Il 1° luglio scatterà l’obbligo POS per ogni pagamento sopra i 30 euro: ma senza sanzioni. Un pasticcio all’italiana
L’obbligo di registrare i pagamenti con POS è valido per tutti gli importi superiori a 30 euro.
Si applica a coloro che nell’anno precedente hanno fatturato oltre 200 mila euro e solo per le attività svolte all’interno degli esercizi e degli studi: sono queste le principali novità previste per l’obbligo dei pagamenti con strumenti tracciabili per i professionisti nello schema di decreto messo a punto dal Ministero dello sviluppo economico.
Nel regolamento si prevede che l’obbligo del Pos scatti solo per importi superiori ai 30 euro e trova applicazione solo per i pagamenti effettuati all’interno dei locali destinati allo svolgimento dell’attività di vendita o di prestazione di servizio, ed esclusivamente nel caso in cui il fatturato del soggetto che effettua l’attività sia superiore a 200mila euro. Condizione quest’ultima valevole però solo nella prima fase di applicazione, ossia a partire da luglio 2014. Decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il limite potrà essere ridotto.
Il tema, sollevato da Federconsumatori e Adusbef, riguarda l’eventuale rischio che i costi per dotarsi di Pos e per la gestione degli strumenti che ricevono pagamenti elettronici vengano scaricati sui cittadini. “La misura rappresenta un grande passo avanti in termini di tracciabilità dei pagamenti e lotta all’evasione, nonché un ampliamento ed un’agevolazione a favore del cittadino – affermano le due associazioni – La circolazione di meno contanti rappresenta, inoltre, un elemento di maggiore sicurezza, sia per il cittadino che per l’esercente. Ci auguriamo, però, che i costi ancora eccessivamente onerosi per dotarsi degli strumenti atti a ricevere pagamenti in moneta elettronica non siano scaricati in alcun modo sui prezzi e sulle tariffe“.
Chiunque effettui attività di vendita di prodotti e servizi con Bancomat infatti ha, rispetto al contante, non solo un costo fisso ma anche un costo in percentuale al prodotto venduto. I negozianti e professionisti potrebbero così aumentare prodotti e prestazioni per rifarsi della “gabella medievale” penalizzando i consumatori.
Lo ammetto, sono allergico al denaro contante. O, forse, sono semplicemente tra quelli che hanno scoperto il vantaggio di tenere nel portafogli pochi spiccioli e un paio di carte, rinunciando alle banconote. Fosse per me pagherei con carta di credito anche il caffé al bar del Corriere. Del resto, dove sta scritto che le carte servono solo per i pagamenti di una certa entità? Acquisto abitualmente con carta di credito il biglietto del treno (2,10 euro), il tagliando del gratta e sosta (1,20 o 2 euro a seconda della zona), l’ingresso in «area C» (5 euro), il pedaggio della tangenziale (1,70 euro) usufruendo tra l’altro della corsia veloce dei pagamenti automatici. Al supermercato credo di non avere mai pagato in contanti in vita mia. E, ovviamente, pago con carta di credito tutte le transazioni effettuate online.
Per quale motivo non devo poter pagare con bancomat o carta il commercialista o l’idraulico o il falegname che magari mi chiedono due o trecento euro di prestazione? All’estero è assolutamente normale pagare con carta anche importi di modestissime dimensioni. In Italia non è raro trovare nei negozi cartelli che avvisano che i pagamenti con bancomat sono accettati solo a partire da una certa cifra. Il problema risiede nelle commissioni pagate alle banche che in alcuni casi sono per singola transazione e non in percentuale sull’importo pagato e questo è considerato una penalizzazione da parte degli esercenti, costretti a farsi carico di un costo che nel caso di piccoli importi può ridurre notevolmente il già risicato margine di guadagno. Ma non è questo il caso previsto dal nuovo provvedimento che impone l’obbligo di accettazione dei pagamenti elettronici solo al di sopra dei 30 euro.
I titolari di partite Iva dovrebbero considerare che un cliente soddisfatto è un cliente che ritorna. E agevolarlo anche nei pagamenti (perché devo per forza avere in casa 200 euro in contanti per pagare l’idraulico?) è un modo per contribuire a renderlo felice. Dovrebbero poi considerare anche il vantaggio per se stessi: i soldi finiscono direttamente sul conto corrente e questo evita loro di perdere tempo andando poi in banca a depositarli (vale ancora il detto che il tempo è denaro?). Non c’è alcun motivo per preferire il denaro contante. A meno che il contante non serva per effettuare, a propria volta, pagamenti cash (di fornitori o dipendenti) che non hanno alcuna spiegazione razionale.
All’estero i pagamenti elettronici sono una realtà quotidiana e consolidata e sono utilizzati per qualunque cosa, anche il caffè appunto. In Italia sono ancora difficoltosi perfino laddove, sui taxi ad esempio, ti aspetteresti di non avere problemi. Se il problema sono le commissioni troppo elevate, lo ribadiamo, le associazioni di categoria facciano sentire la propria voce con le banche e avranno la solidarietà dei consumatori. Ma non portino avanti una battaglia contro il cliente. Che ha sempre ragione, anche quando vuole pagare con carta.



