Yom Kippur è il giorno più importante del calendario ebraico, ventiquattro ore di digiuno e di espiazione. Di riflessione sull’anno passato. Questa volta la pausa servirà agli israeliani per provare a capire come sia potuto succedere, com’è possibile che da nazione verde e virtuosa – in maggio i nuovi casi di Covid-19 andavano verso lo zero – sia diventata profondo rosso.
Il governo ha deciso di imporre misure ancora più dure di quelle introdotte una settimana fa, Israele è il primo Paese ad aver imposto un secondo lockdown. Da domani chiudono tutti gli uffici e le società che non siano ritenute essenziali, restano aperti i supermercati e le farmacie. Il divieto di allontanarsi oltre un chilometro dall’abitazione si estende a chi voglia partecipare a una manifestazione e le sinagoghe verranno sbarrate dopo Yom Kippur, che inizia al tramonto di domenica.
Non tutti i ministri hanno votato a favore. L’opposizione accusa il premier Benjamin Netanyahu di usare le nuove regole per disperdere le proteste davanti alla residenza di via Balfour a Gerusalemme: migliaia di manifestanti si ritrovano da mesi e urlano al capo del governo di dimettersi, di aver mal gestito l’epidemia perché ha avuto la testa immersa nel processo per corruzione continua a leggere