
TORINO – Un monologo toccante nel silenzio della sala Giovanni e Umberto Agnelli, il cuore dell’Allianz Stadium in cui sono stati battezzati in bianconero Ronaldo e Sarri. Parole di Claudio Marchisio per salutare il mondo del calcio, almeno momentaneamente: una carriera da calciatore vissuta quasi interamente con la maglia della Juventus, tranne un anno in prestito ad Empoli per ‘farsi le ossa’ e uno in chiusura di carriera allo Zenit San Pietroburgo, quando ormai le ossa erano fatte ma erano anche stanche e logore. Un calciatore rispettato anche fuori dal campo, con le sue prese di posizione mai banali su argomenti di attualità, per la sua estrazione popolare, per la rappresentazione di un sogno, quello del calciatore. “Ho scelto questa parola per riassumere tutto, ‘sogno’: ho iniziato a sei anni nei Pulcini della Juventus, fino a vestire la maglia che ho sempre sognato”. Vincendo sette Scudetti, quattro Coppa Italia, tre Supercoppa, e con due soli grandi rimpianti: “Non aver mai vinto la Champions, nonostante il ciclo vincente, e non esser diventato campione d’Europa con la Nazionale”. continua a leggere

