondo si possa raggiungere una effettiva parità di genere entro il 2030
Le Origini – Il VII Congresso della II Internazionale socialista si tenne a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907; vi parteciparono 884 delegati di 25 nazioni. Tra questi vi furono le più importanti personalità marxiste del tempo come i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin e August Bebel, i russi Lenin e Martov, il francese Jean Jaurès. In quella sede vennero trattati, oltre al problema dell’atteggiamento da tenere in caso di una guerra europea e al tema del colonialismo, anche la questione femminile e la rivendicazione del voto alle donne.
Sciopero delle camiciaie di New York
Su quest’ultimo argomento il Congresso votò una risoluzione nella quale si impegnavano i partiti socialisti a lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne, senza allearsi con le femministe borghesi che reclamavano il diritto di suffragio, ma con i partiti socialisti che lottano per il suffragio delle donne. Due giorni dopo, dal 26 al 27 agosto, fu tenuta una Conferenza internazionale delle donne socialiste, alla presenza di 58 delegate di 13 paesi, nella quale si decise la creazione di un Ufficio di informazione delle donne socialiste: Clara Zetkin fu eletta segretaria e la rivista da lei redatta, Die Gleichheit (L’uguaglianza), divenne l’organo dell’Internazionale delle donne socialiste.
In Italia – La mimosa – Nel settembre del 1944, si creò a Roma l’UDI, Unione Donne in Italia, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro; fu l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo: la mimosa, secondo un’idea di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei, fiore scelto perché povero e reperibile dappertutto.
La mimosa, simbolo italiano della Giornata internazionale della donna
Nei primi anni cinquanta, anni di guerra fredda e periodo in cui al Viminale c’era Mario Scelba, distribuire in quel giorno la mimosa o diffondere Noi donne, il mensile dell’Unione Donne Italiane (UDI), divenne un gesto «atto a turbare l’ordine pubblico», mentre tenere un banchetto per strada diveniva «occupazione abusiva di suolo pubblico». Nel 1959 le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, socialiste, presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto.
Il clima politico migliorò nel decennio successivo, ma la ricorrenza continuò a non ottenere udienza nell’opinione pubblica finché, con gli anni settanta, in Italia apparve un fenomeno nuovo: il movimento femminista.
Carica di polizia contro un corteo femminista
Il femminismo – L’8 marzo 1972 la giornata della donna a Roma si tenne in piazza Campo de’ Fiori: vi partecipò anche l’attrice statunitense Jane Fonda, che pronunciò un breve discorso di adesione, mentre un folto reparto di polizia era schierato intorno alla piazza nella quale poche decine di donne manifestavano con cartelli chiedendo la legalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale. Il matrimonio venne definito prostituzione legalizzata e circolò un volantino che chiedeva che non fossero lo Stato e la Chiesa ma la donna ad avere il diritto di amministrare l’intero processo della maternità. Quelle scritte furono giudicate intollerabili e la polizia caricò e disperse le manifestanti. In molte città d’Italia sono stati intitolati all’8 marzo strade e giardini.
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