Le videocamere per la sicurezza domestica senza fili sono sempre più diffuse: facili da installare, ricche di funzioni e a buon prezzo. Corrado Giustozzi, esperto di cybersicurezza: «Evitate i prodotti low cost, non danno garanzie su aggiornamenti e bug»

Telecamere wifi: agli italiani piacciono sempre di più – Secondo il 44% degli italiani, il primo motivo per acquistare un oggetto smart è ottenere una casa più sicura (lo dice il recente Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano). Nel 2021 il mercato dei dispositivi per la smart security è cresciuto del 20% e le videocamere fanno la parte del leone. Capire perché non è difficile. Fino a qualche anno fa, creare un impianto di videosorveglianza era affare riservato ad aziende o privati facoltosi e con particolari esigenze di sicurezza. Si trattava di impianti filari, cioè con telecamere collegate via cavo, centraline di registrazione e necessità di gestire il materiale acquisito. Oggi è tutto diverso. Bastano poche decine di euro per acquistare una videocamera connessa o «Ip Camera» (Ip sta per protocollo Internet).
Che cosa possono fare le Ip Camera

Aumentando il budget è possibile portarsi a casa occhi elettronici con ottiche ultra-definite e spesso super-grandangolari, capaci di vedere anche di notte con i sensori a infrarossi, installabili all’esterno perché impermeabili, dotati di batterie e di Sim integrate per fare a meno di corrente e wifi. Non solo.
Ci sono modelli che sfruttano l’intelligenza artificiale per riconoscere i padroni di casa e allertare solo se il volto inquadrato è di uno sconosciuto. Inoltre, ci sono abbonamenti che, con pochi euro al mese, salvano sul cloud le registrazioni e mettono al riparo dal malintenzionato che decidesse di portarsi via la scheda di memoria integrata o l’intera Ip Camera.
Qui trovate alcuni consigli per scegliere la giusta videocamera wifi.
Tuttavia, prima di mettersi in casa questi oggetti è bene ragionare su un paio di aspetti. Il primo è la privacy.
Videocamere wifi e privacy: le regole

Quali sono le regole per la privacy in Italia, parlando di videocamere wifi? È ovvio dire che le camere di sorveglianza sono strumenti invasivi: siamo in Europa e c’è il severo Gdpr (General Data Protection Regulation, il regolamento dell’Unione sulla protezione dei dati personali in vigore dal 2018). Tuttavia, il Gdpr non si applica a persone fisiche nell’ambito di attività a carattere esclusivamente personale o domestico, senza legami con attività professionali o commerciali. Insomma: niente burocrazia finché installi le Ip Camera all’interno di casa tua. Ma che cosa succede se in casa, oltre ai familiari, ci sono più o meno spesso anche dei dipendenti come la tata dei bambini, la colf, una badante? «Devono essere avvisati, in maniera chiara», ci spiegano dagli uffici del Garante per la Privacy, aggiungendo che ovviamente le telecamere non vanno installate in luoghi dove possono violare l’intimità, come i bagni.
Condominio e non solo: gli spazi comuni

L’altro aspetto delicato riguarda gli spazi comuni: se installo una Ip Camera che riprende anche ambienti condominiali come passaggi condominiali, corti con accesso condiviso o marciapiedi si perde il carattere «personale o domestico». È necessario esporre i cartelli «area videosorvegliata» (il Garante ha online un esemplare semplificato). E comunque vige il divieto di condividere i filmati, sui social, web o via app.
Attento agli hacker

Il secondo aspetto critico di questi oggetti è proprio la sicurezza. Corrado Giustozzi, esperto di cybersecurity e partner di Rexilience, ricorda che i rischi sono connaturati a qualunque dispositivo connesso alla Rete ma che aumentano se si scommette sul risparmio estremo: «Ci sono oggetti molto economici, quasi sempre di provenienza orientale. Di fatto hanno dietro gli stessi, pochi, produttori, che non danno alcuna assistenza post-vendita e non aggiornano mai il firmware per correggere bug di sicurezza. Così ci si espone al rischio che qualcuno veda le nostre immagini o che queste camere connesse diventino “zombi” all’interno di Botnet, come già successo con il malware Mirai nel 2016». E aggiunge: «Il paradosso è che per avere maggior sicurezza si portano a casa nuove vulnerabilità. Meglio allora scegliere prodotti di marca, che garantiscano standard di sicurezza e un’assistenza dopo l’acquisto. E poi cambiare la password di default e non collegarle alla rete wifi principale ma a una “ospiti” o secondaria». Per il futuro, ricorda Giustozzi, attendiamo che arrivi a compimento l’iter (rallentato dalla pandemia) del Cybersecurity Act europeo, che imporrà ai produttori di certificare i loro dispositivi, un po’ come accade per il «bollino» energetico degli elettrodomestici.