Parchi & non solo


IL NUOVO COLOSSEO by TOD’S  

1 luglio 2016 –  il Colosseo si riveste di una nuova luce.
E’ grazie al contributo di un privato, il gruppo Tod’s, che tramite un’azione di mecenatismo senza alcun ritorno di pubblicità o di natura commerciale, ha avviato da tempo la più grande opera di restauro dell’anfiteatro flavio, che oggi possiamo tornare a rivedere questo importante monumento come non appariva da almeno tre secoli.

Il restauro del sottomarino «Enrico Toti»

Agosto 2005: un sottomarino arriva in città. Le spettacolari immagini del viaggio del Sottomarino Enrico Toti da Cremona al Museo, attraversando la città di Milano.

Fonte: http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/16_giugno_16/restauro-sottomarino-enrico-toti-c8dd66c4-33c7-11e6-b8e9-6b78a4af30ec.shtml

SottomarinoToti_InterventoRestauro_Estate2015%2003@MuseoScienza[1]

Il progetto di restauro del Sottomarino Enrico Toti, a 10 anni dal suo arrivo al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano, rappresenta un modello di collaborazione tra istituzioni pubbliche e private per la salvaguardia del patrimonio culturale. Il Museo è riuscito, infatti, grazie alla collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e grazie ai partner promotori Anver e Mcv srl, a creare una rete di partner tecnici che lo affiancassero nell’intervento, in particolare Nta Nuove Tecnologie Applicate, Covesa Coating, Jotun Projects Proprety e Strati Conservazione e restauro dei beni culturali.

SottomarinoToti_InterventoRestauro_Estate2015%2002@MuseoScienza[1]

 

Milano in tutto il suo splendore – Dal nuovo quartiere di Porta Nuova alla Milano di Sant’Ambrogio, Santa Maria delle Grazie e il Castello Sforzesco. Un video che ne mostra fascino e bellezze

Milano__San_Maurizio[1]

 la Cappella Sistina milanese – San Maurizio Monastero Maggiore 2015

Il monastero (foto Emanuele Cortellezzi) (1)[1]

San Maurizio al Monastero Maggiore è una chiesa di Milano, un tempo sede del più importante monastero femminile della città, appartenente all’ordine benedettino, collocata all’angolo tra via Luini e corso Magenta, di origine paleocristiana, ricostruita nel Cinquecento. È decorata internamente con un vasto ciclo affreschi di scuola leonardesca e viene indicata come la “Cappella Sistina” di Milano o della Lombardia.

San Maurizio al Monastero Maggiore è una chiesa di Milano

La costruzione della chiesa attualmente esistente ebbe inizio nel 1503, come è inciso su una pietra ritrovata nell’abside. Perduto qualsiasi documento inerente alla sua progettazione, è attribuita dalla critica all’architetto e scultore Gian Giacomo Dolcebuono, coadiuvato dall’architetto Giovanni Antonio Amadeo, al tempo responsabili della costruzione del tiburio del Duomo di Milano, e attivi anche alla Certosa di Pavia e alla Chiesa di Santa Maria presso San Celso. L’edificio fu completato in pochissimi anni, tanto che nel 1509 vi furono già collocate le prime lapidi sepolcrali. Per ultima fu conclusa la facciata, nel 1574, da Francesco Pirovano

Milano_-_San_Maurizio_-_Affreschi_-_Foto_Giovanni_Dall'Orto_14-Aug-2004_-_01[1]Bernardino Luini, Alessandro Bentivoglio con i santi Stefano, Bernardo, Giovanni Battista

San Maurizio al Monastero Maggiore è una chiesa di Milano

Cappella della Resurrezione o Bergamina – Prima a sinistra, con il patronato della contessa Bergamina, sorella di Gian Paolo Sforza, genero di Alessandro Bentivoglio, venne affrescata da Aurelio e Giovan Pietro Luini, figli di Bernardino, dopo la metà del secolo;

interni della chiesa di san Maurizio a milano

Cappella di Santo Stefano o Carreto – seconda a sinistra: cappella di Santo Stefano, con patronato della famiglia Carreto, cui apparteneva Giovanni, marito di Ginevra Bentivolgio, fu affrescata intorno al 1550 probabilmente da Evangelista Luini, altro figlio di Bernardino, meno dotato degli altri fratelli

MilanoSMaurizioMaggioreInternoFedeliCappellaSGiovBattista[1]Cappella di San Giovanni Battista, Battesimo di Cristo

Cappella di San Giovanni Battista o Carreto – terza a sinistra, ancora con patronato della famiglia Carreto, affrescata intorno al 1545 da Evangelista Luini con Biagio e Giuseppe  Arcimboldi, secondo la critica. Vi sono raffigurati, al centro, il Battesimo di Cristo, con evidenti citazioni da Leonardo, negli Angeli, e da Michelangelo, negli uomini che si spogliano in secondo piano, sulla parete sinistra, la nascita di san Giovanni e l’imposizione del nome, e a sinistra la Salomè con la testa del Battista.

Cappella della Deposizione o BentivoglioQuarta a sinistra, affrescata dopo la metà del cinquecento da Aurelio e Giovan Pietro Luini. Al centro è la deposizione dalla croce, scena che continua anche sulle pareti laterali. La posa di molte delle figure degli uomini che assistono alla deposizione sono tratte dal cenacolo di Leonardo, dipinta mezzo secolo prima.

Cappella di San Paolo o FiorenzaPrima cappella destra, con patronato della famiglia Fiorenza, fu affrescata per ultima, nel 1571 dal pittore genovese Ottavio Semino, cui sono dovuti anche gli stucchi manieristi che la differenziano dalle altre. È dedicata a san Paolo; nella pala centrale, con La predica di san Paolo, mostra evidenti influssi michelangioleschi nell’impostazione delle figure. Sull’arcone, fra gli elaborati stucchi, sono gli affreschi con le personificazioni delle virtù teologali.

Cappella della Deposizione o SimonettaSeconda cappella destra, a memoria di Bernardino Simonetta, vescovo di Perugia, imparentato con Ippolita Sforza, affrescata nel 1555 dai pittori lodigiani Furio e Callisto Piazza, cui è dovuta anche la tela centrale con la deposizione. Pregevole, nella lunetta soprastante, il San Francesco riceve le stimmate.

Milano – San Maurizio (Monastero Maggiore)

Cappella di Santa Caterina di Alessandria – Terza cappella destra, fu la prima delle cappelle laterali ad essere decorata, nel 1530, e costituisce l’ultima impresa di Bernardino Luini all’interno della chiesa. Fu commissionata dal notaio Francesco Besozzi, zio di Ippolita Sforza, che intendeva esservi sepolto, e che si fece ritrarre inginocchiato con santa Caterina che gli tiene una mano sulla spalla, sulla parete di fondo all’interno della scena principale. La scena è una rappresentazione del Cristo alla colonna, dove appunto un’imponente colonna richiama l’attenzione dello spettatore indirizzandola verso la patetica figura del Cristo, gocciolante di sangue, che viene slegato dai due aguzzini, al di sopra di un basamento dai motivi rinascimentali. Nonostante la crudezza della scena, l’espressione di Cristo è composta e rassegnata, secondo lo stile classico di Luini. Intervengono nella rappresentazione, come si è detto, santa Caterina che protegge il committente, e san Lorenzo alla destra. Completano la parete in alto la Negazione di Pietro e l’Incontro della Vergine con Giovanni.

Sulle pareti laterali sono le Storie di santa Caterina: Caterina è salvata dal supplizio della ruota per l’intervento di un angelo, e a destra la decapitazione della santa. Esse furono molto apprezzate al tempo per la resa della bellezza femminile secondo i canoni classici.

Cappella dell’Ecce Homo o BentivoglioLa cappella a sinistra del presbiterio (che ricorda lo stesso Alessandro Bentivoglio e Giovanni Bentivoglio, suo nipote morto a 23 anni) fu affrescata dopo la metà del secolo da Aurelio e Giovan Pietro Luini.

Aula delle monache, veduta del coro

Coro%20organo%20San%20Maurizio%20al%20Monastero%20Maggiore[1]

Aula delle monache – L’aula destinata alle monache di clausura fu la prima ad essere affrescata, a partire dal secondo decennio del Cinquecento. L’affresco più antico è probabilmente quello che riveste la volta dell’arco del pontile addossato alla parete divisoria della chiesa, sopra il quale si radunavano le monache coriste. La volta è decorata con un fondo blu notte, punteggiato da stelle dorate, sul quale sono raffigurati i quattro evangelisti, angeli musicanti, e al centro un medaglione con il Padre Eterno benedicente. L’opera, di gusto ancora tardo quattrocentesco, è attribuita alla bottega di Vincenzo Foppa, e si distingue per la dolcezza delle figure rappresentate, oltre che per la vivacità dei colori.

Sull’arcone è dipinta anche un’annunciazione, visibile dal coro delle monache, con Maria al leggio all’estrema destra e l’Arcangelo annunziante sulla sinistra, di ispirazione leonardesca, forse riferibile a Boltraffio.

Il loggiato superiore a serliane è decorato da tondi con immagini di Sante, opera di Giovanni Antonio Boltraffio oppure, più probabilmente, dall’anonimo pittore noto come “pseudo-Boltraffio”. Le sante, rappresentate come se si affacciassero effettivamente dai tondi dipinti sulle pareti divisorie delle serliane del matroneo, presentano una forte intensità somatica; per questo si è ipotizzato possa trattarsi di ritratti delle facoltose monache del convento. Sempre alla prima fase decorativa appartengono anche le coppie di santi a figura intera, che affiancano i tondi nelle lunette delle cappelle.

La decorazione proseguì nel secondo decennio del Cinquecento, con l’intervento di Bernardino Luini commissionato dai Bentivoglio, che qui realizzò un vasto ciclo dedicato alla Passione di Cristo nella parte inferiore della parete del tramezzo. L’opera appartiene alla maturità dell’artista, e ne mostra tutti i caratteri distintivi: i colori caldi e vivaci, il disegno morbido e delicato, le figure delineate secondo un’ideale di classica bellezza, rappresentati con espressioni e gesti pacati e composti. La rappresentazione si svolge da destra a sinistra, ed inizia con l’episodio dell’Orazione di Cristo nell’orto, in cui sono inclusi anche i discepoli addormentati, e Giuda che guida i soldati. Prosegue con l’Ecce Homo, dove Pilato abbigliato con sontuose vesti regali indica Cristo deriso dai soldati con espressioni grottesche. Seguono le lunette con l’Ascesa al Calvario e la Deposizione dalla croce. In quest’ultima scena, il personaggio all’estrema destra dalle preziose vesti ricamate in oro è riconosciuto un membro dei Bentivoglio. Alla Sepoltura di Cristo, ridotta in basso nell’Ottocento per l’apertura della porta, assiste invece una monaca, probabilmente la badessa Alessandra. Il ciclo termina a sinistra con la Resurrezione, con il Cristo trionfante nella lunetta e in basso i soldati spaventati, ed il Noli me tangere. Nella parte centrale del tramezzo, ove sono la grata, e le due piccole aperture destinate al passaggio della comunione e all’adorazione dell’Eucarestia, Luini rappresenta delicate figure di Sante, vivaci Angioletti, e i Santi Rocco e Sebastiano.

Alla seconda metà del Cinquecento appartengono gli ultimi affreschi, dell’aula, realizzati dai figli di Bernardino in stretta collaborazione: Giovan Pietro, Evangelista e Aurelio. Ai primi due sono attribuite le scene dipinte sulla parete di fondo con la Deposizione dalla croce, la Flagellazione, l’Ultima Cena e la Cattura, e le due scene dipinte sulla parete divisoria sopra l’arcone. Lo stile dei due pittori è tradizionale e pacato. Si distingue invece lo stile del figlio minore, Aurelio, di ispirazione fiamminga, che dipinge episodi con grande attenzione ai particolari e vocazione aneddotica, rendendo le scene particolarmente vivaci e movimentate, come si può vedere nelle Storie dell’arca di Noè e di Adamo ed Eva, dipinte nelle due cappelle di fondo, e nella scena con l’Adorazione dei Magi, a sinistra sopra l’arcone della parete divisoria.

OrganoNell’aula delle monache si trova un organo del 1554, opera di Giovan Giacomo Antegnati, interamente a trasmissione meccanica, costituito da una tastiera di 50 note ed una pedaliera di 20, costantemente unita alla tastiera. I suoi registri sono i seguenti:

MilanoSMaurizioMaggioreInternoMonacheOrgano[1]Organo di Giovan Giacomo Antegnati, 1554

La cassa dell’organo venne decorata da Francesco e Giacomo de’ Medici da Seregno (padre e figlio). Lo strumento venne modificato nel XIX secolo e riportato ai caratteri originari nel restauro del 1982.

 Parco e il Castello di Miramare diventano un museo autonomo

 Il Castello di Miramare (in dialetto triestino Mìramar) fu una residenza Imperiale Asburgica

TRIESTE Il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare diventeranno autonomi. Lo ha annunciato il ministro Dario Franceschini presentando alle commissioni cultura di Camera e Senato il progetto di completamento della riorganizzazione del dicastero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo già illustrato alle parti sociali e al Consiglio Superiore dei Beni Culturali.

Il Castello di Miramare – INTERNO

Il castello di Miramare (in dialetto triestino Castel de Mìramar, in tedesco Schloß Miramar) fu una residenza della corte Asburgica: il complesso venne costruito nell’omonima frazione di Trieste per volere di Massimiliano d’Asburgo-Lorena, arciduca d’Austria e imperatore del Messico, per farne la propria dimora da condividere con la moglie Carlotta del Belgio. Il Monumento è la principale attrazione di Trieste con 3.408.662 visitatori nel 2010.

Nel 2014 è stato il venticinquesimo sito statale italiano più visitato, con 253.609 visitatori e un introito lordo totale di 715.678 Euro

Il castello è circondato da un grande parco di circa 22 ettari caratterizzato da una grande varietà di piante, molte delle quali scelte dallo stesso arciduca durante i suoi viaggi attorno al mondo, che compì come ammiraglio della marina militare austriaca.

Nel parco si trova anche il castelletto, un edificio di dimensioni minori che funse da residenza per i due sposi durante la costruzione del castello stesso, ma che divenne di fatto una prigione per Carlotta, quando perse la ragione dopo l’uccisione del marito in Messico. Il Castello di Miramare “presenta ancora gli arredi originali d’epoca, testimonianza della storia dei nobili proprietari, l’arciduca e la moglie Carlotta di Sassonia, figlia del re del Belgio, e del loro triste destino che non gli permise di godere della splendida dimora”.

logo[1]mappa_comuni.gif_801758450[1]

Istituito il 23 aprile 1990, il parco è gestito dalla provincia di Milano. Nasce con lo scopo di proteggere e valorizzare l’economia agricola del Sud Milano e di tutelare ambiente e paesaggio, mettendo così a disposizione di milioni di cittadini un enorme polmone verde e un grande patrimonio di natura, storia e cultura.

Il Parco Agricolo Sud Milano rappresenta anche una risorsa culturale. Vi si trovano edifici di valore architettonico e storico distribuiti in angoli poco conosciuti del territorio.

Case e palazzi testimonianze del modo di lavorare e di vivere della civiltà contadina appaiono nel silenzio della campagna attorniati da un reticolo di strade rurali, alzaie dei navigli, percorsi ciclabili (allestiti ed in fase di allestimento), rogge, canali, chiuse e fontanili. Alcune strutture sono maggiormente note e frequentate dai cittadini milanesi, basti pensare alle abbazie di Chiaravalle, di Viboldone e di Mirasole, mete domenicali consuete.

Monumenti e luoghi d’interesse

L’attività agricola nel corso dei secoli ha portato all’antropizzazione del territorio. Sono presenti abbazie come quelle di Chiaravalle, di Mirasole e di Viboldone. Sono presenti alcuni castelli come quelli di Binasco, Cusago, Melegnano, Cassino Scanasio, Locate, Peschiera, Buccinasco e Macconago.

Inoltre si segnalano gli antichi complessi agricoli fortificati di Carpiano, Fagnano, Gudo Visconti, Tolcinasco, Settala, Coazzano oltre ad antichi cascinali (cascine Bazzanella, Gudo Gambaredo, Santa Brera, Villambrera).

Lo sviluppo di un turismo rurale semplice e compatibile con l’ambiente (educazione agroambientale, vendita diretta di prodotti tipici, ristoro come nelle antiche osterie fuori porta, percorsi didattici nel paesaggio tradizionale rurale) rappresenta una via importante per la rivitalizzazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico rurale.

Fauna

La fauna è per lo più concentrata nelle zone naturali del parco (boschi, fontanili). È stata rilevata la presenza di alcuni mammiferi come il ghiro, il tasso, la faina, la volpe, il coniglio selvatico, la donnola e la lepre. Tra gli ucelli si possono osservare l’airone cinerino, il picchio, la garzetta, il cuculo, la cinciallegra, il migliarino di palude, l’averla piccola, la nitticora, l’airone bianco maggiore, l’airone rosso, la cicogna bianca, il germano reale, lo svasso maggiore, il tuffetto comune, il cormorano, il gabbiano comune, la gallinella d’acqua, la folaga, l’airone guardabuoi, il martin pescatore, il piccione e il fagiano. Tra i rettili la lucertola muraiola, il ramarro. Tra gli anfibi il tritone crestato.

Nel vasto reticolo di rogge, fontanili e Navigli sono presenti le seguenti specie ittiche: alborella, barbo comune, cagnetta, carpa, cavedano, cobite comune, cobite mascherato, ghiozzo padano, gobione, luccio, persico reale, pigo, savetta, scardola, tinca, triotto, vairone. Tra gli alloctoni abramide, cobite di stagno orientale, gambusia, persico sole, pseudorasbora, rodeo.

All’interno del parco è stata constatata la presenza di specie alloctone come la nutria, il silvilago orientale, il gambero rosso della Louisiana, la tartaruga palustre americana e il tarlo asiatico.

Parco Delta del Po

Il Parco Naturale Interregionale del Delta del Po è il nome che la Legge Quadro sulle Aree Protette (Legge n.394 del 1991) aveva stabilito per il parco che le Regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna avrebbero dovuto realizzare congiuntamente e di concerto con il Ministero dell’Ambiente, nel territorio che si estende tra le province di Rovigo e di Ferrara in corrispondenza con la foce del fiume Po.

Anni di polemiche e di diatribe hanno impedito alle due amministrazioni regionali e alle amministrazioni provinciali e comunali coinvolte di raggiungere un accordo circa la gestione congiunta dell’area protetta.

Il Delta del Po, pur essendo di insostituibile interesse naturalistico, paesaggistico e storico e pur essendo compreso tra i Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, è sede di forti interessi economici, per la presenza, ad esempio, di vaste aree di pesca, di allevamento, di coltivazioni, di produzione energetica (la centrale elettrica di Polesine-Camerini), e ovviamente di interessi turistici.

La storia del parco del Delta del Po inizia nel 1979 quando la Regione Emilia-Romagna iniziò lo studio per la fattibilità di un parco nazionale. L’idea del parco di interesse nazionale viene poi sostituita con quella di un parco di interesse regionale.

Nel 1988 la LR n.27 del 2 luglio 1988, istituisce il Parco Naturale Regionale del Delta del Po. Nel testo della legge vi è già l’impegno di interagire con il Veneto e con lo Stato per la realizzazione di un’area cogestita comprendente tutto il territorio dell’estuario del Po.

Lo Stato conferma nel 1991 la volontà di arrivare ad un unico parco: l’art. 35 della Legge n.394 del 1991 stabilisce che Emilia-Romagna e Veneto istituiscano di concerto, e d’accordo il Ministero dell’Ambiente, il Parco Naturale Interregionale del Delta del Po entro il 1993.

Varie conferenze costituenti e tavoli di trattativa locale non sono serviti a raggiungere un accordo per la creazione di un Ente Parco cogestito.

L’Emilia-Romagna ha completato il suo percorso iniziato nel 1988 con la costituzione, nel 1996, di un proprio Ente Parco.

L’anno successivo è nato il Parco Regionale Veneto del Delta del Po istituito dalla LR n.36 dell’8 settembre 1997, su un piano approvato nel 1994, comprendente tutto il territorio del vero e proprio estuario del Po in provincia di Rovigo, in 9 comuni, per circa 786 km² di estensione, con circa 120 km² di aree protette.

Abbazia di Viboldoneabbazia-di-viboldone[6]

 Fu fondata nel 1176 e completata nel 1348 dagli Umiliati, un ordine religioso formato da monaci, monache e laici che, attorno all’attuale chiesa, conducevano vita di preghiera e di lavoro, in particolare fabbricando panni di lana e coltivando i campi con sistemi di lavorazione assolutamente innovativi. Dopo la soppressione degli Umiliati ad opera di Carlo Borromeo, l’abbazia passò ai Benedettini Olivetani, successivamente soppressi dal governo austriaco e costretti ad abbandonare l’abbazia.

La facciata è a capanna, caratteristica per le bifore aperte sul cielo, con tessitura muraria in mattoni a vista, solcata da due semicolonne che la tripartiscono, con decorazioni di pietra bianca.

Il portale è in marmo bianco. Nella lunetta che ne sovrasta l’architrave si trovano sculture marmoree della Madonna con bambino fra i santi Ambrogio e Giovanni da Meda dello scultore genericamente indicato con il nome di Maestro delle sculture di Viboldone. Ai lati, due nicchie gotiche racchiudono le statue dei santi Pietro e Paolo. Il portone della chiesa è di legno scuro, decorato con grandi costoloni lignei e grossi chiodi, e risale all’epoca della costruzione della facciata. In esso è ricavato un piccolo portoncino che è usato per l’ingresso in chiesa.

Abbazia di Chiaravalle

abbazia-di-chiaravalle-2-628x353[1]

https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Chiaravalle

L’abbazia di Chiaravalle (in latino, Sanctæ Mariæ Clarævallis Mediolanensis, conosciuta anche come Santa Maria di Roveniano) è un complesso monastico cistercense situato nel Parco Agricolo Sud nel comune di Milano, tra il quartiere Vigentino e il quartiere Rogoredo. Fondata nel XII secolo da San Bernardo da Chiaravalle come filiazione dell’ Abbazia di Citeaux A, attorno ad essa si sviluppò un borgo agricolo[2], annesso al comune di Milano nel 1923.

La chiesa costituisce uno dei primi esempi di architettura gotica in Italia, e grazie alle bonifiche dei terreni e alle opere idrauliche dei monaci che la abitavano, fu fondamentale per lo sviluppo economico della bassa milanese nei secoli successivi alla sua fondazione.

http://www.monasterochiaravalle.it/

MORIMODO

Morimondo (Marmùnd in dialetto locale) è un comune italiano di 1.195 abitanti[1] della città metropolitana di Milano, in Lombardia. Fu denominato Coronate fino al 1871(dal luogo originario di fondazione del comune, più a nord rispetto alla locazione attuale)

Dall’epoca romana giungono testimonianze di insediamenti coloniali nell’area dell’attuale comune. Alcuni toponimi delle frazioni (fara, dal tedesco fahren, gruppo di guerrieri) ricordano la presenza di stanziamenti longobardi.

La storia seguente di Morimondo ruota intorno alle vicende dell’abbazia omonima e dei monaci dell’ordine dei Cistercensi che vi risiedettero. Questa relazione è testimoniata anche dallo stemma comunale, che rappresenta nella parte superiore una mitra, indicativa del potere religioso, il bastone pastorale, poiché l’abate priore aveva dignità vescovile ed una spada, simbolo del potere civile-giudiziario. Nel XV secolo infatti l’abbazia viene resa commenda. Nella parte inferiore dello stemma è rappresentato un mappamondo sormontato da una croce, altro simbolo di dominio religioso.

La fondazione della prima chiesa risale al 1134, quando i primi monaci vi arrivarono qui dall’abbazia di Morimond, vicino a Digione. Lentamente bonificarono l’area adiacente al Ticino, vi realizzarono canali di irrigazione e la trasformarono in fertile zona agricola con coltivazione a marcite. Nel 1182 iniziò l’edificazione della chiesa attualmente esistente tutta in laterizio, con facciata a capanna e tiburio ottagonale sulla crociera. Nell’interno a tre navate su pilastri con volte a crociera: a destra acquasantiera trecentesca e, alla parete della navata un affresco strappato di Bernardino Luini. L’edificio venne ampliato e decorato con coro ligneo intagliato. Del chiostro, rifatto nel sec. XV-XVI, solo un’ala è originale; accanto è la sala capitolare di forme cistercensi, a due navate.

Secondo altre fonti il nome del luogo deriverebbe dalle parole francesi “moire mont”, cioè “monte nella palude”, poiché l’abbazia fu costruita su un rilievo in mezzo alle zone paludose.

Nel XIV secolo gran parte dei territori circostanti l’abbazia era di proprietà della chiesa e vi sorgevano numerose cascine ed edifici di servizio. Nel 1786 il comune passò alla provincia di Pavia.

Nel 1798, con l’avvento di Napoleone I il monastero fu soppresso e il patrimonio culturale andò disperso. Oggigiorno grazie al supporto della comunità locale l’attività religiosa e culturale dell’abbazia è rifiorita.