L’ultimo saluto all’ex presidente dell’Inter, che vinse lo “scudetto dei record” e vendette a Moratti
Serena, Baresi, Ferri e Bergomi al funerale di Pellegrini – LaPresse – Foto da: Funerali di Ernesto Pellegrini (LaPresse)
Si sono celebrati mercoledì pomeriggio a Milano, a Sant’Ambrogio, i funerali di Ernesto Pellegrini, imprenditore dei servizi per la ristorazione ed ex presidente dell’Inter morto a 84 anni sabato 31 maggio (suo lo “scudetto dei record”). Sulla piazza, all’esterno della chiesa, sono state depositate corone di fiori dei dirigenti dell’Inter, della società e della comunità ebraica di Milano
Tra i presenti il presidente del senato Ignazio La Russa (che, mercoledì mattina, in apertura di seduta ha pronunciato un ricordo per Pellegrini), la dirigenza dell’Inter col presidente Beppe Marotta e l’ex amministratore delegato Alessandro Antonello, e poi il sindaco Beppe Sala, il prefetto Claudio Sgaraglia, l’ex sindaco Gabriele Albertini, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e Paolo Berlusconi. Presenti anche molti ex calciatori dell’Inter.
Sala ai funerali di Pellegrini – LaPresse – Foto da: Funerali di Ernesto Pellegrini (LaPresse)
Le dichiarazioni – “Abbiamo perso un presidente, un imprenditore e un grande uomo“, ha detto Marotta: “Un presidente che ha gestito l’Inter come se fosse una famiglia con grande passione e determinazione. Lui era un pater familias in un calcio romantico rispetto a quello di oggi. Soprattutto verrà ricordato l’uomo che si è sempre rivolto verso il prossimo e verso i più deboli non solo con aiuti materiali ma anche morali. La sua umiltà è generosità e il fatto di sapere ascoltare sono qualità di un leader e di un capo di impresa come era lui. Credo che nella sua Milano lui sia un membro autorevole della società civile“.
“Un milanese vero, un imprenditore illuminato e attento al sociale, un grande presidente per l’Inter ma soprattutto una persona di straordinaria umanità, che ha sempre saputo coniugare successo e valori, aiutando concretamente chi era in difficoltà, senza mai cercare visibilità. Lo ricorderemo sempre”, ha dichiarato Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia.
Lutto nel mondo nerazzurro: scomparso Ernesto Pellegrini nel giorno della finale di Champions dell’Inter
Ernesto Pellegrini (Milano, 14 dicembre 1940 – Milano, 31 maggio 2025) è stato un imprenditore e dirigente sportivo italiano, noto per esser stato il presidente dell’Inter dal 1984 al 1995.
Lutto nel mondo nerazzurro nel giorno dell’attesa finale di Champions League tra PSG e Inter. Nella giornata di oggi è venuto a mancare Ernesto Pellegrini, imprenditore e storico presidente dell’Inter dal 1984 al 1995. Aveva 84 anni. A dare il triste annuncio è il Corriere della Sera.
“Proprio il giorno di un evento speciale della tua Inter Ernesto te ne sei voluto andare. Gli hai voluto tanto bene“, il commovente messaggio di Aldo Serena su X.
Una giornata speciale per i colori nerazzurri viene segnata da una notizia che colpisce profondamente l’ambiente interista
La città è in fermento. Migliaia di tifosi nerazzurri si sono riversati a Monaco, mentre a Milano sono andati esauriti in poche ore i biglietti per assistere alla finale di Champions League nei maxischermi installati in diverse zone. L’Inter si prepara all’appuntamento più importante della stagione, quello contro il Paris Saint-Germain, in una sfida che riporta i nerazzurri sul palcoscenico europeo più prestigioso dopo la finale del 2023. La squadra di Inzaghi ha vissuto l’avvicinamento con concentrazione, sospinta da un entusiasmo crescente e da un clima carico di speranze ma anche di ansia per le notizie che giungevano sul futuro dell’allenatore.
Una data cerchiata da tempo – La finale è da settimane il punto focale del mondo interista. L’attenzione si è concentrata non solo sugli aspetti tattici, ma anche sulla storia, sulla tradizione e sull’importanza emotiva che questo tipo di appuntamenti ha per la tifoseria. L’ultima volta che l’Inter ha vinto la Champions risale al 2010, in quella storica notte di Madrid con José Mourinho in panchina. La possibilità di riportare a casa il trofeo ha fatto riaffiorare ricordi, nomi e volti che hanno fatto la storia del club. In queste ore, i social si sono riempiti di immagini e messaggi rivolti al passato glorioso, come se il presente fosse legato a doppio filo con ciò che è stato.
Una notizia che scuote l’ambiente – In un giorno così atteso, una notizia ha improvvisamente cambiato il tono dell’intera giornata nerazzurra. È morto Ernesto Pellegrini, ex presidente dell’Inter, alla guida del club tra il 1984 e il 1995. Aveva 84 anni. L’annuncio è stato dato dal Corriere della Sera. Pellegrini ha segnato un’epoca per l’Inter, portando in bacheca lo Scudetto dei record nel 1989, la Supercoppa Italiana nel 1989 e due Coppe UEFA nel 1991 e nel 1994. Sotto la sua gestione sono passati nomi come Matthäus, Brehme, Klinsmann, Bergomi, Zenga, e tanti altri simboli di una generazione. La coincidenza con la finale rende il ricordo ancora più intenso.
È stato il diciassettesimo presidente della storia del Club, che ha guidato dal 1984 al 1995
Ci ha lasciato il Presidente Ernesto Pellegrini. Per undici anni ha guidato l’Inter con saggezza, onore e determinazione, lasciando una impronta indelebile nella storia del nostro Club. FC Internazionale Milano e tutto il popolo nerazzurro si stringono attorno ai suoi familiari.
Ci sono colpi di fulmine inevitabili, fatti apposta per far scattare la scintilla di un amore duraturo, eterno, totale. Per Ernesto Pellegrini fu un affollato Inter-Juventus: 4 aprile 1954. Aveva 14 anni e la quantità di spettatori a San Siro quasi gli impedirono di scorgere quello che accadeva in campo. Un peccato, perché sul terreno di gioco i nerazzurri si imposero per 6-0, con una doppietta di quel meraviglioso giocatore che era Nacka Skoglund.
Ernesto Pellegrini, nato a Milano nel 1940, seguiva con gli occhi pieni di gioia le mosse del fuoriclasse svedese anche per le strade di Milano: lo osservava in Piazza dei Mercanti, dove Skoglund andava a farsi lucidare le scarpe. Rapito da tanta classe splendente, il giovane Ernesto maturò una passione e ammirazione infinite: “Ero innamorato dei colori nerazzurri, orgoglioso. E sognavo: un giorno…”.
Figlio di contadini, lavoratore intraprendente: nel 1965 si mise in proprio, iniziando un’avventura imprenditoriale che ora dà lavoro a migliaia persone. Una storia di successo e di determinazione, di dedizione. Il richiamo dell’Inter era forte, fortissimo. Nel 1984, quando ne ebbe l’opportunità, Pellegrini realizzò il suo sogno che cullava da quando era bambino, dai tempi di Skoglund: diventare il presidente dell’Inter.
Rilevò la società da Fraizzoli, con una stretta di mano, diventando il diciassettesimo presidente della storia nerazzurra. Undici anni, fino al 1995, prima di passare il testimone a Massimo Moratti. Undici anni con lo Scudetto dei record del 1989, la Supercoppa Italiana, le due Coppe Uefa (1991 e 1994).
L’Inter dei tedeschi: prima Rummenigge, poi Matthäus, Brehme, Klinsmann. L’Inter di Trapattoni, con Zenga-Bergomi-Ferri-Berti, insomma con quella formazione che possiamo ancora recitare a memoria, con Serenza-Diaz a chiudere l’11 e la filastrocca, oltre alle azioni di gioco, tramutate sempre in gol.
Non solo campo, non solo lavoro. La voglia di restituire, di dare agli altri: la Fondazione Pellegrini, il ristorante Ruben, azioni concrete per dare da mangiare alle persone in difficoltà. Per dare dignità.
Nel 2020 l’Inter lo ha introdotto nella Hall of Fame del Club, consegnandogli il Premio Speciale. Un riconoscimento alla passione, alla dedizione, alla bontà di una persona che ha segnato la storia, non solo dell’Inter.
Arrivò dal Barcellona per 300 milioni di lire, voluto a tutti i costi da Helenio Herrera. Con i nerazzurri ha vinto tre scudetti, due Coppe Campioni e due Coppe Intercontinentali. È stato Pallone d’oro nel 1960
Luis Suarez Miramontes ci ha lasciati stamattina presto. Il regista della Grande Inter si è spento a 88 anni dopo una breve malattia. Il mondo del calcio italiano si unisce nel cordoglio a quello catalano perché prima di sbarcare a Milano, Luisito era stato una colonna del Barcellona: 176 partite con 80 reti tra il 1954 e il 1961. L’anno in cui, su insistita richiesta di Helenio Herrera, l’allenatore approdato all’Inter proprio da Barcellona, lo acquistò Angelo Moratti investendo una cifra record per l’epoca, 300 milioni. Il Barça la utilizzò per ampliare lo stadio Camp Nou, l’Inter presentò ai suoi tifosi il Pallone d’Oro di quell’anno. Con lui nelle vesti di centrocampista incursore la squadra catalana aveva vinto due volte la Liga, due volta la Coppa Nazionale e due volte la Coppa delle Fiere, progenitrice della Coppa Uefa. Mentre con la Nazionale Luis conquisterà l’Europeo 1964. In maglia nerazzurra Suarez venne trasformato nel secondo anno della gestione Herrera, il celebre Mago, in regista davanti alla difesa.
In tutto nell’Inter ha disputato 333 partite realizzando 55 reti e vincendo tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Fu, insomma, un pilastro di quello squadrone. Elegante e preciso come un architetto (il soprannome che gli venne dato a quei tempi) Luisito era dotato di grande tecnica, ottima mobilità e riusciva a pescare con lanci millimetrici da quaranta-cinquanta metri, le due frecce offensive, Jair e Sandro Mazzola, che scattavano nella metà campo altrui. Era uno schema, il contropiede, molto caro a Herrera che prediligeva farsi attaccare dall’avversario e poi lo trafiggeva con queste micidiali incursioni ispirate dalla maestria di Suarez. I più giovani, per avere una idea delle sue qualità devono pensare ad Andrea Pirlo, paragone che Luisito stesso autorizzava: “In effetti abbiamo in comune diverse caratteristiche”.
Un talento unico e un grandissimo interista. Il numero 10 della Grande Inter che portò i nostri colori sul tetto d'Italia, d'Europa, del Mondo.
ALLENATORE – La carriera da calciatore fu conclusa da un triennio alla Sampdoria, dove ritrovò da compagno colui che era stato il suo marcatore fisso nei derby milanesi, cioè Giovanni Lodetti: e lì, a Genova, nacque una bella e duratura amicizia. Da regista illuminato ad allenatore il passo divenne naturale ma l’esito non fu altrettanto fortunato. La maggiore soddisfazione in panchina è stato il titolo di campione d’Europa Under 21 vinto ai rigori sull’Italia nel 1986.
Luisito ha guidato pure la nazionale maggiore al nostro Mondiale 1990 (amara eliminazione agli ottavi) e si è tolto lo sfizio di cominciare la nuova attività di tecnico proprio dall’Inter, subentrando a Enea Masiero (suo ex compagno di squadra) nel campionato 1974-75, terminato però con un deludente nono posto. Le altre due esperienze sulla panchina nerazzurra, nel 1992 e nel 1995, furono di breve durata. Ma Massimo Moratti lo volle inserire nello staff della sua Inter tra gli osservatori di fiducia. Zamorano e Recoba sono due dei giocatori visionati e consigliati da Luisito. Che intorno al Duemila viene invitato sempre più spesso da varie televisioni italiane e spagnole come opinionista. Dotato di un eloquio disinvolto era capace di sdrammatizzare le situazioni più delicate e le critiche più aspre con folgoranti battute di spirito.
Questa sua attività davanti alle telecamere l’ha mantenuta sino a pochi mesi fa, ed era particolarmente fiero dell’incarico ricevuto da una seguitissima radio Catalana che voleva solo la sua voce per le partite del Barça e della Nazionale.
IMMAGINE – Luisito lascia di sé l’immagine di un gran signore, una persona semplice, disponibile, affabile e mai sopra le righe, formatasi nella bottega di macellaio del papà, a La Corun^a. Un tipo allegro, sempre pronto a regalare frasi scherzose, leggere. E del resto ha avuto una vita di successo, la sorte gli ha decisamente sorriso: rimarrà nella storia del calcio come uno dei più grandi giocatori degli anni Sessanta.
⚫️ Fallece el legendario Luis Suárez, el único ganador español del Balón de Oro pic.twitter.com/KiXVpsNUGJ