La Commissione di Controllo, Etica e Disciplina (CEDB) della UEFA ha emanato pochi minuti fa un comunicato che riguarda i fatti di Fiorentina-Betis, semifinale di ritorno dell’ultima Conference League. Il massimo organismo calcistico europeo ha deciso di chiudere parzialmente lo stadio in cui la squadra viola giocherà le prossime due partite europee, quindi il playoff casalingo della successiva Conference League (21 e 28 agosto le date) e l’eventuale prima giornata del maxi-girone, oltre che di infliggere tre multe dal totale di 82.500 euro: tutto questo per punire il lancio di fumogeni avvenuto al Franchi lo scorso 8 maggio nella gara di ritorno con gli spagnoli, oltre che “per l’ostruzione dei passaggi pubblici” e “per la condotta scorretta della sua squadra”, si legge nel comunicato della UEFA. Questo il dispositivo:
Partita: ACF Fiorentina-Real Betis Balompié (2:2), 08.05.2025, UEFA Conference League 2024/25
Accuse contro l’ACF Fiorentina:
Condotta impropria della squadra (5 o più giocatori), Art. 15(4) DR
Blocco dei passaggi pubblici, art. 38 SSR
Lancio di oggetti, art. 16(2)(b) DR
Accensione di fuochi d’artificio, art. 16(2)c DR
Disordini della folla, Art. 16(2)(h) DR
Decisione: – Il CEDB ha deciso:
– Di ordinare l’esecuzione della misura disciplinare sospesa imposta dalla Commissione di Controllo, Etica e Disciplina UEFA nella sua decisione del 24 marzo 2025 (DC 39929) per il lancio di fuochi d’artificio, vale a dire di ordinare la chiusura parziale dello stadio dell’ACF Fiorentina (vale a dire i settori S01, S02, S07 e S08) durante la prossima (1) partita della competizione UEFA in cui l’ACF Fiorentina giocherà come club ospitante) , in conformità con l’articolo 26 (3) del Regolamento Disciplinare.
– Di infliggere all’ACF Fiorentina una multa di 50.000 € e di disporre la chiusura parziale dello stadio dell’ACF Fiorentina (ossia i settori S01, S02, S07, S08, S09, S10) per un’ulteriore (1) partita di una competizione UEFA in cui l’ACF Fiorentina giocherà come club ospitante, per accensione di fuochi d’artificio, lancio di oggetti e disturbo della folla.
– Multare l’ACF Fiorentina di 28.000 euro per l’ostruzione dei passaggi pubblici.
– Multare l’ACF Fiorentina di 4.500 euro per la condotta scorretta della sua squadra.
Gli incendi a Fiumicino – Un vasto rogo di sterpaglie ha colpito la zona diPiana del Sole, nelle vicinanze dell’aeroporto di Fiumicino. Dalle 13 circa, sono operativi sei Aps, tre autobotti, più il funzionario di servizio e Capo Turno Provinciale dei vigili del fuoco in Via Geminiano Montanari, 42. A causa della vicinanza dell’aeroporto e dell’impiego di alcuni mezzi aeroportuali, lo stesso è stato declassato. Sul posto anche i Tas e Sapr per la mappatura del sito e rilievi fotografici dall’alto. Sempre nella stessa zona, un altro incendio di sterpaglie è divampato in via di Malnome, non lontano da Ponte Galeria. Sul posto i vigili del fuoco. Non risultano feriti. Proprio per l’intervento dei vigili del fuoco la circolazione ferroviaria è sospesa, sulla linea Orte – Fiumicino Aeroporto, tra Roma Ostiense e Fiumicino Aeroporto.
🔥 Incendio in atto sulla Roma – Fiumicino uscita Civitavecchia. Video di Massimiliano Graux. pic.twitter.com/uwrY8PJO4X
— Italia 24H Live 🔴 – Notizie dall'Italia (@Italia24HLive) June 30, 2025
Treni interrotti, chiuso lo svincolo dell’A12 – Sulla A91 Roma-Fiumicino è temporaneamente chiuso lo svincolo per l’autostrada A12 a causa di un incendio divampato all’altezza del km 1,100 dell’autostrada A12. Lo fa sapere Anas spiegando che sul posto sono intervenute le squadre dei vigili del fuoco, dell’Anas e delle forze dell’ordine per la gestione della viabilità per consentire il ripristino della normale viabilità nel più breve tempo possibile. Chiusa via Usini tra via Portuense e via di Ponte Galeria e via di Castel Malnome, da via Antonio Tadini, per garantire la sicurezza della circolazione stradale.
Interrotti anche i treni nella tratta Roma Ostiense-Fiumicino.
Problemi di connessione in zona Fiumicino – Come riportato da alcuni utenti sui social, ci sarebbero problemi di connessione in tutta la zona di Piana del Sole-Ponte Galeria, rimasta senza linea internet.
Gli altri incendi nella Capitale – La polizia locale di Roma Capitale è al lavoro in molti quadranti della città a causa di diversi roghi: al momento sono in atto chiusure stradali su via Appia Nuova, dal civico 1032 in direzione Gra, via di Torricola e via delle Capannelle a causa dell’incendio sviluppatosi a via Casal Rotondo che, al momento, ha interessato anche un rivenditore di auto e un edificio privato. I caschi bianchi sono operativi anche in via Bencivenga, a causa di un incendio all’interno della Riserva Naturale Valle dell’Aniene tra il III e IV Municipio, e in via del Rosario a Casal Selce.
Roma, incendio al parco dell’Aniene a ridosso del ponte Nomentano: le fiamme negli accampamenti abusivi
Un forte incendio è scoppiato nel parco delle Valli, a ridosso del fiume Aniene e dell’antico Ponte Nomentano dove si incontrarono nell’800 Leone III e Carlo Magno. Le temperature assai elevate e il vento hanno purtroppo fatto da detonatore e le fiamme continuano a bruciare gli alberi e le sterpaglie. Gli abitanti della zona hanno immediatamente avvertito i Vigili del Fuoco che però ancora non si vedono. Da tempo il terzo Municipio era stato allertato sulla presenza di diversi accampamenti abusivi disseminati lungo il percorso del parco. Ogni anno gli incendi in questa zona verde si ripetono ciclicamente.
Fiamme in un appartamento all’ultimo piano, all’angolo con via Principessa Maria. I pompieri erano appena arrivati per una segnalazione di odore di gas. Sul posto anche gli specialisti Usar per la ricerca di eventuali dispersi. Due i feriti tra i passanti. L’uomo estratto dalle macerie è in rianimazione
Esplosione a Sassari oggi in tarda mattinata: i vigili del fuoco sono intervenuti in un appartamento all’ultimo piano di un edificio all’angolo tra via Don Minzoni e via Principessa Maria, a Sassari. Una fuga di gas avrebbe causato l’esplosione all’interno di un’abitazione, provocando un rogo che ha rapidamente avvolto i locali.
Esplosione via Don Minzoni – sassaritoday
Esplosione Sassari, i vigili hanno rischiato di essere travolti – I vigili del fuoco erano appena arrivati sul posto, in seguito a una segnalazione di odore di gas, quando si è verificata l’esplosione che li ha sorpresi all’esterno dell’edificio, pochi istanti prima che riuscissero a entrare.
Esplosione via Don Minzoni
Uomo ferito soccorso tra le macerie – Durante le operazioni di spegnimento e messa in sicurezza, i soccorritori hanno trovato sotto le macerie Antonio Lambroni, residente nell’appartamento. L’uomo, ustionato e gravemente ferito, è stato estratto ancora in vita e trasportato d’urgenza all’ospedale, dove si trova ricoverato nel reparto di rianimazione. Due i feriti tra i passanti. La casa non era servita da gas cittadino.
Esplosione via Don Minzoni
Strade chiuse, il sindaco sul posto – Per motivi di sicurezza, i vigili del fuoco hanno chiuso al traffico via Don Minzoni e via Principessa Maria. L’area è stata transennata, mentre si valuta la stabilità dell’edificio. Sul posto si trovava anche il sindaco di Sassari Giuseppe Mascia.
Con riferimento all’esplosione verificatasi nella mattinata di oggi in via Principessa Maria a Sassari dai primi rilievi effettuati con i vigili del fuoco, l’appartamento non risulta essere servito dalla rete cittadina di distribuzione del metano.
L’uomo ha “intenzionalmente” appiccato un incendio sulla Canfield Mountain
Due vigili del fuoco sono stati uccisi e un terzo è rimasto ferito a colpi d’arma da fuoco da un uomo che, come riferito dalla polizia, ha “intenzionalmente” appiccato un incendio a Coeur d’Alene, in Idaho, per attirare i pompieri in un’imboscata. Il responsabile della sparatoria è stato trovato morto sulla Canfield Mountain e accanto a lui è stata rinvenuta un’arma che è stata presumibilmente usata nella sparatoria.
Tra i comuni più vicini all’epicentro quelli di Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli
Una scossa di terremoto di magnitudo 4.6 è stata registrata dall’Ingv ai Campi Flegrei oggi 30 giugno 2025 ed è stata avvertita anche a Napoli. La scossa, delle ore 12.47, è avvenuta a una profondità di 5 km: è la più forte, assieme a quella di marzo 2025, mai registrata dai rilevatori. Tra i comuni più vicini all’epicentro quelli di Bacoli, Monte di Procida e Pozzuoli.
La scossa è stata lunghissima e avvertita in tutta la provincia di Napoli. Dalla zona est di Napoli, come Via Argine, sino a Giugliano, ai Colli Aminei e ovviamente i quartieri più vicini all’area dei Campi Flegrei, come Fuorigrotta e Bagnoli.
Un incendio è divampato in Germania in un cantiere situato su grattacielo all’angolo tra Kurfürstenstrasse e Urania, nel quartiere Mitte, nel centro di Berlino. Una grande nuvola di fumo è visibile da ampie zone della capitale tedesca. Il rogo sarebbe partito dal tetto dell’edificio. Ancora da accertare le cause. Sul posto vigili del fuoco e soccorritori.
I feriti sono tre adulti e due ragazzi, uno dei quali con importanti ustioni
Apartire dalle ore 3:15 di questa mattina i vigili del fuoco di Torino stanno intervenendo in via Nizza 389 a Torino in seguito ad uno scoppio di un appartamento e conseguente incendio che ha coinvolto anche appartamenti vicini. Sono cinque le persone rimaste ferite nello scoppio, sono tre adulti e due ragazzi, uno dei quali con importanti ustioni. Si cerca anche un’altra persona che, al momento, risulta dispersa. Sul posto sono presenti 8 squadre dei vigili del fuoco.
L’esplosione in un appartamento di via Nizza (Vdf)
Il tetto crollato dopo lo scoppio VDF
A quanto si è appreso, l’esplosione, le cuicause sono ancora in corso di accertamento, ha interessato un appartamento al sesto piano e ultimo piano di uno stabile del quartiere Lingotto e le fiamme si sono poi propagate a due abitazioni vicine. Il tetto dell’edificio è collassato. Lo scoppio ha danneggiato anche diverse auto parcheggiate in strada e colpite dai calcinacci causati dallo scoppio. Non ci sarebbero invece dispersi: sono ancora in corso gli ultimi accertamenti ma la sesta persona che si cercava non sarebbe stata presente in casa al momento dell’esplosione.
Torino: Esplosione e incendio in una palazzina di via Nizza 389 30-06-25 (@MondoNatura)
È successo lunedì mattina. Chiusa la fermata della metropolitana. Vigili del fuoco sul posto
Ha ceduto una delle insegne di Generali, sul tetto del grattacielo Hadid, in uso alla compagnia assicurativa, che si trova nel quartiere di City Life a Milano.
Crolla l’insegna di Generali a City Life – È successo nelle prime ore della mattinata di lunedì 30 giugno. I vigili del fuoco di Milano sono sul posto per valutare la situazione. Intanto è stata chiusa la fermata della metropolitana Tre Torri della M5 per sicurezza, e la piazza omonima è stata recintata. Chiuso anche il centro commerciale ai piedi della torre. Sul posto il servizio manutenzione della torre. Non ci sarebbero feriti.
L’insegna crollata si trova sulla facciata est dell’edificio. Per il momento non è chiaro che cosa abbia innescato il cedimento della struttura. Nelle scorse ore a Milano non si sono registrati eventi di maltempo, o forti raffiche di vento. Solo e soltanto caldo afoso.
Collassa l’insegna della Torre Hadid a Citylife a 192 metri d’altezza: rischio crollo in strada
Dalle prime ore della mattina, vigili del fuoco e tecnici al lavoro per mettere in sicurezza l’area intorno al grattacielo
Problemi all’insegna delle Generali sulla Torre Hadid. Tutta l’area è stata isolata, con la chiusura della piazza e il centro commerciale. Dalle foto scattate dai palazzi del quartiere, l’insegna sembra collassata, probabilmente su due lati. Vigili del fuoco e tecnici sono al lavoro per capire le cause del cedimento, ma anche per mettere in sicurezza l’area nel caso di un distacco e di una caduta al suolo. Il grattacielo, uno dei più alti di Milano, ha 44 piani per un’altezza di 192 metri. All’interno ci lavorano oltre duemila persone. Chi si recava al lavoro stamattina non è stato fatto entrare in ufficio.
Milano, si stacca l’insegna della Torre Generali: ipotesi alte temperature
Vigili del fuoco e tecnici sono al lavoro per mettere in sicurezza l’area. Procura apre un fascicolo
Insegna Generali collassata
L’insegna delle Generali sulla Torre Hadid a Milano si è staccata. A quanto apprende Adnkronos, non è escluso che possa crollare interamente,ma anche se dovesse succedere “rimarrebbe ancorata al perimetro del terrazzo e si scongiurerebbe la caduta verticale“. Si sottolinea in ogni caso che si tratta di prime valutazioni.
Per ora l’area è stata interdetta, la fermata della metro Tre Torri chiusa e Vigili del fuoco e tecnici sono al lavoro non solo per mettere in sicurezza l’area, ma per risalire alla causa del collasso dell’insegna, per ora ignota. A quanto si apprende, tra le ipotesi del cedimento dell’insegna ci potrebbe essere “il cedimento strutturale di uno dei nodi, si tratta di tiranti in acciaio, che tengono l’insegna sulla Torre Hadid”. Al momento del crollo dell’insegna di Generali “non si registravano particolari condizioni di vento forte, tuttavia da evidenziare le alte temperature sulla città di Milano di questi giorni“.
La procura di Milano aprirà un fascicolo con l’ipotesi del reato di crollo colposo.
Com’è composta l’insegna – L’insegna del grattacielo Generali è composta da un tamburo centrale, che è la struttura principale, vincolata al prolungamento in cemento armato dei torrini sulla sommità del nucleo della torre. Trasferisce i carichi verticali ai punti di appoggio sulla struttura in cemento armato. Una struttura spaziale tubolare di tipo reticolare simmetrica si dirama dal tamburo centrale. Una struttura di sostegno dei pannelli e delle lettere, composta da montanti e traversi orizzontali fungono da sostegno anche per la struttura delle passerelle di manutenzione.
La nota di Generali – L’episodio “è stato prontamente gestito con l’immediata messa in sicurezza dell’insegna stessa, senza che si registrassero danni a persone né a strutture circostanti“, sottolinea Generali in una nota. “A scopo precauzionale e a tutela della pubblica incolumità, Generali ha provveduto a delimitare e mettere in completa sicurezza l’area sottostante, ivi compreso l’edificio che ospita il CityLife Shopping District“, sottolinea. “Tutto il personale della sede Generali continuerà a operare da remoto“, evidenzia. “Le cause dell’incidente sono ancora in fase di valutazione. Generali fornirà tempestivamente tutti gli aggiornamenti del caso”.
Milano Collassa l’insegna sul grattacielo Generali – Corriere del ticinoRed. Online
Trenitalia: rallentamenti per un inconveniente tecnico a un treno di altra Impresa ferroviaria nei pressi di Anagni. Rallentamenti fino a 40 minuti anche sulla linea Av Milano-Bologna
Freccia Rossa – (Ipa)
Ritardi fino 240 minuti sulla linea Roma- Napoli. A causare il rallentamento dei treni un inconveniente tecnico a un convoglio di altra Impresa ferroviaria nei pressi di Anagni, si legge sul sito di Trenitalia.
Rallentamenti fino a 40 minuti su linea Av Milano-Bologna – La circolazione ferroviaria è rallentata anche sulla linea Alta Velocità Milano–Bologna, in prossimità di Reggio Emilia dalle 18.50 a causa di un inconveniente tecnico a un treno che è fermo in linea. Rfi segnala rallentamenti fino a 50 minuti. Sono in corso verifiche tecniche al treno fermo.
Rallentamenti fino a 60 minuti su tratta ferroviaria Milano-Venezia – Ritardi anche sulla linea Milano-Venezia, dove la circolazione ferroviaria permane rallentata in prossimità di Verona Porta Nuova per un inconveniente tecnico alla linea su cui sono al lavoro i tecnici di Rfi. A quanto riferisce Infomobilità, ci sono rallentamenti fino a 60 minuti, variazioni o cancellazioni.
Roma-Napoli, treni coinvolti nei ritardi – treni ad Alta Velocità e Intercity direttamente coinvolti sulla tratta Roma-Napoli con un maggior tempo di percorrenza superiore a 60 minuti sono:
FR 8419 Venezia Santa Lucia (12:26) – Reggio Calabria Centrale (21:44)
FR 9543 Torino Porta Nuova (13:00)– Salerno (20:10)
FR 9539 Milano Centrale (13:10) – Napoli Centrale (18:53)
FR 8519 Bolzano (13:12)– Sibari (22:33)
FR 9421 Venezia Santa Lucia (13:26) – Napoli Centrale (18:48)
FR 9637 Milano Centrale (13:58) – Napoli Centrale (18:33)
FR 9425 Venezia Santa Lucia (14:26) – Napoli Centrale (19:48)
FR 9639 Milano Centrale (14:30) – Reggio Calabria Centrale (23:09)
FR 8868 Lamezia Terme Centrale (14:57) – Roma Termini (19:15)
FR 9547 Milano Centrale (15:10) – Salerno (20:36)
FR 9643 Milano Centrale (15:25) – Napoli Centrale (20:05)
FR 9427 Venezia Santa Lucia (15:26) – Salerno (21:38)
FR 9592 Sapri (16:13) – Milano Centrale (23:50)
FR 9647 Milano Centrale (16:30) – Foggia (23:05)
FA 8319 Roma Termini (16:55) – Benevento (18:55)
FR 8343 Roma Termini (17:10) – Napoli Centrale (18:23)
FR 9662 Napoli Centrale (17:25) – Milano Centrale (22:00)
FR 8323 Roma Termini (17:58) – Lecce (23:46)
FR 9434 Napoli Centrale (18:09) – Venezia Santa Lucia (23:34)
FR 9668 Napoli Centrale (18:30) – Milano Centrale (23:00)
Numerosi i voli cancellati, ritardati o costretti a tornare agli scali di partenza dopo il guasto a uno dei quattro centri che gestiscono lo spazio aereo italiano
Nessun volo sul Nord Ovest dell’Italia nell’immagine di FlightRadar24
Dopo circa due ore di stop, sono ripartiti i primi voli rimasti fermi negli aeroporti del nord ovest, bloccati da un guasto al centro radar di Milano. Sta quindi tornando alla piena normalità il traffico aereo nell’area interessata dalla sospensione temporanea. Numerosi intanto i voli cancellati, ritardati o costretti a tornare agli scali di partenza dopo il guasto a uno dei quattro centri che gestiscono lo spazio aereo italiano. Per circa due ore nel quadrato compresofra Milano, Torino, Modena e Pisa non è risultato nemmeno un aereo in volo.
“Grazie al tempestivo intervento del proprio personale tecnico-operativo, la problematica di trasmissione dati e connettività riscontrata presso il Centro di Controllo d’Area di Milano è stata già risolta. Il traffico aereo nell’area del Nord-Ovest d’Italia sta progressivamente tornando alla piena normalità“, spiega l’Enav in una nota. A mostrare i primi aerei decollati è stato il sito di tracking FlightRadar24, che rappresenta in tempo reale la situazione di tutti i voli.
I ritardi da Milano a Torino – Importanti i ritardi accumulati. All’aeroporto di Milano Linate è stata registrata oltre un’ora e mezza di ritardo per il volo Ita Milano-Brindisi e quasi due ore per quello di Aeroitalia verso Cagliari. Anche all’aeroporto di Torino il ritardo stimato è stato di 90 minuti, con il volo AirFrance verso l’aeroporto di Parigi Charles de Gaulle slittato dalle 21:05 alle 22:30; stesso ritardo per il volo Ryanair delle 21:25 verso Charleroi, la cui partenza era stimata per le 22:55. Al Cristoforo Colombo di Genova sono a lungo restati a terra l’FR02910 per Palermo e il W6 02028 per Cracovia. Dal Colombo tutti i voli in arrivo sono stati dirottati verso altri scali, mentre le partenze sono state momentaneamente bloccate: gli aerei sono stati fermi sulla pista in attesa del via libera. Il primo volo diretto a Genova a essere deviato è stato l’LH09430 delle 20.48, proveniente da Monaco e atterrato a Venezia. Stessa sorte per l’EN08298 e l’AZ07457, anch’essi in arrivo da Monaco. Il W6 02027 da Cracovia è stato invece dirottato su Bologna. Per quanto riguarda le partenze, l’ultimo volo decollato regolarmente da Genova prima del ritorno alla normalità è stato l’FR00973 diretto a Londra. Infine, all’aeroporto di Bergamo Orio al Serio i ritardi sono stati dai 25 minuti fin oltre all’ora e un quarto.
Sabato 28 giugno 2025
Guasto alla rete dati Enav: cieli chiusi su Malpensa, Linate, Bergamo e Torino
Dalle 21 di sabato 28 giugno lo spazio aereo del Nord-Ovest italiano è stato chiuso per un guasto tecnico alla rete di trasmissione dei dati del centro radar di Milano
Un guasto alla rete E-Net del centro di controllo radar di Milano ha fermato questa sera, sabato 28 giugno, tutti i voli su Lombardia, Piemonte e Liguria.
Poco dopo le 21 lo spazio aereo dell’Italia nord-occidentale si è improvvisamente svuotato.Nessun aereo in arrivo o in partenza da alcuni dei principali aeroporti della zona ha potuto volare. Decine di voli sono stati cancellati, ritardati o costretti a tornare agli scali di origine, con problemi per migliaia di passeggeri.
Un malfunzionamento della rete E-Net, il sistema che collega i centri radar e le torri di controllo con gli aeroporti e gli aeromobili gestito da Enav, ha bloccato tutte le operazioni della sala radar di Milano che gestisce i movimenti in quota per l’intera area nord-occidentale, coinvolgendo Lombardia, Piemonte e Liguria. Interessati dal blackout radar gli aeroporti di Milano Malpensa, Linate, Bergamo-Orio al Serio, Torino Caselle e Genova Cristoforo Colombo.
I tecnici Enav sono al lavoro per individuare l’origine del guasto e ripristinare il servizio.
Milano, 28 giugno 2025
Guasto al centro radar di Milano: dalle 21 traffico aereo azzerato sugli aeroporti del Nordovest
Per oltre un’ora e mezza impossibile atterrare e decollare dagli scali di Milano, Genova e Torino. Nessun altro aereo ha potuto sorvolare i cieli di Piemonte, Liguria e Lombardia. Solo dopo le 22,30 il traffico aereo è gradualmente ripreso. Ecco cos’è successo
La situazione sui cieli del Nordovest “fotografata” poco dopo le 21
Dalle 21 circa di questa sera è impossibile decollare o atterrare dagli aeroporti del Nordovest dell’Italia, da Torino a Genova compresi gli scali lombardi di Malpensa, Linate e Orio al Serio. A causare la panne che ha messo letteralmente Ko Caselle, lo scalo del capoluogo ligure e quelli milanesi un guasto del centro radar che ha sede a Milano ed è gestito dall’Enav, e che coordina il sorvolo dei voli in quota.
“Disagi fino a domani” – La conferma è arrivata anche dall’Associazione aeroporti lombardi: “Bloccati i voli in partenza e in arrivo in scali di primo piano come Orio al Serio, Linate, Malpensa, Genova e Torino”. “Forti disagi probabili almeno fino a domani. Sono già in corso deviazioni di aerei”. Sono almeno 322 i voli coinvolti con un ritardo medio che, intorno alle 22, è di 163 minuti. Sempre intorno alle 22 la situazione è questa: voli momentaneamente sospesi in tutto il Nordovest. Nel quadrato compreso fra Milano, Torino e Modena non risulta nemmeno un aereo in volo.
Nel corso della serata è stata la stessa Enav a confermare che al fine “di garantire i più elevati standard di sicurezza operativa, è stato deciso di sospendere temporaneamente le partenze e gli arrivi negli aeroporti interessati. I tecnici sono al lavoro per ripristinare la piena operatività nel più breve tempo possibile”.
Un’immagine dei voli sull’Europa in cui è evidente la “no-fly zone” sul Nordovest dell’Italia
Linate e Torino – A confermare l’impasse anche i siti di tracking aereo come FlightRadar24, che rappresentano in tempo reale la situazione di tutti i voli. Importanti i ritardi accumulati: all’aeroporto di Milano Linateè registrata oltre un’ora e mezza di ritardo per il volo Ita Milano-Brindisi e quasi due ore per quello di Aeroitalia verso Cagliari. Anche all’aeroporto di Torino il ritardo stimato è di 90 minuti,con il volo AirFrance verso l’aeroporto di Parigi Charles De Gaulle slittato dalle 21:05 alle 22:30; stesso ritardo per il volo Ryanair delle 21:25 verso Charleroi, la cui partenza è stimata per le 22:55
La situazione a Genova e Bergamo – Al Cristoforo Colombo di Genova il volo Ryanair per Palermo delle 22 è previsto per le 23:25 mentre il WizzAir delle 22 per Cracovia è in ritardo di 65 minuti. Infine, all’aeroporto di Bergamo Orio al Serio i ritardi vanno dai 25 minuti fin oltre all’ora e un quarto.
Se la quota mancante non sarà saldata entro mezzanotte, i biancoblù potrebbero perdere lo stadio
Lo stadio Mario Rigamonti (Archivio)
La telenovela delle vicissitudini del Brescia Calcio prosegue con una corsa contro il tempo per evitare lo sfratto dal Rigamonti. La squadra biancoblù, infatti, risulta insolvente: deve al Comune 218mila euro di canoni per l’affitto dello stadio cittadino. L‘ultimo giorno utile per pagare sarebbe stato oggi. E proprio questa mattina è arrivata la notizia dell’avvenuto versamento di una delle rate dovute da parte del patron Massimo Cellino: circa 109mila euro, poco più della metà dell’importo dovuto.
Una mossa che, però, rischia di non bastare. Vero, il pagamento parziale potrebbe sembrare un primo passo verso la regolarizzazione della posizione del Brescia Calcio: la convenzione prevede infatti che il concessionario sia considerato inadempiente dopo due mancati pagamenti, anche non consecutivi. In apparenza, saldando anche una sola rata, il club potrebbe guadagnare tempo.
Le verifiche di Palazzo Loggia, tuttavia, lasciano spazio a una realtà più complessa. Il Brescia Calcio, infatti, è già stato messoformalmente in mora: ciò significa che, in questo contesto, il solo versamento parziale non ha alcun effetto sospensivo. Per evitare lo sfratto, la somma deve essere pagata per intero, e farlo entro la scadenza tassativa di oggi. In mancanza del secondo bonifico, l’ente pubblico potrà avviare da lunedì l’iter per la ripresa del possesso dello stadio. Di fatto, Cellino ha quindi fino alla mezzanotte di oggi per regolarizzare la posizione della squadra.
Il debito, inoltre, non è l’unico problema. C’è un altro vincolo fondamentale previsto dalla convenzione: l‘impianto di Mompiano è concesso esclusivamente per l’utilizzo da parte di una squadra professionistica. In altre parole, senza l’iscrizione del Brescia alla Serie C, decadrebbe automaticamente anche il presupposto sportivo per mantenere l’uso del Rigamonti.
In un momento di grande incertezza per il futuro del club – con un‘iscrizione in Lega Pro ancora incompleta – il nodo stadio diventa così un ulteriore fronte aperto. Senza il saldo integrale del debito e senza il rispetto dei requisiti sportivi, il rischio concreto è che già da lunedì il Brescia si ritrovi senza casa.
Il ponte della Libertà bloccato dagli estremisti di destra che hanno organizzato un contro corteo. L’ironia del sindaco di Budapest: “Grazie a Orban promossa società più tollerante”. Schlein: “Non si può vietare l’amore per legge”
Il Pride a Budapest – (Afp)
“Crediamo che ci siano tra le 180mila e le 200mila persone, è difficile fare una stima esatta perché non ci sono mai state così tante persone al Pride di Budapest“. E’ quanto ha dichiarato all’Afp la presidente del Pride, Viktoria Radvany, sottolineando la straordinaria partecipazione al Pride che Viktor Orban ha dichiarato fuorilegge.
“Questo evento ha rappresentato una delle tappe più importanti per la comunità Lgbt“, ha detto uno degli organizzatori del Pride, Máté Hegedüs, commentando lapartecipazione record al corteo che oggi pomeriggio ha attraversato il centro della capitale ungherese.
Ponte della Libertà bloccato dagli estremisti di destra – Secondo quanto riporta il sito Telex.hu, è stata una manifestazione imponente, e quando la testa del corteo è arrivata al palco montato all’Università della Tecnologia, la coda doveva ancora attraversare il ponte di Elizabeth, dove è stato deviato il percorso della marcia, perché il ponte della Libertà è stato bloccato dagli estremisti di destra di Mi Hazank, che ha organizzato un contro corteo. Questo, a differenza del Pride, è stato autorizzato dalla polizia.
Al corteo del Pride, oltre alle decine di eurodeputati ed esponenti politici di tutta Europa, il sindaco Gergely Karácsony che, di fronte al divieto del governo e della polizia, ha reso possibile la manifestazione dichiarandola un evento comunale. Il ministro della Giustizia, Bence Tuzson, ha minacciato un’azione penale contro il sindaco ed ha contattato diverse ambasciate a Budapest per comunicare che la marcia di oggi è considerata fuorilegge dal governo.
L’ironia del sindaco di Budapest – “Grazie, Viktor Orban, di aver fatto pubblicità a una società più tollerante“, ha ironizzato il sindaco Karácsony riguardo al fatto che le leggi anti-gay e i divieti del governo nazionalista hanno provocato per reazione la mobilitazione record di 200mila partecipanti.
“Per oggi avete fatto di Budapest la capitale dell’Europa“, ha detto Karácsony nel discorso pronunciato al termine del Pride. Secondo il sindaco liberale ambientalista, dal Pride di oggi arriva un messaggio chiaro. “Non hanno il potere su di noi“, ha detto, sottolineando, secondo quanto riporta il sito Telex.hu, che tutti i poteri oppressivi hanno in comune il fatto che un giorno finiscono. Il sindaco ha concluso il suo discorso ringraziando la polizia per il lavoro svolto.
Al Pride di Budapest anche una delegazione di Arcigay e politici italiani. “Siamo qui al Pride Budapest per difendere la libertà e la democrazia – scrive sui social Elly Schlein, segretaria del Partito democratico – Siamo qui per esprimere piena solidarietà al popolo ungherese e alla comunità Lgbtqia+. Siamo qui per affermare che nella nostra Unione europea, quando si colpiscono i diritti di qualcuno, si colpiscono i diritti di tutte e tutti noi“.
“Siamo qui per dire che non si può vietare l’amore per legge. Non si può cancellare la nostra differenza per legge. Non si può cancellare l’identità di genere – aggiunge -. Non si possono cancellare i nostri corpi perché esistono“. “E oggi li stringeremo così forte insieme, che gli odiatori non passeranno. No pasaran!“, conclude Schlein nel post.
“Un fiume colorato, pacifico e determinato ha invaso oggi le strade di Budapest, sfidando il vergognoso divieto imposto da Viktor Orbán – sottolinea in una nota la delegazione del M5s presente a Budapest per il Pride, Alessandra Maiorino, Gabriella Di Girolamo, Elisa Pirro e Marco Croatti – Un divieto che non colpisce solo il diritto a manifestare, ma nega il diritto stesso all’esistenza delle persone Lgbt+. La risposta dell’Europa sana, quella che non arretra davanti all’intolleranza, è arrivata forte e chiara: nessun passo indietro sui diritti, nessun silenzio complice di fronte alla repressione“.
“Se le istituzioni europee hanno perso il coraggio di difendere la libertà e pensano di trasformare i sogni dei cittadini in un incubo fatto di riarmo, controllo e muri, saranno proprio i cittadini a rialzare la bandiera della dignità e dell’uguaglianza. L’Europa che vogliamo è culla di diritti, non una fortezza militarizzata“, concludono i parlamentari pentastellati.
Scrive su X Angelo Bonelli, parlamentare Avs e co-portavoce di Europa verde: “A Budapest migliaia di persone sfilano per i diritti, sfidando il divieto di Viktor Orban. Il Pride è una battaglia di libertà contro l’autoritarismo. Siamo al fianco di chi lotta per l’uguaglianza, contro ogni discriminazione. L’amore non si vieta. #BudapestPride #Lgbtqia+ #Diritti“.
“Oggi in piazza a Budapest con oltre 70 parlamentari da tutta Europa, rappresentanti dei partiti popolari, liberali e social democratici per dire SÌ all’Europa dei diritti e NO all’Europa di Orban, ai suoi rapporti privilegiati con Putin e alle sue violazioni dello stato di diritto“, il post sui social del leader di Azione, Carlo Calenda.
In contemporanea con Budapest, cortei anche in Italia che nella giornata in cui si celebra l’anniversario dei moti di Stonewall attraversano le città per l’Onda Pride
Il club giallorosso deve fare i conti con il Settlement Agreement firmato nel 2022 con la UEFA.
Frederic Massara (Foto: Imago / Insidefoto)
Sistemata la parte sportiva con il trio Ranieri-Massara-Gasperini, la Roma ora si trova, nel vero senso della parola, a fare i conti prima di procedere con il calciomercato e provare ad accontentare le richieste del tecnico ex Atalanta.
Come riporta l’edizione odierna del La Gazzetta dello Sport, il club giallorosso è alle prese con i paletti del Fair Play Finanziario della UEFA che orma inseguono la Roma da diverse stagioni. E la scadenza per soddisfare i vari parametri è quella del30 giugno, quando si chiuderà ufficialmente la stagione 2024/25.
Entro quella data, la società capitolina dovrà mettere a bilancio plusvalenze, ne basterebbe anche una, per un totale di 12-13 milioni di euro. In caso contrario dalla UEFA arriverebbero delle sanzioni che potrebbero ancora di più limitare l’operato della Roma sul mercato (una esclusione dalla prossima Europa League sembra improbabile al momento)
Come stabilito nel Settlement Agreement firmato nel 2022 con la UEFA le restrizioni saranno valide anche sulle prossime due sessioni di mercato. Come detto, servono almeno 12-13 milioni di euro da incassare immediatamente. La sola cessione di Leandro Paredes al Boca Juniors, con pagamento della clausola da 3,5 milioni, non è però sufficiente.
Per questo motivo stanno diventando cruciali queste ore per l’eventuale trasferimento di Angeliño all’Al Nassr, dopo che l’Al-Hilal è riuscita a convincere Theo Hernandez a diventare il nuovo terzino sinistro della squadra saudita di Simone Inzaghi. Sull’esterno mancino ci sono anche Girona e Sunderland, ma l’operazione con il club saudita sembra la più concreta al momento.
Intanto, si cerca una sistemazione anche per Tammy Abraham, appena rientrato dal prestito secco al Milan, con possibili destinazioni in Arabia Saudita o in Turchia. C’è anche l’ipotesi di una partenza per Stephan El Shaarawy, mentre l’infortunio di Lorenzo Pellegrini al momento esclude un suo trasferimento anticipato rispetto alla scadenza del contratto, che è fissata per il 2026. In attesa di offerte che generino plusvalenze restano anche Celik, Cristante e Baldanzi.
Se l’operazione Angeliño dovesse arenarsi, il club potrebbe essere costretto a vendere un calciatore che viene considerato al momento fra gli incedibili. Il nome più probabile in questo senso è quello di Evan Ndicka. Il difensore ha già rifiutato una proposta del Marsiglia, ma è attratto dalla Premier League, dove Manchester United, Arsenal e Newcastle stanno valutando la situazione. Nelle ultime ore è spuntato anche l’interesse del Galatasaray.
Il cartellino del difensore ivoriano, arrivato a parametro zero nell’estate 2023, è valutato attorno ai 35 milioni di euro, cifra che garantirebbe una plusvalenza totale, ma costringerebbe poi la Roma a cercare almeno due nuovi centrali. Una prospettiva che il direttore sportivo Ricky Massara vorrebbe evitare.
Intanto il club continua nella sua politica di abbassare il monte ingaggi. Infatti, la già citata uscita di Paredes direzione Boca Juniors, sommata all’addio di Mats Hummels, permette al club giallorosso di risparmiare 12,5 milioni di euro lordi.
A questo si aggiunge la riduzione dell’ingaggio di El Shaarawy, che con il rinnovo ha accettato di passare da 3,5 milioni a 1,5 milioni più bonus. Anche le uscite di Victor Nelsson e Lucas Gourna-Douath contribuiranno, con un taglio agli stipendi di circa 1,4 milioni. Se poi Paulo Dybala accettasse di spalmare il proprio ingaggio, la Roma potrebbe risparmiare ulteriori 5 milioni. Infine, si parla anche dei 3 milioni di euro che potrebbero essere risparmiati con l’uscita di De Rossi, che sarebbe nel mirino della Sampdoria come nuovo allenatore.
In questo conteggio va inserito anche Alexis Saelemaekers, rientrato al Milan dopo il prestito e per il quale la Roma era interessata a un’operazione a titolo definitivo. No secco dei rossoneri, anche dietro richiesta del tecnico Massimiliano Allegri, e quindi sui conti giallorossi non ci saranno più i 1,28 milioni di euro netti percepiti dal belga. Anche se da Milano, sempre sponda rossonera, è rientrato il già citato Abraham che guadagna molto di più dell’esterno classe 1999 ed è per questo sulla lista dei partenti.
La missione a Trigoria è ben chiara a tutti: entro il 30 giugno serve cedere i calciatori fuori dal progetto tecnico con la speranza di non andare a toccare un titolare. L’obiettivo è quello di rispettare il limite massimo imposto dalla UEFA di 60 milioni di euro di deficit aggregato. Un piccolo scostamento è ammesso, anche a costo di una multa, più che probabile visti i due pesanti rossi per le stagione 2022/23 e 2023/24, ma superare certi confini non è un’opzione.
Evacuazioni, danni e allerta massima nell’Attica e nelle isole dell’Egeo
Aris MESSINIS / AFP – Un elicottero impegnato nello spegnimento di un Incendio boschivo a Thymari
Un vasto incendio boschivo ha devastato diverse località balneari nei pressi di Atene,danneggiando abitazioni e costringendo decine di evacuazioni nella regione, meta di turisti greci e stranieri. L’incendio è scoppiato nelle località balneari di Palaia Fokaia e Thymari, 50 chilometri a est di Atene, e ha portato all’evacuazione di cinque villaggi, secondo i vigili del fuoco. Il loro portavoce, Vassilis Vathrakogiannis, ha parlato di “una grande battaglia contro le fiamme tra le case“.
Interventi e difficoltà nello spegnimento –Sono mobilitati circa 130 vigili del fuoco, volontari, una decina di aerei ed elicotteri e due imbarcazioni della guardia costiera. “Si tratta di un incendio difficile da domare, alimentato da forti venti“, ha detto un funzionario dei vigili del fuoco. L’incendio, divampato intorno alle 12:30 ora locale (11:30 italiane), ha rapidamente aumentato la sua intensità e si è diffuso rapidamente, con venti pari a sei gradi sulla scala Beaufort e temperature che hanno oscillato tra i 35 e i 37 gradi Celsius durante il giorno.
Evacuazioni e danni al territorio – Campi, uliveti e appezzamenti di terreno, nonchè alcune case, sono stati distrutti dalle fiamme.Kostas Tsiguas, presidente del sindacato dei vigili del fuoco, ha dichiarato che almeno 50 persone sono state evacuate dai vigili del fuoco. Secondo quanto riportato dalla televisione pubblica Ert, i vigili del fuoco hanno evacuato i residenti, compresi i bambini, dalle loro case dopo che l’ordine di andarsene era stato inviato tramite il numero di emergenza della Protezione civile. Secondo le riprese diffuse da Ert, due vigili del fuoco stavano cercando di spegnere un incendio nel cortile di una casa quando il tetto è crollato per le fiamme, mentre una densa nuvola di fumo nero ha ricoperto Palaia Fokaia e le vicine spiagge del Golfo Saronico.
Reazione delle autorità locali – Dimitris Papachristos, sindaco del comune di Saronicco, che comprende diverse comunità evacuate, ha descritto la situazione come “estremamente difficile perchè i venti non si fermano“. “Sono state aperte delle strutture per accogliere le persone evacuate. L’intero comune è in stato di allerta“, ha aggiunto.
Blocco stradale e cause dell’incendio – La polizia ha bloccato il traffico sulla strada principale lungo la costa meridionale della capitale, che collega Atene a Capo Sunio, dove si estende il fronte dell’incendio. Questa zona è molto apprezzata dai turisti greci e stranieri e ospita numerose seconde case di ateniesi. “Si tratta di un incendio violento e nelle prossime ore si terra’ una riunione straordinaria dell’unità di coordinamento“, ha dichiarato aErt Viki Kavallari, sottoprefetto dell’Attica, la regione di Atene.Intervenuto ai microfoni di Mega TV,il vicesindaco di Palaia Fokaia, Stavros Petropoulos, ha definito la situazione “drammatica“. “I residenti ci hanno detto che l’incendio è scoppiato a causa di una scintilla proveniente da un cavo elettrico difettoso“, ha osservato.
Vulnerabilità della Grecia agli incendi estivi – Situata nel Mediterraneo sudorientale, la Grecia è particolarmente vulnerabile agli incendi estivi, alimentati da forti venti, siccità e temperature elevate. Oggi, la colonnina di mercurio ha raggiunto i 40 gradi Celsius in Attica. Secondo le previsioni meteo, si prevede che la prima ondata di calore in Grecia durerà fino a sabato.
Dimitris Tosidis / AFP – Un incendio che si muove verso il villaggio di Agios Georgios, sull’isola greca di Chios
Allerta incendi e situazione attuale – Secondo la Protezione Civile, l’indice di rischio incendi per oggi è“molto alto“, come per venerdì, in particolare nell’Attica e nelle isole settentrionali dell’Egeo. Secondo i vigili del fuoco, nelle ultime 24 ore sono scoppiati 45 incendi in Grecia. Da domenica un altro grosso incendio boschivo sta divampando sull’isola di Chio, nel Mar Egeo nordorientale. Secondo l’Osservatorio europeo Copernicus, finora ha devastato più di 4.000 ettari
Fra i punti controversi ci sono “le sanzioni sproporzionate” e “la decretazione di urgenza”. Il provvedimento è formato da 39 articoli e ha recepito gran parte del ddl in materia risalente al 2023
L’ufficio del Massimario dellaCassazioneha rilevato criticità sul decreto sicurezza. In una relazione di 129 paginevieneespressa perplessità, in particolare, contro “la decretazione di urgenza“, “le norme troppe eterogenee” e “sanzioni sproporzionate“.
Cosa ha detto la Cassazione – Per l’Ufficio del Massimario della Cassazione, il decreto “riproduce quasi alla lettera” il contenuto del corrispondente disegno di legge che la Camera dei deputati, “dopo un’ampia discussione in Assemblea, aveva approvato in prima lettura il 18 settembre 2024” e poi trasmesso al Senato. Non c’è stato – si legge nella relazione – “per unanime giudizio dei giuristi finora espressisi” alcun “fatto nuovo configurabile come ‘casi straordinari di necessità e di urgenza‘” tra “la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta di trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto“. La scelta di sottrarre il testo all’ordinario procedimento legislativo e trasfonderlo in un decreto-legge produrrebbe, per la Cassazione, “una serie di conseguenze: ‘l’accelerazione dei tempi di discussione, la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti, che saranno comunque sempre pro futuro, la complessiva compressione del pieno dispiegarsi di quei tempi e modi di dibattito, di esame e di voto che dovrebbero caratterizzare la funzione legislativa, in particolare in materie coperte da riserva di legge, come sono i diritti di libertà e la materia penale”. A questo si aggiunge “l’estrema disomogeneità dei contenuti di questo testo“. Quanto alle disposizioni che “determinano il trattamento sanzionatorio, in quanto destinate a incidere sulla libertà personale dei loro destinatari, devono ritenersi suscettibili di controllo” da parte della Corte per “gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di ‘una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto‘”.
Le norme – Il provvedimento, formato da 39 articoli, ha recepito gran parte del ddl in materia risalente al 2023: dopo l’approvazione della Camera, era rimasto fermo in Senato anche a seguito dei rilievi sollevati dal Quirinale per poi essere riproposto dopo una serie di aggiustamenti. Il provvedimento a fine maggio ha incassato la fiducia in Aula alla Camera. Poi è passato all’esame del Senato, dove il 4 giugno ha avuto il via libera definitivo diventando legge. Alcune misure: stretta sulle occupazioni abusive delle case, reato di blocco stradale, misure contro il terrorismo, un giro di vite sulle rivolte in carcere, misure per le detenute madri,una stretta sulla cannabis light.
È successo di tutto nel finale di Inter-River Plate, terza e ultima gara del girone E del Mondiale per Club. I nerazzurri l’hanno portata a casa con un secco 2-0, strappando il pass per gli ottavi di finaledove troveranno il Fluminense. Niente da fare invece per gli argentini che vengono superati dal Monterreye sono quindi eliminati. Una beffa per la squadra di Gallardoe per gli oltre 40mila tifosi del Mas Grandeche erano arrivati a Seattle a sostenere la propria squadra.
Una delusione che è montata piano piano e che è esplosa negli ultimi minuti quando i giocatori argentini avevano ormai capito di aver fallito l’obiettivo qualificazione e hanno quindi messo gli ultimi scampoli del match sulla rissa e l’intimidazione.I Millionarios hanno chiuso il match in 9 per le espulsioni di Martinez Quarta e Montiel ma tanti altri interpreti della squadra argentina hanno flirtato con il rosso.
C’è da dire che tutti gli oltre novanta minuti si sono contraddistinti per un forte agonismoe per falli anche duri già a partire dai primi minuti.L’arbitro Tantashev dal canto suo è stato molto permissivoe ha lasciato fare. Tackle, scivolate, interventi duri, non è mancato nulla di tutto questo. Alla fine il bilancio recita due rossi e sette gialli ma in tanti sono stati anche graziati. La prima espulsione è stata ai danni dell’ex Fiorentina, Martinez Quarta, per dogso,mentre la seconda è stata comminata nel finale a Montiel che, già ammonito, ha protestato veementemente ed è stato espulso.
Il più indiavolato però, per tutta la gara, è stato di certo Acuna. L’argentino ha rischiato più volte la sanzione per alcuni interventi duri e si è allacciato spesso col rivale diretto, Dumfries. I due avevano delle ruggini già dall’ultima sfida ai Mondiali tra Argentina e Olanda e hanno avuto modo di fare di nuovo “amicizia”. Beccatisi per tutti i 90’, la sfida tra i due si è accesa nel finale. Prima una sbracciatadell’esterno interista che ha colpito sul volto Acuna e gli è valso il giallo, poi un nuovo scontro. Stavolta, a centrocampo, i due si sono avvinghiati a terra e nessuno dei due aveva intenzione di lasciare andare il rivale. È dovuto intervenire l’arbitro e in un secondo momento sono entrati nella contesa anche alcuni compagni di squadra per evitare che la cosa degenerasse e portasse ad altri cartellini.
Il duello rusticano però non aveva ancora vissuto l’epilogo. Negli istanti precedenti e appena successivi al triplice fischio infatti, forse dopo qualche parolina di troppo dell’olandese,Acuna ha deciso di farsi giustizia da solo. Ha iniziato a rincorrere l’avversario che si è dato alla fuga. Inutili i tentativi di calmare l’argentino, Acuna è sfuggito a diversi placcaggi di giocatori del River e dell’Inter. Con gli occhi spiritati voleva raggiungere Dumfries. Tutti gli effettivi si sono riversati in campo, anche Chivu con il compito di fare in modo che i due non venissero alle mani.Così è stato nonostante attimi di grande tensione.Dumfries ne ha approfittato per scappare negli spogliatoi, scortato dai suoi compagni, e raggiunto anche da diversi oggetti lanciati dalle curve. Un finale poco edificante per una partita molto tesa.
Giorni complicati, complicatissimi in casa Lazio, con il club che si è visto imporre un blocco del calciomercato a causa dello sforamento di alcuni paletti UEFA: ecco il comunicato ufficiale del club sulla situazione delle finanze biancocelesti.
La Lazio dirama un comunicato ufficiale sullo stato delle finanze del club – “In merito alle notizie diffuse oggi da alcuni organi di stampa in modo fuorviante sulla situazione economico-finanziaria della Società, si ritiene doveroso precisare che non esiste alcun motivo di preoccupazione.
La S.S. Lazio dispone di risorse proprie e di una struttura gestionale consolidata, che da oltre vent’anni affronta ogni passaggio con lucidità, responsabilità e rigore.
La solidità economica – finanziaria, la sostenibilità del progetto sportivo e la coerenza strategica rappresentano da sempre ed ancor di più oggi pilastri su cui si fonda l’identità del Club”.
Lazio, tempi duri: la Covisoc blocca il mercato in entrata. Sarri preoccupato
Il club biancoceleste ha sforato tre parametri Figc. Serve vendere per colmare il deficit
Niente acquisti fino a settembre: la Lazio può soltanto vendere. La Covisoc ha bloccato il mercato del club biancoceleste in entrata agitando ambiente e soprattutto Maurizio Sarri.La decisione della Covisoc si basa sui dati della trimestrale al 31 marzo: i tre parametri Figc – indice di liquidità, indebitamento e il costo del lavoro allargato– sono stati sforati e dunque la Lazio, sebbene regolarmente iscritta al campionato, non può effettuare operazioni di tesseramento. A meno che il presidente Lotito non ripiani il deficit alleggerendo l’organico o immetta liquidità con mezzi propri.
“Non c’è alcun bisogno di comprare in questo momento. Piuttosto il problema è contrario, dobbiamo vendere perché ci sono troppi esuberi. Parliamo di 28 giocatori di movimento per una competizione più la Coppa Italia“, ha dichiarato il patron biancocelelste qualche giorni fa al Messaggero. Ma i big resteranno: “Abbiamo giocatori forti, il fatto che tutto il mondo li richieda ne è la prova. Ho detto no a offerte importanti per Rovella, Tavares, Isaksen, Guendouzi e Castellanos“. La cessione di Tchaouna, che andrà al Burnley per 14 milioni più bonus più il 10% sulla futura rivendita per i biancocelesti, non basterà per sbloccare un nuovo arrivo, visto che non è fuori parametro soltanto l’indice di liquidità. Intanto, a fronte della nuova situazione, Lotito ha parlato con Sarri tranquillizzandolo. Certo è che l’allenatore non si aspettava un ritorno così complicato.
La Covisoc blocca il mercato della Lazio: tutti i dettagli
La Lazio ha superato tre parametri economici fondamentali FIGC e per questo motivo non può effettuare operazioni di tesseramento in entrata. In sostanza il club biancoceleste può solo vendere, ma non comprare. La Covisoc, in ragione di questo, ha bloccato il mercato estivo del club: tutti i dettagli.
Mercato Lazio, la Covisoc blocca tutto: cosa sta succedendo – Come riportato da Il Messaggero, la cifra che Lotito dovrebbe coprire ammonterebbe a circa 90 milioni di euro. Il presidente della Lazio, qualche giorno fa, al Corriere dello Sport aveva parlato di situazione “risolvibile”, ma la realtà è che la Covisoc ha bloccato il mercato. La Commissione di vigilanza sulle società di calcio, si basa sulla trimestrale al 31 marzo.
La Lazio è regolarmente iscritta al campionato ma, avendo superato i tre parametri FIGC, non può operare trattative in entrata. Per ora può soltanto vendere e il prossimo esame è fissato al 30 settembre. Il club, come sottolinea il Corriere dello Sport, ha subito uno stop totale, non parziale come altre società. La situazione attuale è di stallo totale, immobilismo più assoluto.
Le uniche soluzioni possibili sono due: fare cessioni e rientrare dal disavanzo oppure immettere nuovo capitale proprio in società. Al momento, però, la società non sembra percorrere nessuna delle due strade: la strategia è quella di aspettare gennaio quando entreranno in vigore nuovi paletti.
I parametri fuori norma – I tre parametri fuori norma sono tre: indice di liquidità, indebitamento e costo del lavoro allargato. Questi parametri sono assolutamente necessari per poter accedere alle operazioni di tesseramento. Il primo parametro indica la capacità della società di andare a coprire i debiti in breve termine, in un periodo ristretto di tempo. Il secondo, quello che fa riferimento all’indice di indebitamento, va a verificare il rapporto tra ricavi e debiti mentre il terzo, l’ultimo, fa riferimento al peso degli stipendi e dei cartellini rispetto agli introiti. La Covisoc ha bocciato la Lazio su tutti quanti questi tre parametri e per questa ragione gli ha bloccato il mercato in entrata.
La Fifa ha aperto un’indagine a carico del capitano del Pachuca, Gustavo Cabral, dopo le accuse di insulti razzisti mosse nei suoi confronti dal difensore del Real. Antonio Ruediger.
“A seguito di una valutazione dei rapporti di gara, la Commissione disciplinare della FIFA ha aperto un procedimento“, contro Cabral, fa aspere la Fifa. Durante la partita di domenica scorsa, Ruediger aveva protestato per gli insulti e l’arbitro aveva applicato per la prima volta il nuovo protocollo antirazzismo, segnalando ai commissari di gara il fatto con le braccia incrociate. Cabral si era difeso a fine partita, sostenendo di aver solo insultato il rivale con un ‘codardo di m…’, senza alcuni riferimento al colore della pelle.
Interprete drammatica per grandi registi come Mario Monicelli,Sergio Leone, Michelangelo Antonioni e Dino Risi ed elegante ed aristocratica protagonista degli sceneggiati in bianco e nero della Rai
Lea Massari – (Ipa)
E’ morta a 91 anni Lea Massari, intensa interprete drammatica per grandi registi come Mario Monicelli,Sergio Leone, Michelangelo Antonioni e Dino Risi ed elegante ed aristocratica protagonista degli sceneggiati in bianco e nero della Rai. La notizia della scomparsa dell’attrice, avvenuta lunedì 23 giugno nella sua casa di Roma, è stata diffusa dal ‘Messaggero‘ a funerali avvenuti, in forma strettamente privata, nella cattedrale di Sutri (Viterbo), a cui ha fatto seguito la sepoltura nel cimitero comunale, dove la famiglia possiede una cappella. Da più di trent’anni l’attrice si era ritirata dalle scene e dalla vita pubblica.
Dotata di una bellezza evidente ma non esibita, esente da ogni tentazione di divismo a causa del suo temperamento riservato, Massari ha ottenuto nel corso della sua carriera trentennale il gradimento di un vasto pubblico, in Italia ma anche all’estero, in particolare in Francia dove ha recitato accanto a Jean Paul Belmondo, Yves Montand, Jean Louis Trintignant e Michel Piccoli. Lea Massari vinto un David di Donatello come migliore attrice per le sue interpretazioni in “Una vita difficile” di Dino Risi e in “I sogni muoiono all’alba“, entrambi apparsi nel 1961, e due volte il Nastro d’Argento come migliore attrice non protagonista per “La prima notte di quiete” (1972) e “Cristo si è fermato a Eboli” (1978).
Nata all’anagrafe come Anna Maria Massatani a Roma il 30 giugno 1933 (“Sono venuta alla luce nel quartiere di Monteverde Vecchio e sono cresciuta tra Prati e Parioli, quando era ancora campagna“, raccontò in un’intervista) durante l’adolescenza seguì il padre ingegnere vivendo in Spagna, Francia e Svizzera. Tornata a Roma, si iscrisse alla Facoltà di Architettura e per mantenersi agli studi intanto lavorava come indossatrice e collaborava con lo scenografo e costumista Piero Gherardi, amico di famiglia, che l’avvicinò al mondo del cinema. Nel 1954 ottenne casualmente il suo primo ruolo cinematografico in ‘Proibito’ di Mario Monicelli, riduzione del romanzo ‘La madre‘ di Grazia Deledda, recitando con Mel Ferrer e Amedeo Nazzari. A 22 anni, in occasione del suo esordio sul grande schermo, assume un nome d’arte in memoria del fidanzato Leo con cui avrebbe dovuto sposarsi, ma che morì a causa di un tragico incidente poco prima delle nozze.
La notorietà arrivò nel 1957 con il personaggio della giovane sposa nel film ‘I sogni nel cassetto‘ di Renato Castellani. Michelangelo Antonioni la scelse per ‘L’avventura‘ (1960), dove interpreta Anna, colei che misteriosamente scompare sull’isola, accanto alla malinconica Monica Vitti (Claudia). Dopo aver lavorato nel drammatico ‘La giornata balorda‘ (1960) di Mauro Bolognini, Massari recitò‘Una vita difficile’ (1961) di Dino Rosi, dove disegnò mirabilmente l’innamorata e sensibile moglie Elena Pavinato, figlia della proprietaria dell’albergo, che uccide un nazista e salva così quel Silvio Magnozzi, combattente partigiano, interpretato da Alberto Sordi.
Sempre nel 1961 apparve nel film in costume ‘Il colosso di Rodi‘ di Sergio Leone nel ruolo di Diala, figlia dell’autore della statua. Nel fortunato 1961 Lea Massari apparve anche in ‘Morte di un bandito‘ (1961) diretto da Giuseppe Amato e liberamente ispirato alla figura di Salvatore Giuliano e in ‘I sogni muoiono all’alba’ di Mario Craveri ed Enrico Gras, tratto da un testo teatrale di Indro Montanelli, in cui interpreta la ribelle ungherese Anna Miklos, innamorata di un giornalista italiano comunista.
Dopo ‘Le quattro giornate di Napoli‘ (1962) di Nanni Loy, nel 1965 appare in ‘Le soldatesse‘ di Valerio Zurlini, ambientato in Grecia durante la Seconda guerra mondiale. Già coinvolta in alcuni film stranieri – risale al 1962 ‘La città prigioniera di Joseph Anthony con Ben Gazzarra e David Niven, mentre al 1963 ‘I cavalieri della vendetta‘ di Carlos Saura -, negli anni Settanta furono i registi francesi a offrire a Lea Massari i ruoli più complessi e impegnativi della sua carriera: la moglie tradita nella relazione fra Michel Piccoli e Romy Schneider in ‘L’amante‘ (1970) di Claude Sautet; Clara, la madre che ha un legame incestuoso con il figlio adolescente in ‘Soffio al cuore‘ (1971) di Louis Malle.
Appare anche in ‘La corsa della lepre attraverso i campi‘ (1972) di René Clément, ‘La femme en bleu‘ (1973) di Michel Deville (1973), ‘L’uomo che non seppe tacere‘ (1973) di Claude Pinoteau, ‘Un battito d’ali dopo la strage’ (1973) di Pierre Granier-Deferre, ‘Questo impossibile oggetto‘ (1973) di John Frankenheimer.
Contemporaneamente Lea Massari continuò a lavorare anche in Italia, ancora per Valerio Zurlini in ‘La prima notte di quiete‘ (1972), accanto a Alain Delon e Alida Valli; nel film storico ‘Allonsanfàn’ (1974) di Paolo e Vittorio Taviani, nel ruolo di Charlotte, frapposto tra Marcello Mastroianni e Laura Betti; in ‘Cristo si è fermato a Eboli‘ (1979) di Francesco Rosi, dall’omonimo romanzo di Carlo Levi, nel ruolo di Luisa Levi, accanto a Gian Maria Volonté.
Nel corso degli anni Ottanta le interpretazioni cinematografiche dell’attrice si sono diradate, malgrado l’indiscutibile profondità espressiva dimostrata in ogni prova. Nel 1984 ha lavorato nel thriller ‘Il settimo bersaglio‘ di Claude Pinoteau; mentre nel 1985 ha magistralmente delineato la parte breve ma intensa di una madre che si suicida in seguito all’arresto della figlia terrorista in ‘Segreti segreti‘ di Giuseppe Bertolucci. La sua ultima apparizione sul grande schermo risale al 1990, nel film ‘Viaggio d’amore‘ di Ottavio Fabbri con Omar Sharif.
Il teatro è stata una costante presenza nell’attività lavorativa di Lea Massari, dove debuttò nel 1960 con ‘Due sull’altalena‘ di William Gibson diretta Arnoldo Foà. Memorabili le sue recite in ‘Il cerchio di gesso del Caucaso‘ di Bertolt Brecht, per la regia di Luigi Squarzina (1974) e ‘Sarah Barnum‘ di John Murrell, per la regia di Georges Wilson (1981). In teatro ebbe un forte successo con ‘Rugantino‘ (1962) di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, che le affidarono la debuttante Rosetta della commedia musicale accanto a Nino Manfredi,Aldo Fabrizi e Bice Valori.
Lea Massari ha guadagnato l’apprezzamento del pubblico e della critica anche con le sue interpretazioni televisive, in particolare sostenendo brillantemente il ruolo di molti personaggi letterari negli sceneggiati tratti dai grandi romanzi: è stata laMonaca di Monza ne ‘I promessi sposi‘ (1967), Agrafena Aleksandrovna in ‘I fratelli Karamazov’ (1970) e la protagonista di ‘Anna Karenina‘ (1974) tutti diretti da Sandro Bolchi. E proprio la sua intensa interpretazione di Anna Karenina le valse l’invito come membro della giuria al Festival di Cannes nel 1975. Per la Rai ha recitato in numerose riduzioni di testi teatrali negli anni ’60. La sua ultima apparizione sul piccolo schermo risale a ‘Una donna spezzata‘ (1988) di Marco Leto, tratto dal romanzo di Simone de Beauvoire sceneggiato dalla stessa Massari.
Non più incuriosita dal cinema, Lea Massari si ritirò dalle scene e si trasferì in Sardegna nella seconda metà degli anni ’80 con il marito Carlo Bianchini, ex comandante pilota di Alitalia, che aveva sposato nel 1963 e da cui si era separata nel 2004. La coppia non ha avuto figli.
Da allora l’attrice è stata impegnata in varie campagne per la difesa degli animali e contro la vivisezione. Con le sue battagli animaliste ha sostenuto anche vari canili; è stata attivista della Lega per l’abolizione della caccia e aveva scelto ormai in età matura di non mangiare carne. ‘Mio padre era un cacciatore e anch’io, da giovane, sparavo – Sparavo anche bene – ha raccontato Lea Massari in un’intervista – Mentre giravo ‘Le soldatesse‘ di Zurlini in Jugoslavia, mi venne a trovare mio marito e andammo a caccia con due amici. Insomma, loro avevano preso tre lepri, io niente… a fine giornata ero così frustrata che sentii un fruscio e sparai al volo senza pensare. Era un cucciolo di lepre e mi è morto in braccio:conservo ancora la giacca macchiata di sangue. Da allora ho giurato di smettere con la caccia. Ma gli animali li avevo sempre amati, fin da bambina, quando andavo a portare da bere ai cani da caccia di mio padre’.
Nel 1994 a seguito di una crisi finanziaria mise l’attrice mise all’asta i suoi i novecento gioielli e tenne a dichiarare: ‘Mi privo di questi gioielli, raccolti con tanto amore, per mantenere il mio abituale tenore di vita, ma soprattutto per riuscire a seguire le mie grandi passioni: la musica e i cani‘. Nella sua casa in Sardegna amava farsi fotografare in compagnia dei suoi tre amati cani. Quanto ai rimpianti di una lunga e fortunata carriera, Lea Massari ha ammesso di averne avuto uno solo: ‘8 1/2 di Federico Fellini. Avrei fatto il salto mortale per avere il ruolo che fu di Anouk Aimée, ma quando feci il provino con Mastroianni, Piero Gherardi mi conciò in modo assurdo con una parrucca nera da Sofonisba e due tette così sotto il vestito. Voleva che Federico scegliessere Anouk e così fu. Ma a posteriori non saprei dargli torto!’.
L’attaccante dell’Inter ha raggiunto la famiglia nella città natale Bushehr. L’Inter fa sapere che oggi Mehdi è al sicuro e sempre in contatto telefonico con la squadra
Tra tregue più o meno violate, gli Stati Uniti sono comunque un Paese in guerra e proprio contro l’Iran di Mehdi Taremi. Il conflitto è un rumore di sottofondo mentre in tv scorrono italk di Cnn e Fox, sembra lontanissimo dal centro di allenamento a 30 chilometri da Seattle dove si allenano i compagni dell’attaccante iraniano per la terza partita del Mondiale contro il River Plate. Hanno saputo tutti giusto oggi delle nuove informazioni che riguardano Mehdi: ha lasciato Teheran, dove la situazione si è fatta più critica, per raggiungere la città natale Bushehr e la sua famiglia che si trovava già là: un viaggio in auto di quasi mille chilometri verso sud, sulla costa sud-ovest che si affaccia nel Golfo Persico.Taremi, in contatto con il team manager nerazzurro Matteo Tagliacarne, ha parlato con lo stesso allenatore Chivu e scritto nella chat di squadra per tranquillizzare i compagni in apprensione: sta bene, è tranquillo, al sicuro, in una zona lontana dai bombardamenti. Anzi, si allena da solo per tenersi in forma, nel caso fosse possibile lasciare il Paese e raggiungere il Mondiale, ma questa eventualità non è ormai considerata visto il precipitare degli eventi.
Nemmeno la cessione del gioiellino Cherki al City ha convinto la commissione che controlla i conti dei club, che ha deciso di mantenere la retrocessione amministrativa autunnale del club
Il proprietario del Lione Taxtor con Fonseca
Il rischio c’era, ma sembrava remoto. Soprattutto dopo la cessione altisonante, anche in termini finanziari, del gioiellino Rayan Cherki al Manchester City. Ma non è bastato per convincere la commissione della lega che controlla i conti dei club, che invece ha deciso di mantenere la retrocessione amministrativa autunnale del Lione. Un colpo duro, anche per la Ligue 1 e non solo per il proprietario americano John Textor che però può ancora presentare ricorso.
PROSPETTIVA LIONE – Nel frattempo, il Lione è spinto verso la Ligue 2, nonostante il sesto posto finale, che ha permesso al club allenato da Fonseca di guadagnarsi un posto in Conference League, poi diventata Europa League, grazie alla vittoria del Psg anche in Coppa di Francia. Insomma, le prospettive sembravano rosee per la società controllata dal miliardario americano proprietario anche del Botafogo oltre che del Molenbeek in Belgio, e azionista uscente del Crystal Palace, per un incasso stimato a 200 milioni di euro. Un piccolo impero che però non ha convinto i gendarmi della Lega che puntano il dito contro i 175 milioni di euro di debito accumulato. Già a metà novembre era stata decisa la retrocessione a tavolino.Textor però era persuaso di poter ribaltare la sentenza, facendo valere le operazioni di rientro e le prospettive più rosee. Anche grazie al mercato, con la cessione di Cherki al Cityper 42,5 milioni di euro. Adesso, l’americano ha una settimana di tempo per presentare ricorso e tornare nella massima divisione.
Debiti per 175 milioni: Lione retrocesso per la prima volta in Ligue 2
Nemmeno la cessione del gioiellino Cherki al City ha convinto la commissione che controlla i conti dei club, che ha deciso di mantenere la retrocessione amministrativa autunnale del club
Colpo di scena nel calcio francese: l’Olympique Lione, storico club della Ligue 1, è stato retrocesso d’ufficio in Ligue 2, la seconda divisione del calcio nazionale. Il presidente della società, John Textor, e il direttore Michael Gerlinger, sono stati ascoltati questo martedì dalla Direzione Nazionale per il Controllo di Gestione (DNCG).
Non sono riusciti a convincere l’organo di vigilanza del calcio francese a revocare la retrocessione amministrativa in Ligue 2, decisa il 15 novembre scorso qualora non fosse stato effettuato un risanamento finanziario nel frattempo. L’organismo ha quindi confermato la retrocessione del club in seconda divisione, in base all’articolo 11 della DNCG.
L’OL – spiega il quotidiano francese L’Equipe – può ancora fare ricorso contro questa decisione e presentare nuovi elementi in grado di far cambiare idea alla DNCG in prima istanza. Retrocesso a titolo cautelativo questo inverno per non aver fornito le garanzie richieste dall’organo di controllo finanziario del calcio professionistico e a causa di un debito di 175 milioni di euro, il club era sotto la minaccia di una conferma di questa pesante sanzione.
A quattro giorni da questa scadenza cruciale, il proprietario del Lione, intervistato da L’Équipe dopo la vittoria del Botafogo contro il PSG nel Mondiale per Club, si era mostrato fiducioso e sicuro di sé. «Abbiamo realizzato vari investimenti nelle ultime settimane. Finanziariamente è tutto a posto», le sue parole. Anche questo martedì pomeriggio, davanti alla stampa, John Textor ha ribadito di essere «soddisfatto» dopo il suo passaggio davanti alla DNCG. Evidentemente, la situazione è più complessa.
Textor aveva definito domenica anche la cessione delle sue quote nel Crystal Palace (club di Premier League) per oltre 200 milioni di euro. Domenica, John Textor aveva siglato un accordo con Woody Johnson, proprietario dei New York Jets, per la cessione del 45% delle quote nel club inglese. La vendita di Rayan Cherki al Manchester City aveva inoltre permesso all’Olympique Lione di rimpinguare le proprie casse, con un incasso di 42,5 milioni di euro.
Queste somme, però, potrebbero non essere ancora arrivate al momento della valutazione. Il club non ha ancora rilasciato dichiarazioni e «attende i dettagli della DNCG e le motivazioni della decisione». Si tratta della prima retrocessione amministrativa nella storia del Lione. Salvo colpi di scena, l’OL giocherà in seconda divisione il prossimo anno, per la prima volta dal 1989.
I risultati della Defense Intelligence Agency suggeriscono che la dichiarazione di Trump secondo cui i siti sono stati “distrutti” potrebbe essere esagerata
Una prima valutazione classificata degli Stati Uniti sugli attacchi diDonald Trump contro gli impianti nucleari iraniani nel fine settimana afferma che non hanno distrutto due dei siti e probabilmente hanno solo ritardato il programma nucleare di qualche mese, secondo due persone a conoscenza del rapporto.
Il rapporto stilato dalla Defense Intelligence Agency, il braccio operativo del Pentagono per l’intelligence, ha concluso che i componenti chiave del programma nucleare, tra cui le centrifughe, potevano essere riavviati nel giro di pochi mesi.
Il rapporto ha anche scoperto che gran parte delle scorte iraniane di uranio altamente arricchito, che potrebbero essere utilizzate per una possibile arma nucleare, sono state spostate prima degli attacchi e potrebbero essere state spostate in altri siti nucleari segreti gestitidall’Iran .
I risultati della DIA, basati su una valutazione preliminare dei danni causati dalla battaglia condotta dal Comando Centrale degli Stati Uniti, che sovrintende alle operazioni militari statunitensi in Medio Oriente, suggeriscono che la dichiarazione di Trump sui siti “distrutti” potrebbe essere stata esagerata.
Nel suo discorso televisivo di sabato sera, subito dopo l’operazione, Trump ha affermato che gli Stati Uniti avevano completamente distrutto i siti di arricchimento dell’Iran a Natanz e Fordow, la struttura sepolta in profondità nel sottosuolo, e a Isfahan, dove veniva immagazzinato l’arricchimento.
“Gli attacchi sono stati uno spettacolare successo militare. I principali impianti di arricchimento nucleare dell’Iran sono stati completamente e totalmente distrutti. L’Iran, il bullo del Medio Oriente, deve ora fare la pace“, ha detto Trump nel suo discorso dalla Casa Bianca.
Sebbene il rapporto della DIA fosse solo una valutazione iniziale, una delle persone ha affermato che se i servizi segreti sul campo avevano già scoperto nel giro di pochi giorni che Fordow in particolare non era stata distrutta, valutazioni successive avrebbero potuto suggerire che i danni inflitti sarebbero stati ancora minori.
Considerati da tempo i siti nucleari iraniani più protetti, gli impianti di arricchimento dell’uranio di Fordowsono sepolti sotto i monti Zagros. Alcuni rapporti suggeriscono che il sito sia stato costruito sotto 45-90 metri di substrato roccioso, in gran parte calcareo e dolomitico.
La Casa Bianca ha contestato la valutazione dell’intelligence, la cui prima pubblicazione era stata affidata alla CNN. “La fuga di notizie di questa presunta valutazione è un chiaro tentativo di sminuire il presidente Trump e screditare i coraggiosi piloti da caccia che hanno condotto una missione perfettamente eseguita per annientare il programma nucleare iraniano“, ha dichiarato in una nota la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt.
Il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha ammesso domenica che Washington non sapeva dove si trovassero le scorte di uranio altamente arricchito dell’Iran, affermando: “Lavoreremo nelle prossime settimane per assicurarci di fare qualcosa con quel combustibile“.
Mercoledì scorso, il Guardian ha rivelato che i massimi esponenti politici del Pentagono erano stati informati, all’inizio del secondo mandato di Trump, che le bombe “bunker buster” GBU-57 da 30.000 libbre destinate a Fordownon avrebbero distrutto completamente la struttura.
In quel briefing, tenutosi a gennaio, la Defense Threat Reduction Agency del Pentagono, che aveva sviluppato la GBU-57, comunicò ai funzionari che le bombe non sarebbero penetrate abbastanza in profondità nel sottosuolo e che solo un’arma nucleare tattica avrebbe potuto annientare Fordow.
Gli attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani hanno coinvolto bombardieri B2 che hanno sganciato 12 GBU-57 su Fordow e due GBU-57 su Natanz. Un sottomarino della Marina statunitense ha poi lanciato circa 30 missili Tomahawk su Isfahan, hanno dichiarato funzionari della difesa statunitensi in una conferenza stampa domenica.
Il segretario alla Difesa Pete Hegsethha ripetuto l’affermazione di Trump durante la conferenza stampa secondo cui i siti erano stati “distrutti“, ma il capo di stato maggiore congiunto, il generale Dan Caine, che ha contribuito a supervisionare l’operazione, è stato più pacato nelle sue dichiarazioni.
Caine ha affermato che tutti e tre i siti nucleari hanno “subito gravi danni e distruzioni“, ma ha avvertito che la valutazione definitiva dei danni causati dall’operazione militare deve ancora essere effettuata.
L’attore, 75 anni, aveva avuto una broncopolmonite recidiva
Alvaro Vitali
Impossibile dimenticare il suo scanzonato Pierino, i suoi tantissimi ruoli nella commedia sexy all’italiana ma anche le imitazioni, su tutte quella di Jean Todt, che lo hanno fatto amare anche dal pubblico più giovane.
E’ morto a Roma nel tardo pomeriggio Alvaro Vitali, attore e comico italiano che ha recitato in oltre 150 film.
Nato il 3 febbraio 1950, Vitali era stato ricoverato due settimane fa per una broncopolmonite recidiva ma aveva firmato per tornare a casa. Proveniente da una famiglia numerosa aveva raccontato lui stesso di essere stato un vero combinaguai tanto da essere affidato dalla mamma alla nonna, che a sua volta lo aveva spedito in collegio.
“Mamma – aveva detto in un’intervista – era impiegata in un’impresa di pulizie, papà guidava una ditta edile di pittura. Con 5 figli, lavoravano entrambi. Non è che avessimo tanti soldi, ma non soffrivamo“. Scoperto da Federico Fellini durante un provino, esordì nel 1969 con una piccola parte in Fellini Satyricon. Poi prese parte a I clowns (1971) e a Roma (1972), nel quale interpreta un ballerino di tip-tap d’avanspettacolo, lo stesso ruolo che ebbe l’anno dopo in Polvere di stelle, diretto e interpretato da Alberto Sordi, affiancato anche daMonica Vitti e in Amarcord (1973), con Ciccio Ingrassia.
Dopo aver interpretato La poliziotta (1974), diretto da Steno, con Mariangela Melato e Renato Pozzetto, viene notato dal produttore Luciano Martino e comincia a lavorare con la Dania Film. Recita in numerosi film della commedia sexy, accompagnando Lino Banfi, Edwige Fenech e Renzo Montagnani. Poi la consacrazione con il personaggio di Pierino. Con il tramonto delle commedie sexy, sparì dalle scene per tornare a Striscia la notizia nei panni appunto di Jean Todt, allora direttore della Scuderia Ferrari, e di altri personaggi. Nel 2006 ha partecipato alla terza edizione del reality La fattoria ma ha dovuto abbandonare il reality show per problemi di asma.
Negli ultimi anni aveva spiegato di soffrire di depressione per essere stato dimenticato dal mondo del cinema: “Ho preso parte a 150 film ma vivo con una pensione da 1300 euro“. Proprio negli ultimi giorni era tornato alla ribalta per un botta e risposta con la ex moglie, la cantautrice Stefania Corona. L’attore ha scritto una lettera A DiPiù spiegando che lei lo avrebbe lasciato perché “invaghita dell’autista” ma che era disposto a perdonarla e a ritornare assieme. La risposta della donna non si è fatta attendere. “È un attore, gli servo solo per comodità. I suoi figli non hanno voluto che i nipoti mi chiamassero nonna“.
L’inchiesta sui conti dell’Inter e del Milan portata avanti da Report, nota trasmissione televisiva in onda sulle reti Rai, continua a trovare pareri discordanti da parte di chi si occupa abitualmente di finanza applicata al calcio. L’ultimo a contestare le tesi del programma è Carlo Festa, giornalista de Il Sole 24 Ore che, attraverso un post pubblicato su X, esprime le sue perplessità sulla questione.
“Ho qualche scetticismo sull’interpretazione di Report dei debiti di Inter e Milan – esordisce la firma del quotidiano -. I debiti finanziari veri dell’Inter sono di 400 milioni e stanno per essere rifinanziati. E lato Milan il tema è ora più economico (mancata partecipazione a Champions) che finanziario”.
Ho qualche scetticismo sull'interpretazione di Report dei debiti di Inter e Milan. I debiti finanziari veri dell Inter sono di 400 milioni e stanno per essere rifinanziati. E lato Milan il tema è ora più economico (mancata partecipazione a Champions) che finanziario
Situazione monitorata anche dall’amministrazione: “Si invitano i residenti delle vie adiacenti a tenere chiuse le finestre in via precauzionale”. I proprietari trasportati in ospedale per essere sottoposti ad accertamenti
L’incendio all’hotel di via Venezia
Una vasta colonna di fumo si è alzata nella mattinata di martedì (24 giugno) sul cielo di Cattolica. Ad andare a fuoco è una struttura alberghiera di via Venezia, che attualmente era chiusa, per cui senza ospiti al suo interno. Si tratta dell’ex hotel Hawaii. Le fiamme hanno iniziato a propagarsi al piano inferiore dell’immobile, per poi coinvolgere l’intera struttura. Dentro allo stabile in quel momento erano presenti i proprietari, trasferiti al Pronto soccorso a causa delle esalazioni da fumo.
Sul posto i vigili del fuoco sono intervenuti in forze, con la richiesta di rinforzo anche da parte dei colleghi del comando provinciale di Pesaro. Le fiamme in breve tempo si sono propagate anche ai locali superiori e saranno necessarie ore di lavoro da parte dei vigili per completare le operazioni e la messa in sicurezza dell’edificio.
La situazione è monitorata anche dall’amministrazione comunale, che in una nota sottolinea: “A causa di un incendio di un albergo in via Venezia si invitano i residenti delle vie adiacenti a tenere chiuse le finestre in via precauzionale. I vigili del fuoco sono impegnati nelle operazioni di spegnimento. Presenti sul posto anche gli agenti della Polizia locale, i carabinieri e i sanitari del 118. L’hotel non aveva ospiti, al momento. All’interno, c’erano i due proprietari che non risultano essere feriti. Sono stati trasportati in ospedale per essere sottoposti ad accertamenti da parte dei sanitari“.
Il presidente degli Stati Uniti ordina a Israele di invertire la rotta, avvertendo che i bombardamenti sarebbero una “grave violazione”
Donald Trump ha reagito furiosamente dopo che il cessate il fuoco tra Israele e Iran,da lui mediato e di cui si era preso il merito,è stato violato nel giro di poche ore, ordinando a Israele di virare i suoi aerei da guerra a mezz’aria e di interrompere i bombardamenti pianificati, cosa che, ha avvertito, sarebbe stata una “grave violazione“.
Israele ha affermato che l’Iran è stato il primo a rompere la tregua, affermando di aver abbattuto due missili balistici diretti verso il norddi Israele intorno alle 10.30, circa due ore e mezza dopo l’annuncio del cessate il fuoco.
Ciononostante, al risveglio a Washington con la notizia che la sua tregua era stata rotta così presto, Trump ha riservato il suo più grande rancore a Israele, per la portata della rappresaglia pianificata, ma anche per la quantità di bombe sganciate dagli aerei israeliani tra l’accordo sul cessate il fuoco di lunedì sera e la sua entrata in vigore alle 5 del mattino GMT di martedì.
“Israele, non appena abbiamo concluso l’accordo, è uscito e ha sganciato un carico di bombe, come non ne avevo mai viste prima, il carico più grande che abbiamo mai visto“, ha detto, nel rimprovero pubblico più forte mai rivolto a Israele da qualsiasi presidente degli Stati Uniti nella storia. “In pratica abbiamo due Paesi che combattono da così tanto tempo e così duramente che non sanno cosa cazzo stanno facendo“, ha detto Trump.
Sulla sua piattaforma online privata, Truth Social, ha lanciato un’istruzione diretta: “ISRAELE. NON SBALLARE QUELLE BOMBE. SE LO FATE, È UNA VIOLAZIONE GRAVE. RIPORTATE A CASA I VOSTRI PILOTI, SUBITO!”
Dopo un colloquio con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è tornato sul palco per annunciare: “ISRAELE non attaccherà l’Iran . Tutti gli aerei torneranno a casa, mentre si fa un amichevole ‘saluto aereo’ all’Iran. Nessuno sarà ferito, il cessate il fuoco è in vigore!”
Pochi minuti dopo, tuttavia, i media iraniani hanno riferito di altre esplosioni nei dintorni di Teheran e nel nord del Paese.
Il sito web statunitense Axios ha riferito che Netanyahu aveva detto a Trump che non poteva annullare completamente l’attacco e che alla fine “si è deciso di ridurre significativamente l’attacco, annullare l’attacco su un gran numero di obiettivi e colpirne solo uno”. Haaretz ha riferito che l’unico obiettivo era un’installazione radar iraniana.
L’Iran ha negato di aver violato la tregua o lanciato missili che Israele avrebbe intercettato a metà mattina di martedì, ma il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha affermato di aver ordinato un’immediata rappresaglia contro Teheran.
Trump aveva utilizzato i social media per annunciare il cessate il fuoco poco dopo le 5:00 GMT di martedì, chiedendo alle parti in conflitto di non violarlo. Entrambe le parti hanno avuto un intenso scambio di colpi prima di dichiarare la loro accettazione, ma a ore dalla dichiarazione non era ancora chiaro se la tregua sarebbe rimasta in vigore.
Successivamente è stato dato il via libera nel nord di Israele, ma il ministro delle finanze intransigente del paese, Bezalel Smotrich , ha pubblicato un messaggio sulla piattaforma di social media X promettendo una risposta, avvertendo: “Teheran tremerà“.
I media statali iraniani hanno suggerito che il cessate il fuoco fosse stato “imposto al nemico” dopo “quattro ondate di attacchi sui territori occupati da Israele“. Le autorità israeliane hanno confermato che l‘Iran ha lanciato 20 missili e che cinque israeliani sono stati uccisi e più di 22 feriti nella città meridionale di Beersheba.
Secondo quanto riferito dai residenti, nelle ore precedenti la dichiarazione del cessate il fuoco, Israele ha effettuato alcuni dei suoi attacchi aerei più intensi su Teheran.
L’agenzia di stampa Tasnim ha dichiarato che nove iraniani sono stati uccisi nel nord del Paese, mentre Israele ha affermato di aver colpito lanciamissili nell’Iran occidentale e decine di obiettivi a Teheran nelle prime ore di martedì mattina. L’ufficio del primo ministro ha affermato di aver ucciso centinaia di militanti del Basij, una forza di volontari utilizzata per reprimere il dissenso interno, e di aver preso di mira uno scienziato nucleare iraniano, portando il bilancio degli omicidi di scienziati iraniani ad almeno 15.
I media statali iraniani hanno identificato lo scienziato ucciso durante la notte come Mohammad Reza Seddighi Saber, affermando che era stato preso di mira nella residenza dei genitori ad Astaneh-ye Ashrafiyeh, nel nord dell’Iran. Secondo quanto riportato dalla televisione di stato, suo figlio diciassettenne sarebbe stato ucciso in un attacco contro la casa di famiglia a Teheran diversi giorni fa.
Un utente iraniano di un social media a Teheran ha scritto che gli attacchi israeliani sulla capitale sono stati “intensi” in vista dell’annunciato cessate il fuoco. “Il bombardamento di stasera a Teheran è stato estremamente intenso. Per un’ora intera le esplosioni non si sono fermate. Siamo un popolo completamente indifeso“, ha scritto l’utente.
Dopo che il governo israeliano ha ufficialmente accettato il cessate il fuoco, il leader dell’opposizione Yair Lapid ha affermato che era giunto il momento di porre fine anche alla guerra israeliana a Gaza . “È ora di finirla anche lì. Riportate indietro gli ostaggi, ponete fine alla guerra. Israele deve iniziare la ricostruzione”, ha dichiarato Lapid su X. Si stima che 56.000 palestinesi siano stati uccisi a Gaza in 20 mesi di bombardamenti israeliani.
Il cessate il fuoco è stato annunciato dopo il lancio di un missile iraniano contro una base statunitense in Qatar , in rappresaglia per la partecipazione americana agli attacchi contro gli impianti nucleari iraniani di domenica. L‘Iran ha affermato di aver avvisato in anticipo il Qatar della presenza dei missili e di non aver riportato feriti, suggerendo che la sua risposta è stata attentamente coordinata per consentire a Teheran e Washington di avere una via d’uscita.
I consiglieri di Trump hanno dichiarato in privato di credere che l’Iran avrebbe accettato il ramoscello d’ulivo del presidente degli Stati Uniti per evitare ulteriori attacchi da parte di Israele e perché avevano inflitto una ritorsione simbolica.
In un post sui social media, Trump ha affermato che i siti iraniani sono stati “totalmente distrutti“. Ma il responsabile nucleare dell’ONU, Rafael Grossi, ha dichiarato: “Al momento, nessuno, inclusa l'[Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica], è in grado di valutare i danni sotterranei di Fordow“.
I consiglieri di Trump hanno cercato di far credere che non importasse se Fordow fosse stata distrutta, perché l’Iran era stato costretto a sedersi al tavolo delle trattative, anche se ciò avrebbe segnato un allontanamento da ciò che Trump aveva dichiarato di voler raggiungere nel fine settimana.
Tuttavia, l’effettivo danno agli impianti nucleari resta una questione importante in vista di possibili colloqui tra Stati Uniti e Iran, che si prevede saranno guidati dall’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, poiché ciò inciderebbe sulla capacità negoziale di Witkoff.
Altri alti funzionari dell’amministrazione hanno rivendicato la vittoria, tra cui il vicepresidente J.D. Vance, il quale ha affermato che l’Iran era “incapace di costruire un’arma nucleare con le attrezzature in suo possesso perché le abbiamo distrutte”.
L’attacco statunitense ha fatto seguito a un’ondata di attacchi missilistici tra Israele e Iran, con Israele che ha bombardato la famigerata prigione di Evin, ed è avvenuto dopo che Trump aveva sollevato la possibilità di un cambio di regime a Teheran. Ma lunedì sera, alti funzionari statunitensi avevano suggerito che l’attacco iraniano al Qatar fosse mirato a evitare un’ulteriore escalation che avrebbe potuto portare a una guerra totale che avrebbe messo in pericolo il regime iraniano.
La parata torna a colorare le vie di Milano. – La partecipazione parla chiaro, i diritti LGBTQIA+ e di tutte le minoranze sono ora nelle priorità della società civile: allarghiamo i nostri orizzonti e abbracciamo la città, marciando per le strade e rivendicando la nostra autodeterminazione e libertà.
Partenza da via Pisani davanti alla Stazione Centrale, direzione Arco della Pace. Qui poi si terrà il nostrogrande evento finale: ascolteremo le associazioni LGBTQIA+ e le loro rivendicazioni, con attivistə di tutto il mondo e i saluti delle istituzioni. A seguire festa pubblica in piazza per celebrare insieme il Pride.
Vuoi iscrivere il tuo gruppo alla parata? Aderisci compilando il form sul portale parata.milanopride.it.
*Per maggiori info sull’accessibilità vi rimandiamo alla pagina preposta e alla mappa dedicata con aree di defaticamento, fontanelle d’acqua, segnalazioni del percorso e aree di scarico sensoriale.
Presentato oggi il programma del Pride di Milano. Bertolé ha annunciato l’arrivo di un piano anti discriminazione per fornire formazione a chi si interfaccia con i cittadini
Resistenza arcobaleno. È questo il tema del prossimo Pride di Milano che si connette direttamente con quello di Budapest. La parata, che si terrà il 28 giugno, “cadrà anche in contemporanea al Budapest Pride che è stato vietato dal governo Orban e che si terrà comunque in un vero e proprio atto di resistenza, in maniera clandestina”, ha speigatoAlice Redaelli, presidente di Cig Arcigay Milano durante la presentazione in Comune. Si tratterà di un gemellaggio “per avere la loro voce anche al Milano Pride“.
Un piano anti discriminazione – “Durante la presentazione è stato annunciato anche l’avvio imminente di un piano anti discriminazione in città. “Milano è molto impegnata sul tema dei diritti civili“, ha detto l’assessore al Welfare, Lamberto Bertolè. Il piano, spiega, “prevede una serie di iniziative che il Comune con tutte le sue direzioni e la città deve promuovere per superare il rischio delle discriminazioni, non solo quelle legate al genere e orientamento sessuale ma anche in altri ambiti“.
L’obiettivo è quello di fare formazione a chi ha rapporti con i cittadini, per farlo nel modo più corretto “e poi ci saranno azioni per promuovere in modo positivo il riconoscimento dei diritti. È un piano che stiamo scrivendo e che presenteremo nel dettaglio“, ha aggiunto l’assessore Bertolè.
Il programma del Pride e gli ospiti – L’appuntamento è per il 28 giugno in via Vittor Pisani, davanti alla Stazione Centrale. La sfilata si concluderà all’Arco della Pace e sono circa 350mila le persone attese, 50 i carri. Tra gli ospiti saranno presenti anche Ambra Angiolini, Big Mama, Sarah Toscano, Sarafine, Alex Wyse, Michele Bravi, Orietta Berti, Mida e Levante.
Ma il Pride non è solo la parata. Tra gli eventi del Pride Month da segnalare le Pride Square, tre giorni di festval in piazza con talk, dibattiti e cultura, dal 25 al 27 giugno. Il 21 e il 22 giugno la piazza dell’Arco della Pace accoglie il Pride Sport Arena tra tornei e incontri in attesa delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina.
Budapest sfida il divieto di Orban, oggi il Pride: in piazza anche tanti politici italiani
Da Schlein a Calenda, ci sono esponenti di tutte le forze di opposizione: un campo extra large
Budapest – Ipa
Saranno almeno 70 i parlamentari da tutta Europa che sfileranno oggi sabato 28 giugno al Pride di Budapest. Compresa una nutrita delegazione italiana. Ci saranno esponenti di tutte le forze di opposizione, un campo extra large. Il Pd con la segretaria Elly Schlein e poi Carlo Calenda di Azione, parlamentari di M5S, Avs e Più Europa.
Il sindaco che sfida Orban – Anche Ivan Scalfarotto di Italia Viva, già arrivato ieri pomeriggio nella capitale ungherese per vedere il sindaco di Budapest, Gergely Karancsony, l’uomo che ha reso possibile la sfilata del Pride sfidando il divieto del governo di Victor Orban: ha organizzato la manifestazione in quanto Comune, aggirando così la necessità di ricevere l’autorizzazione da parte dell’esecutivo.
Gli occhi dell’Europa sono ora puntati su quale sarà la reazione del premier ungherese. Ci saranno “conseguenze legali“, ha detto ieri, per chi parteciperà al Budapest Pride. Una minaccia che Calenda respinge al mittente. “Le uniche conseguenze legali le dovrebbe avere Orban per violazione dello stato di diritto e per essere un servo sciocco di Putin“, è la replica del leader di Azione all’Adnkronos.
Il dem Brando Benifei, che è a Budapest con la delegazione Pd, aggiunge che proprio la presenza di tanti parlamentari sarà una forma di tutela per i partecipanti: “Esserci è un dovere: l’Europa non deve tornare indietro sui diritti e i silenzi di certi governi, a partire da quello italiano, ci dicono che è importante reagire subito a questa torsione autoritaria. Non abbiamo paura della prepotenza di Orban perché sappiamo che la Carta Europea dei Diritti Fondamentali tutela la libertà e la sicurezza dei partecipanti, a maggior ragione in presenza di decine di parlamentari che proveranno a essere per loro un ‘cordone di sicurezza‘”.
Ieri, l’atmosfera della vigilia a Budapest non era delle migliori, come denunciato da Più Europa. C’è “un clima intimidatorio che i nostri attivisti appena arrivati in Ungheria hanno potuto subito respirare: controlli a tappeto all’aeroporto da parte dell’autorità per scovare qualche pericolosa bandiera arcobaleno. Orban può schierare anche l’esercito ma non fermerà mai la marcia dei diritti”, hanno spiegato Riccardo Magi e Matteo Hallissey.
Le delegazioni – Per il Movimento 5 Stelle sarà presente una delegazione con i parlamentari Alessandra Maiorino, Marco Croatti, Gabriella Di Girolamo, Elisa Pirro e l’europarlamentareCarolina Morace. “La deriva ungherese non è lontana da noi: le politiche del governo Meloni seguono pericolosamente la stessa scia, tra attacchi alle famiglie arcobaleno, censura, e tentativi di riportare l’Italia indietro di decenni sul fronte dei diritti. Per questo la nostra presenza è un atto politico di resistenza ma anche di speranza”, sottolineano i parlamentari pentastellati.
L’europarlamentare Benedetta Scuderi e assessore comune di TorinoJacopo Rosatelli saranno presenti per Alleanza Verdi e Sinistra. Non è tornata invece in Ungheria Ilaria Salis. Presente anche una delegazione della Cgil.
Ma anche dalle parti della maggioranza, si segnala attenzione per l’evento. Da parte di Forza Italia. Già Antonio Tajani era intervenuto: “La manifestazione delle proprie idee è il sale della democrazia“. Poi altri parlamentari azzurri come Isabella De Monte che cita le parole di Ursula Von der Leyen (a cui Orban ha replicato con durezza): “L”Europa è la patria dei diritti. Il clima intimidatorio che si respira a Budapest è inaccettabile“.
La Repubblica Islamica nega la violazione. Prima del cessate il fuoco ondata di missili dall’Iran, morti e feriti a Be’er Sheva. Teheran denuncia raid su edificio residenziale, almeno 9 vittime
Israele, macerie a Be’er Sheva dopo l’ultimo attacco iraniano prima della tregua – Afp
Nonostante l’incertezza su dettagli e tempistiche, Donald Trump ha annunciato oggi l’inizio della tregua tra Israele e Iran. “Il cessate il fuoco è ora in vigore. Per favore, non violatelo“, ha ribadito sul social Truth il presidente americano intorno alle 6 del mattino (ora italiana). Un appello che sembra già essere caduto nel vuoto, con leaccuse di violazione arrivate da Tel Aviv solo poche ore più tardi, quando Teheran – ha sostenuto l’Idf – avrebbe lanciato almeno un missile contro lo Stato ebraico dopo lo stop concordato con il leader Usa. La Repubblica Islamica, però, nega.
Intanto, dalla notte all’alba e prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco, una nuova ondata di attacchi incrociati ha provocato morti e feriti nei due Paesi.
Israele accetta tregua: “Raggiunti obiettivi”. Poi denuncia lancio missili. Teheran nega – In mattinata era arrivata la conferma ufficiale di Tel Aviv sulla tregua. “Alla luce del raggiungimento degli obiettivi dell’operazione e in pieno coordinamento con il presidente Trump, Israele ha accettato la proposta del presidente per un cessate il fuoco bilaterale” con l’Iran, quanto si leggeva in una nota del governo israeliano dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti.
Con l’operazione ‘Rising Lion‘, lo Stato ebraico è stato in grado di eliminare “la doppia minaccia esistenziale immediata” proveniente da Teheran, quella “in campo nucleare e dei missili balistici“. Israele tuttavia “risponderà con forza a qualsiasi violazione del cessate il fuoco“, recitava ancora la dichiarazione diffusa dall’ufficio del premier Benjamin Netanyahu dopo l’annuncio di Trump.
Israele ha ringraziato quindi il presidente Usa “e gli Stati Uniti per il loro sostegno nella difesa e la loro partecipazione nell’eliminare la minaccia nucleare iraniana – proseguiva la dichiarazione -. Con l’operazione lo Stato di Israele ha raggiunto traguardi storici e si è posto alla pari con le potenze mondiali. E’ un grande successo per il popolo di Israele e per i suoi combattenti che hanno rimosso le due minacce esistenziali per il nostro Stato e garantito l’eternità di Israele“.
In Israele le autorità aeroportuali hanno poi annunciato la riapertura dello spazio aereo che era stato brevemente chiuso nel mezzo dell’escalation degli ultimi giorni, riferiscono i media locali.
A poche ore dall’inizio della tregua, le forze israeliane hanno tuttavia “rilevato missili lanciati dall’Iran in direzione del territorio dello Stato di Israele“. Lo rendono noto le stesse Idf, come riporta il giornale israeliano Haaretz, precisando che “i sistemi di difesa sono stati attivati per intercettare la minaccia. Intanto suonano le sirene dell’allarme antiaereo nel nord di Israele, anche a Haifa.
Almeno un missile balistico è stato lanciato dall’Iran in direzione dello Stato ebraico nell’attacco denunciato da Tel Aviv, riferisce quindi il Times of Israel, precisando che non ci sono notizie di impatti o feriti. Il missile è poi stato intercettato, precisa Haaretz.
Il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, ha quindi reso noto di aver “dato istruzioni alle forze israeliane di rispondere con forza alla violazione da parte dell’Iran del cessate il fuoco con potenti attacchi contro obiettivi del regime nel cuore di Teheran“, riporta ancora Haaretz.
“Alla luce della violazione totale da parte dell’Iran del cessate il fuoco dichiarato dal presidente americano e del lancio di missili in direzione di Israele – afferma la dichiarazione rilanciata dal quotidiano – nel rispetto della politica del governo israeliano, determinato a rispondere con forza a qualsiasi violazione, ho dato istruzione alle Idf, in coordinamento con il premier, di continuare l’attività intensa di attacco“.
Anche il capo di Stato Maggiore delle Idf, il generale israeliano Eyal Zamir, ha promesso che l’esercito israeliano ‘‘colpirà con forza” l’Iran ”alla luce della grave violazione del cessate il fuoco da parte del regime iraniano”. Il Times of Israel cita anche un funzionario israeliano che, a condizione di anonimato, ha detto che “l’Iran ha violato il cessate il fuoco e ne pagherà i costi“.
“Teheran tremerà“, ha scritto quindi su X il ministro israeliano delle Finanze, Bezalel Smotrich, alleato del premier Netanyahu.
L’Iran nega però di aver lanciato “nelle ultime ore” missili in direzione di Israele, a dispetto di quanto affermato da Tel Aviv, riferisce lo Stato Maggiore dell’Esercito, citato dalla tv di Stato.
“Nessun missile è stato lanciato in direzione del nemico” dalle 7.30 ora iraniana, le 6 in Italia, ha confermato alla Cnn un ufficiale iraniano di alto grado. “Se Israele dovesse fare un errore, verrebbero attaccati tutti i territori occupati, come accadeva un’ora prima che si fermasse la guerra“, ha poi sottolineato l’ufficiale.
Il Supremo consiglio per la Sicurezza nazionale dell’Iran in una nota ha parlato intanto di “cessazione della guerra imposta” a Israele e ai suoi “sostenitori malvagi“, di “nemico costretto ad accettare la sconfitta e a fermare in modo unilaterale la sua aggressione“. E minaccia ancora, riporta l’agenzia iraniana Tasnim, “una risposta decisa” a “qualsiasi ulteriore aggressione“.
Nella dichiarazione del Supremo consiglio anche un elogio per le forze iraniane e per gli iraniani. La dichiarazione parla di “dono divino” e aggiunge che le forze della Repubblica Islamica, “senza la minima fiducia nelle parole dei nemici“, restano “con le mani sul grilletto, pronte a dare una risposta decisa“ a “qualsiasi atto di aggressione“.
Ondata di raid prima della tregua, morti e feriti – Se una serie di potenti esplosioni ha scosso la capitale iraniana Teheran nella notte, dopo che l’esercito israeliano aveva intimato l’evacuazione dei residenti di un’area nel centro della città, almeno nove persone sarebbero rimaste uccise e 33 ferite in un attacco che alle prime ore di oggi ha colpito edifici residenziali nella provincia di Gilan, nell’Iran nordoccidentale. A riferirlo l’agenzia iraniana Tasnim, riportando la denuncia del vice governatore della provincia secondo il quale tra le vittime e i feriti vi sono 16 donne e bambini.
Ucciso in un raid israeliano nella notte anche un altro scienziato nucleare, ha poi reso noto la tv di Stato di Teheran, che ha identificato la vittima in Mohammad Reza Seddighi Saber, morto mentre si trovava a casa dei suoi genitori ad Astaneh-ye Ashrafiyeh, nel nord dell’Iran. Qualche giorno fa, ricorda la tv, in un raid sulla sua abitazione di Teheran era rimasto ucciso il figlio 17enne. Saber era nella lista dei sanzionati dagli Stati Uniti.
Sarebbe invece di4 morti e una ventina di feriti il bilancio del lancio di missili iraniani contro Israele: a Be’er Sheva, nel sud del Paese, un missile balistico ha colpito un edificio residenziale e sono in corso le ricerche di eventuali sopravvissuti sotto le macerie. Nell’ultimo attacco contro Israele sono stati lanciati 10-15 missili in sei ondate, hanno fatto sapere le Idf in una prima valutazione.
I post di Trump – Intanto, dopo l’annuncio della tregua e mentre le sirene risuonavano nello Stato ebraico poco dopo le 4 ora italiana, Donald Trump pubblicavaun nuovo post: “Israele e Iran sono venuti da me, quasi contemporaneamente, e mi hanno detto: ‘Pace!‘. Sapevo che il momento era ora. Il mondo e il Medio Oriente sono i veri vincitori! Entrambe le nazioni vedranno un enorme amore, pace e prosperità nel loro futuro. Hanno così tanto da guadagnare e così tanto da perdere se si allontanano dalla strada della giustizia e della verità. Il futuro di Israele e dell’Iran è illimitato e pieno di grandi promesse. Dio vi benedica entrambi“, le parole del tycoon.
E poi ancora, poco prima delle 6, in un riferimento all’attacco di sabato contro i siti nucleari iraniani, il presidente americano ha ricordato: “Non avremmo potuto concludere l’accordo di oggi senza il talento e il coraggio dei nostri grandi piloti di B-2 e di tutti coloro che erano associati a quell’operazione. In un certo modo, molto ironico, quel ‘colpo’ perfetto, a tarda sera, ha messo tutto insieme e l’accordo è stato fatto“.
Tregua, annuncio a sorpresa dopo colloqui con Netanyahu e Iran – L’annuncio di Donald Trump di un cessate il fuoco tra Israele e Iran, che ha colto di sorpresa persino qualcuno fra i principali funzionari della sua Amministrazione, è arrivato dopo colloqui del presidente americano con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con funzionari iraniani, con il contributo del Qatar come mediatore. A scriverlo è il New York Times, che cita un funzionario della Casa Bianca coperto da anonimato secondo il quale c’è stato un ruolo dell’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani.
Stando alla fonte, ad aiutare Trump nel pressing per una tregua sono intervenuti il vice presidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato del tycoon, Steve Witkoff. I tre hanno lavorato tramite canali “diretti e indiretti” per ‘arrivare’ agli iraniani, ha riferito la fonte, secondo la quale gli israeliani hanno accettato il cessate il fuoco, creando le condizioni per parlare di una tregua a patto che si fermino gli attacchi iraniani e i raid Usa contro tre siti del controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. Ma la fonte non ha chiarito quali condizioni avrebbe accettato l’Iran.
Blitz del francese a Milano per incontrare il club saudita, che ha messo sul piatto un’offerta al rialzo: accordo in dirittura d’arrivo. Il difensore ha già avvisato il Diavolo del suo orientamento
Theo Hernandez, 27 anni.Afp
Le sedute di lavoro personalizzato consegnate dal Milan – come avviene ogni estate quando i giocatori sono in ferie -, ed esibite sui social nelle sue vacanze in Sardegna, per qualche ora possono attendere. Theo Hernandez è molto vicino a dire sì all’Al Hilal. La situazione con il club arabo, che per primo gli aveva recapitato un’offerta di lavoro, si è infatti evoluta positivamente nelle ultime ore. Il francese ieri ha effettuato un blitz milanese per incontrare gli emissari del club di Riad, una toccata e fuga con una sola interpretazione possibile: l’opzione di prendere in considerazione l’ipotesi in termini concreti. E così è stato. L’accordo è in dirittura d’arrivo
DECISIONE – L’Al Hilal ha rilanciato dopo l’offerta iniziale, sottoponendogli un contratto ritoccato al rialzo (da 18 a 20 milioni). Resta solo da capire se rimarrebbe uguale la proposta al Milan per il cartellino (30), oppure quel denaro verrebbe scalato. Intanto, però, stamane il giocatore si è messo in contatto con la dirigenza rossonera, spiegando di essere orientato ad accettare. Le prossime ore saranno evidentemente decisive, ma la decisione parrebbe ormai presa (domani, intanto, Hernandez si sposterà in Toscana con alcuni compagni ed ex compagni per il matrimonio di Gabbia). Anche Simone Inzaghi è sceso personalmente in campo per convincere Theo e dal Mondiale per club ha confermato il nuovo tentativo in atto: “Hernandez? La società sta lavorando“. Il francese ha ripreso a valutare la proposta araba non solo per via del rialzo economico, ma anche perché restando in rossonero rischierebbe di ritrovarsi in una situazione complicata. Dal punto di vista ambientale, così come quello delle potenziali scelte dirigenziali nei suoi confronti. E comunque, le riflessioni di Theo sono obbligate anche dall’assenza attuale di altre prospettive concrete. L’altro club che ha bussato alla porta del Milan è l’Atletico Madrid, ma è stato un contatto nato già in salita e concluso con una fumata nerissima. Sia per l’esiguità dell’offerta al club rossonero, sia perché i tifosi colchoneros si sono inalberati – eufemismo – quando sono venuti a conoscenza della possibilità di ritrovarsi in casa un giocatore considerato un “traditore“.
Theo a un passo dall’addio al Milan, ma a gennaio Ibra rassicurava: “Il rinnovo è tutto sotto controllo”
Theo Hernández con molta probabilità vestirà la maglia dell’Al-Hilal. Il terzino francese, dopo sei anni al Milan, ha scelto di accettare la ricca proposta del club saudita. Un addio pesante per i rossoneri e per i tifosi, che solo pochi mesi fa avevano ricevuto rassicurazioni sul futuro del giocatore.
Era infatti il gennaio scorso quando Zlatan Ibrahimovicinterveniva ai microfoni di DAZN prima della gara contro il Cagliari:
“Theo? Siamo molto contenti di lui e di quello che sta facendo. Deve continuare come tutti gli altri, è contento di essere qua. Vuole giocare al Milan come tutti gli altri e non c’è qualcosa di complicato. È tutto sotto controllo”.
Parole che allora sembravano allontanare ogni possibile scenario di addio. La situazione, però, si è evidentemente evoluta nei mesi successivi, fino a portare alla cessione del numero 19. Ora per il Milan si apre un nuovo capitolo, con la necessità di sostituire uno dei suoi uomini chiave.
Rappresaglia annunciata in anticipo agli Usa per limitare danni e vittime. Trump: “Risposta debole, ora promuovano pace”. Cnn: “Israele potrebbe concludere presto operazioni militari contro Teheran”
La principale base Usa in Qatar nel mirino dell’Iran, in risposta all’attacco congiunto con Israele di sabato notte quando Washington e Tel Aviv hanno colpito i siti nucleari di Teheran.Una rappresaglia annunciata, arrivata oggi con un lancio di missili “pari a quello delle bombe americane lanciate sull’Iran” dagli Stati Uniti, ha poi rivendicato il Consiglio di Sicurezza Nazionale iraniano confermando l’attacco.
Al momento non risultano morti e feriti nel raid, mentre Doha spiega che i missili sul suo territorio sono stati tutti intercettati.
Ad essere presa di mira, la base di Al Udeid in Qatar, la più grande base militare degli Stati Uniti in Medio Oriente. Secondo Axios,Teheran avrebbe lanciato almeno 10 missili contro l’impianto situato nel deserto fuori da Doha e dove sono di stanza circa 10mila soldati americani.
L’esercito di Teheran, nell’annunciare di aver attaccato “la più grande risorsa strategica americana nella regione“, ha quindi confermato di aver “preso di mira la base statunitense di Al Udeid in Qatar con un devastante e potente attacco missilistico nell’ambito dell’operazione Besharat Fatah“.
Dopo la reazione irata di Doha, che si riserva “il diritto di rispondere” alla violazione della sua “sovranità“, le forze iraniane hanno precisato che l’attacco è avvenuto lontano “dalle strutture urbane e dalle zone residenziali in Qatar” e che “l’azione non ha rappresentato alcuna minaccia nei confronti del paese amico e fraterno Qatar e del suo nobile popolo“. Doha tuttavia considera “sorprendente“la mossa iraniana, date le “posizioni del Qatar, il suo impegno per il buon vicinato e il suo approccio alla mediazione nella risoluzione delle crisi“, la replica del portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed bin Mohammed Al-Ansari.
Al momento non risulta invece che l’Iran abbia attaccato la principale base che ospita truppe statunitensi in Iraq, spiegano sono fonti della sicurezza irachena citate dall’Afp. “Finora non ci sono stati attacchi ad Ain al-Assad“, ha dichiarato un funzionario della sicurezza nella provincia parlando dell’importante base aerea irachena nella provincia di Anbar che ospita truppe americane e altro personale della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro i jihadisti. “Stiamo monitorando la situazione nel caso in cui accada qualcosa“, ha aggiunto il funzionario.
Anche una fonte militare a Baghdad ha confermato che “per il momento, Ain al-Assad non è stata presa di mira”,così come la base all’aeroporto internazionale di Baghdad, dove sono schierate anche le truppe statunitensi. Le basi – ha aggiunto – sono “in stato di allerta”. Allo stesso modo, non sono stati immediatamente segnalati attacchi alla base militare della coalizione anti-ISIS presso l’aeroporto di Arbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan settentrionale.
Baghdad intanto esprime “grave preoccupazione” dopo gli attacchi di Teheran, ribadendo il pericolo di un “allargamento del conflitto“. “Questa escalation preannuncia tensioni ancora maggiori e segna una svolta pericolosa e senza precedenti nel conflitto“, ha dichiarato il Ministero degli Esteri in una nota, ribadendo i suoi “ripetuti avvertimenti riguardo al pericolo di coinvolgere nuove parti, il che potrebbe portare a un ampliamento del confronto” in Medio Oriente.
Diversimedia internazionali hanno parlato intanto di una rappresaglia annunciata in anticipo sia al Qatar che agli Usa in modo da limitare danni e vittime, notizia poi confermata in parte da Trump.
E’ il caso del New York Times, che ha citato tre funzionari iraniani a conoscenza dei piani, spiegando che l’Iran avrebbe coordinato gli attacchi alla base americana in Qatar con i funzionari dell’emirato del Golfo e informato in anticipo Doha. Secondo le stesse fonti, l’Iran doveva simbolicamente contrattaccare gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo farlo senza scatenare un’ulteriore escalation. Una strategia, fa notare il quotidiano americano, simile a quella adottata nel 2020, quando l’Iran avvisò l’Iraq prima di lanciare missili balistici contro una base americana nel Paese arabo.
Anche secondo laBbcl’attacco è stato una risposta calcolata, che non voleva innescare una reazione catastrofica da parte americana mantenendo la promessa di vendicare i raid Usa, ha spiegato un analista dell’emittente britannica.
In ogni caso, la rappresaglia non giunge inaspettata. Dopo le minacce dei giorni scorsi, ancora nella mattinata di oggi il comandante supremo delle forze armate di Teheran aveva infatti dichiarato che il Paese “non farà mai marcia indietro” e lanciato quindi un duro avvertimento agli Stati Uniti, “entrati ormai in guerra“.
Khamenei: “Non ci arrenderemo a violazioni” – “Non abbiamo violato i diritti di nessuno né accetteremo mai che qualcuno violi i nostri, e non ci arrenderemo alla violazione di nessuno. Questa è la logica della nazione iraniana“, le parole su X della Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, dopo l’attacco.
Trump: “Reazione debole, ora Iran proceda verso pace” – “L’Iran ha ufficialmente risposto alla nostra distruzione dei loro impianti nucleari con una reazione molto debole, come ci aspettavamo, e che abbiamo contrastato in modo molto efficace“. Così Donald Trump commenta su Truth la risposta iraniana agli attacchi Usa-Israele di sabato scorso. “Sono stati lanciati 14 missili: 13 sono stati abbattuti e 1 è stato ‘lasciato libero’, perché diretto in una direzione non minacciosa. Sono lieto di annunciare che nessun americano è rimasto ferito e che i danni sono stati pressoché inesistenti“, ha scritto il presidente Usa.
“Voglio ringraziare l’Iran per averci avvisato tempestivamente, il che ha permesso di non perdere vite umane né di lasciare che nessuno venisse ferito. Forse l’Iran può ora procedere verso la pace e l’armonia nella regione, e incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso. Grazie per l’attenzione a questa questione“, la conclusione del post.
Il presidente americano ha poi ringraziato in un nuovo post l’Emiro del Qatar“per tutto ciò che ha fatto per la pace nella regione”. “Riguardo all’attacco di oggi alla base americana in Qatar, sono lieto di annunciare che, oltre a non aver ucciso o ferito alcun americano, e cosa molto importante, non ci sono stati nemmeno qatarioti uccisi o feriti“, ha aggiunto.
In precedenza il presidente americano aveva scelto di attaccare sul social le “fake news” – e coloro che secondo lui le diffonderebbero – sull’attacco americano ai siti nucleari iraniani.
“I siti che abbiamo colpito in Iran sono stati completamente distrutti, e tutti lo sanno“, ha scritto: mentre Trump e i funzionari statunitensi hanno definito l’operazione un successo clamoroso, alcuni osservatori – e media statunitensi – hanno fatto presente che è troppo presto per una valutazione adeguata dei danni e per calcolare quanto gli attacchi abbiano danneggiato il programma nucleare. L’impianto di Fardo, ad esempio, si trova in profondità nel sottosuolo, il che rende difficile utilizzare le immagini satellitari per valutare con precisione l’entità dei danni causati dalle bombe statunitensi. Questo ha scatenato la rabbia di Trump.
Cnn: “Israele potrebbe concludere presto operazioni militari contro Teheran” – Israele ritiene di poter raggiungere i suoi obiettivi militari rimanenti in Iran nei prossimi giorni, il che potrebbe portare a un cessate il fuoco. A dirlo alla Cnn è un funzionario israeliano. Gli attacchi contro gli obiettivi individuati dai servizi segreti sarebbero infatti prossimi al completamento, ha aggiunto il funzionario.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato domenica che Israele è “molto, molto vicino al completamento” dei suoi obiettivi militari in Iran e ha chiarito di non voler essere trascinato in una guerra di logoramento con l’Iran.