Sindaco socialista della Milano prima di Tangentopoli, entrò a Palazzo Marino che aveva solo 38 anni sostituendo Aldo Aniasi

Per tutti Carletto, anzi “il Carletto” Tognoli. O anche “il Tognolino“. Forse il sindaco “più” sindaco della Milano del Dopoguerra, nel senso che molti altri ce ne sono stati e non pochi hanno lasciato il segno, ma “Tognolino è uno che c’è sempre“. Vale a dire che, nei suoi dieci anni da primo cittadino, dal 1976 al 1986, e cioè dalla Milano degli Anni di piombo e dei morti ammazzati in strada da rapinatori e terroristi, alla Milano da bere della Borsa che tirava, delle modelle e del Made in Italy, lo trovavi ovunque, con gli occhi sgranati dietro gli occhiali da vista extralarge. E cioè, non solo in cerimonie e occasioni ufficiali, ma all’inaugurazione della bocciofila; nelle serate all’osteria della Briosca, dove ancora si esibivano i cantanti della ligera, la vecchia mala; e a tavola con qualche industriale, finanziere o giornalista a mezzogiorno, e a cena con l’operaio più sconosciuto della periferia più lontana. Aveva un’idea speciale: risanare con la cultura la città. Concerti a prezzi popolari, investimenti nei teatri, il sodalizio con Giorgio Strehler e con il Piccolo, la Scala che apre a giovani e operai. E aveva un altro pallino: l’ecologia. Si deve a lui e all’assessore al Traffico Attilio Schemmari se Milano chiuse al traffico privato il centro, l’intera cosiddetta Cerchia dei Navigli. Oggi si direbbe che cercava la “sostenibilità”, ma aveva la vista lunga e ci sapeva fare. continua a leggere

