
Dieci anni fa ha dato l’addio alle scene (con l’unica eccezione del disco con Mina di due anni fa che porta i loro nomi), ma Ivano Fossati non ha mai abdicato al suo ruolo di intellettuale raffinato, artista schivo e musicista d’eccezione, capace di lasciare il segno con una musica d’autore che ha attraversato oltre 40 anni. Il 21 settembre Fossati compie 70 anni (è nato nel 1951 a Genova, e non si può negare l’influenza che ha avuto sulla sua formazione la scuola genovese), ma la sua lezione di viaggiatore perennemente alla ricerca di nuove rotte e percorsi da inseguire incide ancora in modo profondo nella cultura musicale italiana.
L’inizio della carriera di Fossati – cresciuto senza il padre partigiano che abbandonò la famiglia quando il piccolo Ivano aveva appena un anno – cade giusto 50 anni fa (era il 1971) con i Delirium.
E’ l’epoca del Progressive italiano e la band – l’anno successivo – lascia un’impronta importante nella storia del Festival di Sanremo con Jesahel. Ma l’avventura dura poco e da lì a breve Fossati lascia il gruppo per iniziare il suo percorso solitario, sempre difendendo la sua indipendenza intellettuale e creativa e tenendosi lontano dai più scontati circuiti mediatici e di mercato: non ha mai voluto essere un divo da stadio o una rockstar osannata dalle folle. La sua discografia solista (20 album dal 1973 al 2011, i più celebri dei quali “La mia banda suona il rock” del 1979 e “Lindbergh – Lettere da sopra la pioggia” – 1992) ha inciso in modo profondo nella cultura musicale italiana: ‘La mia banda suona il rock‘ e ‘Panama e dintorni‘ sono esempi felici di come la canzone d’autore abbia incontrato il rock e primi capitoli di una produzione capace di conciliare strutture musicali sofisticate e testi raffinati. continua a leggere

