Resta la ricetta elettronica, non scadrà a fine 2022 ma sarà prorogata di un anno


articolo: Resta la ricetta elettronica, non scadrà a fine 2022 ma sarà prorogata di un anno (rainews.it)

L’uso della prescrizione dematerializzata è stata introdotta durante l’emergenza Covid

Richiesta a gran voce dai camici bianchi, la proroga dell’utilizzo della ricetta elettronica è stata approvataIl Governo, riunito in Cdm mercoledì a Palazzo Chigiha inserito il posticipo della norma nel decreto Milleproroghe  all’esame del  Consiglio dei ministri. 

La misura,  che consentiva ai medici di ricorrere alla prescrizione dematerializzata sostituendo quella cartacea, era contenuta in un’ordinanza legata alla pandemia e sarebbe scaduta a fine anno. Tuttavia, non essendoci più lo stato d’emergenza dovuto al Covid, il governo ha deciso di rinnovare di un anno la possibilità di utilizzare le ricette elettroniche. Grazie a questa misura, i pazienti possono evitare di andare fisicamente nello studio del medico per ritirare la ricetta cartacea e ricevere invece il numero di quella elettronica da utilizzare per acquistare i farmaci. 

La ricetta rossa sempre più frequentemente è sostituita dalla ricetta elettronica o dematerializzata

Rogo ThyssenKrupp, 15 anni fa la strage a Torino: dall’incidente al processo.


articolo e foto: 15 anni dalla strage alla Thyssen di Torino, dall’incidente al processo: cosa è successo. FOTO | Sky TG24

©Ansa

Quindici anni fa, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, nell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino scoppia un incendio. Sette operai, di età compresa fra i 26 e i 54 annimuoiono nel giro di 24 giorni. Tutto inizia pochi minuti dopo l’una di notte, nel capannone della Linea 5, dove lavorano gli addetti alla ricottura e al decapaggio. Solo uno di loro, Antonio Boccuzzi, sopravvive alle fiamme: una colata di olio bollente prende fuoco e investe tutto il capannone.

Vengono subito chiamati i Vigili del Fuoco: a nulla servono i tentativi degli operai di placare l’incendio con gli estintori. È stato un irregolare scorrimento del nastro della Linea 5 la miccia che ha causato la tragedia. La carta imbevuta di olio, usata per proteggere il nastro di acciaio, era rimasta incastrata nella macchina, insieme a sporcizia e segatura. Le scintille causate dall’attrito della macchina malfunzionante hanno innescato la reazione a catena.

Le fiamme danneggiano un tubo dell’impianto idraulico, da cui esce altro olio che a sua volta si incendia. Si crea una nube di fiamme che investe tutti. Intorno alle 4 di mattina si conta la prima vittima, Antonio Schiavone, arrivato da poco in ospedale. Dal 7 al 30 dicembre, in seguito alle ustioni riportate, muoiono anche Bruno Santino, Rocco Marzo, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Rosario Rodinò e Roberto Scola.

Inizia una lunga vicenda giudiziaria, per alcuni versi ancora aperta. ThyssenKrupp era, ed è tuttora, una delle più grandi aziende europee nel settore dell’acciaio. Tedesca, aveva diverse società sotto il suo controllo. Tra queste la Acciai Terni e il suo stabilimento torinese. Subito si punta il dito contro i vertici di ThyssenKruppCentrali le memorie e le testimonianze di Boccuzzi, da 13 anni operaio nell’acciaieria e sindacalista iscritto alla UILM.

Si denunciano le condizioni di lavoro – alcuni addetti erano in turno da 12 ore – e la mancanza di misure di sicurezza  adeguate a un impianto così delicato. Gli estintori non funzionavano a dovere e gli idranti nemmeno, dice Boccuzzi già il giorno dopo il rogo. ThyssenKrupp aveva deciso di dismettere la sede torinese e per questo, sottolinea sempre l’unico superstite, gli investimenti in sicurezza mancavano da un po’ di tempo.

Subito, dai vertici aziendali arriva la smentita. Anzi: sulle pagine de La Stampa spunta un documento, ottenuto dalla Guardia di Finanza di Torino, in cui l’amministratore delegato Harald Espenhahn dice che Boccuzzi va fermato per “vie legali”. Parla troppo ai media italiani. La colpa dell’incendio, più che della mancanza di misure di sicurezza, è degli operai morti che si erano “distratti”, o comunque di “errori” legati a “circostanze sfavorevoli”

Espenhahn critica anche la magistratura torinese, troppo schierata dal lato dei lavoratori per indagare con obiettività. Il caso delle morti sul lavoro alla ThyssenKrupp è uno dei più grandi di sempre in Italia e le indagini corrono spedite. In poco tempo vengono formulati i capi d’accusa. A Espenhahn si contesta il reato di omicidio volontario e di incendio doloso, entrambi con dolo eventuale. Cinque dirigenti si devono difendere per omicidio e incendio colposo, aggravati dalla previsione dell’evento 

Si formula un’imputazione anche per omissione dolosa di sistemi di prevenzione. L’azienda viene rinviata a giudizio in quanto persona giuridica. In pratica, secondo l’accusa, tutti sapevano che, non mettendo in campo specifiche misure per evitare incidenti, gli operai sarebbero potuti morire. L’aula del processo apre nell’inverno 2009. Alcuni operai dicono che soltanto per le visite della ASL la fabbrica veniva pulita. Nel 2011 la Corte d’assise torinese condanna Espenhahn a 16 anni e 6 mesi di reclusione,

Anche gli altri dirigenti vengono condannati, con pene comprese tra i 13 anni e mezzo e i 10 anni e 10 mesi di reclusione. Si passa all’appello. I giudici del secondo grado di giudizio – è il 2013 – riqualificano il reato compiuto da Espenhahn: non omicidio doloso, ma colposo. Diminuita quindi la pena, che arriva a 10 anni. Si abbassano i tempi di reclusione anche per gli altri manager confermando tutti i capi d’accusa.

Nel 2014 il caso è in Cassazione, che rimanda indietro gli atti alla Corte d’Appello, pur riconoscendo le colpe di tutti gli imputati. Espenhahn viene condannato a 9 anni e 8 mesi, gli altri a una pena che va dai 7 anni e mezzi ai 6 anni e 3 mesi. Nel 2016 la Cassazione riconferma tutte le condanne pronunciate in appello

È andata su un altro binario la questione del risarcimento ai famigliari delle vittime. Mentre lo stabilimento chiudeva per sempre, nel 2008, ThyssenKrupp versava alle famiglie poco meno di 13 milioni di euro, a patto che loro non si costituissero come parte civile nel processo penale

Nel 2019 le famiglie degli operai morti, insieme a Boccuzzi, chiedono ai giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo di intervenire. I colpevoli, pur condannati in via definitiva, non hanno mai scontato la pena decisa dalla magistratura italiana. Si citano in giudizio i governi italiani e tedeschi per averlo permesso

Non tutti sono poi entrati in carcere. Una causa parallela va avanti davanti alla Corte costituzionale federale tedesca, davanti ai cui giudici Espenhahn ha lamentato la violazione del “principio del giusto processo e del diritto al contraddittorio“. Durante il processo italiano mancava la traduzione in tedesco di alcuni documenti. Per il manager, inoltre, “la condanna non ha fornito prove di una concreta negligenza individuale“. La pena, in attesa di una decisione, è sospesa. Dopo 15 anni, la richiesta di giustizia dei famigliari delle vittime attende ancora

 per saperne di più: https://alessandro54.com/?s=+ThyssenKrupp

Fabio Liverani non è più l’allenatore del Cagliari


Videolina

Fabio Liverani non è più l’allenatore del Cagliari.

La sconfitta di Palermo è stata la goccia definitiva per un esonero ormai annunciato dalla clamorosa contestazione dei tifosi durante la gara interna col Perugia.

Si attende solo l’annuncio ufficiale dell’esonero del mister (che quest’estate si era legato al Cagliari con un contratto biennale) e la decisione sul suo sostituto, col nome di Claudio Ranieri in pole position.

Nell’attesa, la squadra, che riprenderà domani gli allenamenti ad Asseminello per poi chiudersi in ritiro fino alla gara del 26 col Cosenza, verrà affidata a uno staff interno guidato da Roberto Muzzi.

#videolina #unionesarda #cagliaricalcio

Covid, le ricette elettroniche scadono a fine anno: «Il governo proroghi la norma»


Covid, le ricette elettroniche scadono a fine anno: «Il governo proroghi la norma». Schillaci: obbligo di mascherina in ospedale fino a primavera

articolo di  Carlotta De Leo: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_dicembre_20/covid-le-ricette-elettroniche-scadono-a-fine-anno-il-governo-proroghi-la-norma-schillaci-obbligo-di-mascherina-in-ospedale-fino-a-primavera-435bb026-7449-4ed8-b5ad-4984e7befxlk.shtml?refresh_ce

L’appello dei camici bianchi che scrivono al ministro della Salute per evitare  di tornare alle prescrizioni cartacee: «Positivi riscontri»

Il 31 dicembre scade la norma che consente ai medici di famiglia d’inviare ai pazienti le ricette via mail o sms. Una modalità che, durante le fasi più acute della pandemia di Covid, ha permesso ai cittadini di non affollare gli studi medici per ritirare le singole prescrizioni, evitando così rischi di contagio. E così i camici bianchi — preoccupati che il 2023 segni un ritorno al passato cartaceo — hanno lanciato un appello corale al ministro della Salute Orazio Schillaci.

 «Abbiamo interpellato la segreteria del ministro e ci aspettiamo una risposta positiva su un’eventuale proroga», ha detto il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli. «Sappiamo che il tema è sul tavolo e siamo sicuri che il ministro mostrerà la sua attenzione verso l’argomento», conferma Silvestro Scotti, segretario nazionale dei medici di medicina generale (Fimmg).

La ricetta «dematerializzata» è stata introdotta negli ultimi anni in Italia, ma prima del Covid era obbligatorio passare dal medico di base per ritirare un promemoria cartaceo. Con l’esplosione della pandemia, il 21 marzo 2020 la presidenza del Consiglio dei ministri emise un’ordinanza che, in sostanza, mandava in pensione il pezzo di carta rimpiazzato da un codice non criptato (il cosiddetto Nre) che i sanitari inviano via messaggio o mail ai pazienti. Basta questo codice per ritirare una medicina in farmacia o prenotare un accertamento. Ora quell’ordinanza sta per scadere. E per evitare l’addio alla ricetta elettronica occorre un nuovo provvedimento dell’esecutivo.

L’appello per le ricette elettroniche – Ora quell’ordinanza sta per scadere. E per evitare l’addio alla ricetta elettronica occorre un nuovo provvedimento dell’esecutivo. «Chiediamo al governo la proroga della ricetta elettronica almeno per un anno e un provvedimento che la renda strutturale», dice Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi). Nella lettera inviata a Schillaci, Onotri ribadisce la carenza di medici di base in tutta Italia: sono pochi e «sempre più oberati da impropri carichi burocratici» che sottraggono tempo «all’attività clinica». Il ritorno alla ricetta cartacea così come era prima dell’emergenza Covid, aggiunge, «rappresenterebbe un salto indietro». Anche Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, chiede di non sprecare un’occasione: «La ricetta elettronica è stato uno strumento prezioso durante la pandemia. I cittadini lo apprezzano perché semplifica le procedure, riduce la burocrazia e consente ai medici di dedicare più tempo all’ascolto dei pazienti, soprattutto i più fragili». Più in generale, aggiunge Mandorino, «la sanità digitale è un beneficio soprattutto in contesti in cui la distanza dallo studio del medico costringerebbero ad esempio le persone anziane a chiedere aiuto a un familiare».

Malavasi (Pd): «Evitiamo  il passo indietro» – A sollecitare il governo è anche l’opposizione. «Mi pare evidente che mettere fine al provvedimento sarebbe un passo indietro che penalizzerebbe i cittadini, soprattutto, quelli con malattie croniche –  afferma Ilenia Malavasi, deputata Pd in commissione Affari sociali – Un governo che si riempie la bocca con le parole innovazione e digitalizzazione dovrebbe spiegare perché non ha ancora rinnovato una norma di civiltà e buon senso. Chiediamo al ministro Schillaci quando intenda intervenire altrimenti dal 10 gennaio si dovrà tornare dal medico di famiglia per prendere la prescrizione. Una follia». 

La proroga dell’obbligo di mascherina in ospedale – Il 31 dicembre scade poi un altro provvedimento sanitario legato alla pandemia: l’obbligo di usare la mascherina in ospedali e Rsa. «Sarà di nuovo prorogato, almeno fino a primavera», afferma il ministro Schillaci. La nuova misura è attesa a breve e già salutata con favore dagli esperti («un’ottima decisione» commenta Walter Ricciardi, docente di igiene all’Università Cattolica di Roma). «Qualcuno ha detto che volevamo togliere l’obbligo di mascherina e poi ci abbiamo ripensato. Non è così — chiarisce Schillaci — perché indossare le mascherine in ospedale è una forma di rispetto verso i pazienti più deboli». E poi aggiunge: «L’emergenza è ormai ampiamente superata. Siamo in una fase endemica, dobbiamo imparare a convivere con questo virus, ma siamo molto più tranquilli. Dopo due anni e mezzo ci stiamo lasciando alle spalle questa terribile esperienza. E dopo tante sofferenze e restrizioni, possiamo finalmente vivere un Natale in famiglia sereno».