Da alcuni mesi il proprietario rossonero sta cercando i capitali necessari per ripagare il prestito triennale concesso da chi gli ha venduto il club
Milano, 08 dicembre 2023
Gerry Cardinale deve muo versi su un filo sottile nella g estione del Milan. Da alcuni mesi il proprietario rossonero sta cercando i capitali necessari per ripagare il prestito triennale concesso dal venditore Elliott al momento della cessione del club nell’estate dell’anno scorso:585 milioni più interessi al 7%, che portano il totale della somma da restituire a circa 700 milioni. La scadenza è fissata nel 2025. La ricerca prosegue in questa direzione, più che in trattative su futuri assetti azionari. Da questo punto di vista, quindi, l’operazione che ha portato il Milan da Elliott a Red Bird non è priva di debiti. In capo all’attuale proprietà c’è un’esposizione pari a poco meno del 9% degli attuali asset gestiti da Red Bird, quantificati dal sito della società americana in 8,6 miliardi di dollari, pari 7,97 miliardi di euro (il totale dell’operazione, 1,2 miliardi, quindi rappresenta il 15%).
Il debito con Elliott – Secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere ancora da ultimare anche il reperimento completo dei615 milioni da versare a Elliott al netto del ‘vendor loan’. Non è scontato che tutto questo denaro sia già stato trasferito. L’insieme di questa situazione spiega perché Elliott continui a mantenere un’influenza significativa. A maggior ragione per un particolare che emerge dal bilancio del Milan: il pegno costituito da Red Bird a favore di Elliott riguarda il 99,93% delle azioni del club rossonero, non solo le quote corrispondenti al ‘vendor loan’ (48,75%). Sono questi gli accordi in capo ai veicoli utilizzati a monte: Acm Bidco da Red Bird in Olanda, Rossoneri Sport Investment da Elliott in Lussemburgo, in pista fin dalla cessione da Fininvest a Yonghong Li nel 2017, controllato dall’hedge fund dall’estate 2018. I patti sono contenuti nel ‘Pledge agreement over shares’, sottoscritto mediante scambio di lettere il 31 agosto 2022 (con l’intervento di Intertrust Trustees Limited) e disciplinato dalle leggi del Lussemburgo, come per il finanziamento tra Elliott e il misterioso uomo d’affari cinese.
Milan, a Cardinale servono 700 milioni per ripagare il prestito a Elliott
Da alcuni mesi il proprietario rossonero sta cercando i capitali necessari per ripagare il prestito triennale concesso da chi gli ha venduto il club.
La missione di Cardinale al Milan – In pratica seRed Bird non ripaga il prestito, perde tutto il Milan non solo una parte. Vigilano al timone del Milan ex manager di Elliott: Cocirio e Furlani (l’ad ha assunto più poteri dopo che Cardinale ha cacciato Maldini senza mettere a capo dell’area tecnica un uomo nuovo scelto da lui). Con Scaroni sempre presidente. Ma Cardinale ha un’esigenza: deve valorizzare ancora di più il Milan per centrare un ‘upside, un saldo positivo tra acquisto e rivendita. Deve farlo senza avere le cariche principali del club, muovendosi soprattutto a livello commerciale con i suoi forti agganci nello sport americano e portando a casa un concreto progetto di nuovo stadio. Deve far crescere il valore del Milan mentre cerca i capitali per ripagare il prestito che gli impedisce di avere mano libera. Una strettoia da percorrere a tutta velocità.
Tutto quello che c’è da sapere sul nuovo mezzo di contrasto agli streaming illegali. Fondamentale il ruolo dei motori di ricerca.
La piattaforma per combattere la pirateria legata alla Serie A – “Piracy Shield”, fornita dalla Lega stessa – è pronta ad entrare in funzione, per la soddisfazione della Lega e dei broadcaster che detengono i diritti tv del campionato in Italia. Sky e DAZN si augurano così di vedere in azione i progressi fatti nella lotta agli streaming illegali, considerano anche il rinnovo dei contratti per i diritti televisivi dalla stagione 2024/25 a quella 2028/29.
Come funziona piattaforma pirateria? La delibera dell’Agcom – Ma come funzionerà la nuova piattaforma di contrasto alla pirateria? Ricordiamo che i soggetti che hanno partecipato al tavolo tecnico dell’Agcom dovranno accreditarsi entro il 31 gennaio del 2024. Nella delibera con cui l’Autorità ha definito i requisiti tecnici e operativi della piattaforma, si legge che «la legge 14 luglio 2023, n. 93, entrata in vigore l’8 agosto seguente, ha attribuito nuovi poteri all’Autorità al fine di rafforzarne le funzioni per un più efficace e tempestivo contrasto delle azioni di pirateria on line relative agli eventi trasmessi in diretta».
Sulla base di questi presupposti sono state previste «misure più efficaci per contrastare la diffusione illecita degli eventi sportivi live. La legge n. 93/2023, al pari della delibera dell’Autorità, prevede il ricorso ad una piattaforma che, attraverso un sistema machine to machine, consenta una gestione automatizzata delle segnalazioni dei titolari allo scopo di garantire una tutela tempestiva ed efficace dei diritti e, segnatamente, un intervento entro trenta minuti dalla segnalazione secondo le modalità e la procedura ivi disciplinate».
«La piattaforma è strumentale […] al fine di consentire una gestione automatizzata delle segnalazioni successive all’ordine cautelare adottato affinché i prestatori di servizi di mere conduit possano procedere alla disabilitazione dell’accesso agli indirizzi telematici oggetto della segnalazione medesima nelle tempistiche idonee ad assicurare una effettiva tutela. Nella procedura […], l’esecuzione del blocco deve avvenire entro trenta minuti dalla segnalazione».
Quanto ai soggetti cui il provvedimento di disabilitazione deve essere notificato, «la legge individua i prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e, più in generale, i fornitori di servizi della società dell’informazione coinvolti a qualsiasi titolo nell’accessibilità del sito web o dei servizi illegali».
Come funziona piattaforma pirateria? La fase operativa – Ma come interverrà a livello operativo la piattaforma?Grazie al sistema tecnico gestito da Agcom ci sarà un miglioramento degli ordini di blocco dinamico. Questi ordinano agli specifici Isp chiamati in giudizio dal ricorrente (quindi non tutti) di inibire ai propri utenti l’accesso agli indirizzi telematici (nomi a dominio e Ip) indicati nei ricorsi, nonché successivamente a tutti gli ulteriori indirizzi segnalati, purché connessi al network illecito oggetto del ricorso.
Il nuovo sistema garantirà un provvedimento su ricorso del titolare dei diritti, emesso a seguito di valutazione giuridica degli stessi. L’autorità – spiega Il Corriere della Sera – ordinerà agli Isp di bloccare gli indirizzi segnalati nel ricorso, nonché tutti gli indirizzi che saranno segnalati dai titolari dei diritti e validati attraverso la piattaforma. Quest’ultima consentirà la gestione delle informazioni e la realizzazione di automazioni.
Le prove degli illeciti saranno messe poi a disposizione di Agcom per ogni verifica che si rendesse necessaria, previo il blocco a discrezione del singolo provider. In sintesi, il valore aggiunto della piattaforma consiste nel fatto che sarà sufficiente un ricorso a stagione sportiva, che le segnalazioni avranno ad oggetto qualsiasi nuovo indirizzo utilizzato per veicolare illecitamente i contenuti, che le segnalazioni verranno effettuate tramite una piattaforma gestita da Agcom, e saranno inclusi nella verifica fornitori di servizi Vpn e Alternative Dns, oltre alla deindicizzazione di tutti i nomi a dominio oggetto del blocco da parte dei motori di ricerca.
Come funziona piattaforma pirateria? Il ruolo di Google – Un ruolo importante in questo processo sarà svolto dai motori di ricerca. «La legge prevede che I soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione, nel caso in cui non siano coinvolti nell’accessibilità del sito web o dei servizi illegali, provvedono comunque ad adottare tutte le misure tecniche utili ad ostacolare la visibilità dei contenuti illeciti, tra le quali in ogni caso la deindicizzazione dai motori di ricerca di tutti i nomi di dominio oggetto degli ordini di blocco dell’Autorità ivi inclusi i nomi di dominio oggetto delle segnalazioni effettuate per il tramite della piattaforma», scrive l’Agcom.
La questione del «“delisting” dei siti/indirizzi telematici oggetto di blocco è stata oggetto di confronto con i soggetti fornitori di motori di ricerca. Pertanto, l’Autorità provvede a comunicare a tali soggetti il provvedimento cautelare […] affinché il motore di ricerca provveda alla conseguente deindicizzazione. Trattandosi di un blocco dinamico, il motore di ricerca si impegna dunque ad eseguire la deindicizzazione di tutti i siti web/indirizzi telematici oggetto delle successive segnalazioni che possono essere comunicati anche dai titolari dei diritti accreditati alla piattaforma».
A tal proposito «Google ha condiviso una modalità procedurale per la comunicazione dell’elenco dei blocchi e la Società si è altresì impegnata per la rimozione tempestiva di tutte le pubblicità che non rispettano le policy della società, avuto particolare riguardo a quelle che investono la promozione di siti pirata riferiti ad eventi sportivi protetti», conclude l’Agcom.
Come funziona piattaforma pirateria? Le sanzioni per chi commette atti pirata – La piena operatività della piattaforma è dunque attesa entro il 31 gennaio del nuovo anno, con le parti in causa che si augurano possa sortire gli effetti desiderati. Gli streaming illegali alimentano una perdita per il calcio che ogni anno ammonta a circa 350 milioni di euro. Il contrasto alla pirateria è diventato così un imperativo categorico. Questi atti illegali sono passati dai 14,7 milioni nel 2017 ai quasi 41 milioni nel 2022.
Gli abbonati alle IPTV illegali sono 3 milioni, il 6% della popolazione italiana oltre i 15 anni. Un fenomeno che non riguarda solo i giovanissimi, ma tutti. La pirateria è attualmente un reato che viene punito con la reclusione da sei mesi a tre anni per chi fornisce i segnali per la trasmissione e con una multa da 2.500 a 15mila euro.
Anche gli utenti finali, ovvero coloro che guardano illegalmente eventi sportivi o film con il pezzotto e/o i siti pirata, rischiano sanzioni amministrative da 1.032 euro fino a 5.000 euro.
La sala centrale della Banca dell’Agricoltura dopo l’esplosione della bomba il 12 dicembre del 1969
La strage di piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico compiuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura che causò 17 morti e 88 feriti. È considerata «la madre di tutte le stragi», il «primo e più dirompente atto terroristico daldopoguerra», «il momento più incandescente dellastrategia della tensione» e da alcuni è ritenuta l’inizio del periodo passato alla storia in Italia come anni di piombo, ma è da ritenersi apice di azioni precedenti come gli attentati alla Fiera Campionaria di Milano in aprile 1969 e i falliti attentati coevi in piazza Scala e a Roma.
La Storia – Venerdì 12 dicembre 1969 la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana, a Milano, era piena di clienti venuti soprattutto dalla provincia; alle 16:30, mentre gli altri istituti di credito chiudevano, all’interno della filiale c’erano ancora molte persone. L’esplosione avvenne alle 16:37, quando nel grande salone dal tetto a cupola scoppiò un ordigno contenente 7 chili di tritolo, uccidendo 17 persone, delle quali 13 sul colpo, e ferendone altre 87; la diciassettesima vittima morì un anno dopo per problemi di salute legati all’esplosione. Una seconda bomba fu rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala. La borsa fu recuperata ma l’ordigno, che poteva fornire preziosi elementi per l’indagine, fu fatto brillare dagli artificieri la sera stessa. Una terza bomba esplose a Roma alle 16:55 nel passaggio sotterraneo che collegava l’entrata di via Veneto della Banca Nazionale del Lavoro con quella di via di San Basilio; altre due esplosero a Roma tra le 17:20 e le 17:30, una davanti all’Altare della Patria e l’altra all’ingresso del Museo centrale del Risorgimento, in piazza Venezia. I feriti a Roma furono in tutto 16.
Le indagini – Le indagini vennero orientate inizialmente nei confronti di tutti i gruppi in cui potevano esserci possibili estremisti; furono fermate per accertamenti circa 80 persone, in particolare alcuni anarchici del Circolo anarchico 22 marzo di Roma (tra i quali figurava Pietro Valpreda) e del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa di Milano (tra i quali figurava Giuseppe Pinelli). Secondo quanto dichiarato da Antonino Allegra, ai tempi responsabile dell’ufficio politico della questura, alla Commissione Stragi, gli arresti erano stati particolarmente numerosi e avevano interessato anche esponenti della destra estrema, con lo scopo di evitare che nei giorni seguenti questi individui, ritenuti a rischio, potessero dare vita a manifestazioni o altre azioni pericolose per l’ordine pubblico.
Da Milano il prefetto Libero Mazza, su segnalazione di Federico Umberto D’Amato, direttore dell’Ufficio affari riservati del Viminale, avvisò il Presidente del Consiglio Mariano Rumor: «L’ipotesi attendibile che deve formularsi indirizza le indagini verso gruppi anarcoidi». Ipotesi che si rivelò un depistaggio attuato proprio dall’Ufficio Affari Riservati; trent’anni dopo, Paolo Emilio Taviani avanzò l’ipotesi “che i depistaggi, in base ai quali quella strage sarebbe stata a lungo attribuita agli anarchici e a Pietro Valpreda, fossero stati organizzati prima, non dopo lo scoppio della bomba“
Giuseppe Pinelli – Il 12 dicembre l’anarchicoGiuseppe Pinelli (già fermato ed interrogato con altri anarchici nella primavera 1969 per alcuni attentati successivamente rivelatisi di matrice neofascista), venne fermato e interrogato a lungo in questura. Il 15 dicembre, dopo tre giorni di interrogatori, morì dopo essere precipitato dal quarto piano della questura. L’inchiesta giudiziaria, coordinata dal sostituto procuratore Gerardo D’Ambrosio, individuò la causa della morte in un malore, in seguito al quale l’uomo sarebbe caduto da solo, sporgendosi troppo dalla ringhiera del balcone della stanza; la prima versione, risalente al 16 dicembre, indicava che Pinelli si era buttato dopo che il suo alibi era crollato, urlando «È la fine dell’anarchia»
Pietro Valpreda – Il 16 dicembre venne arrestato anche un altro anarchico, Pietro Valpreda, indicato dal tassista Cornelio Rolandi come l’uomo che nel pomeriggio del 12 dicembre era sceso dal suo taxi in piazza Fontana, recando con sé una grossa valigia. Rolandi ottenne anche la taglia di 50 milioni di lire disposta per chi avesse fornito informazioni utili. Valpreda fu interrogato dal sostituto procuratore Vittorio Occorsio che gli contestò l’omicidio di quattordici persone e il ferimento di altre ottanta. Il giorno dopo il Corriere della Sera titolò che il «mostro» era stato catturato, e ilPresidente della Repubblica Giuseppe Saragat indirizzò un assai discusso messaggio di congratulazioni al questore di Milano Marcello Guida avvalorando implicitamente la pista da lui seguita.
Le dichiarazioni del tassista determinano, però, uno scenario poco plausibile in quanto egli dichiarò che Valpreda avrebbe preso il suo taxi inpiazza Cesare Beccaria, la quale dista 130 metri a piedi dapiazza Fontana, ma venne osservato che Valpreda fosse claudicante. Il taxi, però, non si fermò in piazza Fontana, ma proseguì sino alla fine di via Santa Tecla e in tal modo Valpreda dovette percorrere 110 metri a piedi, al posto dei 130 metri originari risparmiando 20 metri ma ponendolo però di fronte al rischio di farsi riconoscere; inoltre Valpreda avrebbe chiesto al tassista di attenderlo e in questo modo, avrebbe dovuto ripercorrere all’inverso i 110 metri (anche se questa volta non avrebbe portato più con sé la pesante valigia). Indagini successive videro prendere corpo l’ipotesi di un sosia, il quale prese il taxi al posto di Valpreda. Venne quindi avanzata dalla pubblicistica un’ipotesi, secondo cui il sosia sarebbe stato tale Antonio Sottosanti, un ex legionario siciliano, infiltrato nel circolo anarchico di Pinelli nel quale era conosciuto – per via dei suoi trascorsi – come «Nino il fascista», ipotesi mai riscontrata.
I processi – Il processo iniziò a Roma il 23 febbraio 1972; dopo essere stato trasferito a Milano per incompetenza territoriale fu spostato aCatanzaro per motivi di ordine pubblico e legittimo sospetto. Dopo una serie di rinvii dovuti al coinvolgimento di nuovi imputati (Franco Freda e Giovanni Ventura nel 1974, Guido Giannettini nel 1975) la Corte d’assise condannò all’ergastolo Freda, Ventura e Giannettini, ritenuti gli organizzatori della strage. Gli altri imputati, Valpreda e Merlino,furono assolti per insufficienza di prove ma condannati a 4 anni e 6 mesi per associazione a delinquere. La Corte d’appello assolse tutti gli imputati dall’accusa principale, confermando le condanne di Valpreda e Merlino, e condannò i due neofascisti a 15 anni per gli attentati di Milano e Padova, compiuti tra l’aprile e l’agosto del 1969: la Cassazione confermò l’assoluzione per Giannettini e ordinò un nuovo processo per gli altri quattro imputati. Il nuovo dibattimento cominciò il 13 dicembre 1984 presso la Corte d’appello di Bari e si concluse il 1º agosto 1985 con l’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove: il 27 gennaio 1987 la Cassazione rese definitive le assoluzioni per strage, condannando soltanto alcuni esponenti dei servizi segreti italiani (il generale Gianadelio Maletti e il capitano Antonio Labruna) per aver depistato le indagini. Una nuova istruttoria, aperta a Catanzaro, portò a processo i neofascisti Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini, accusati di essere rispettivamente l’organizzatore e l’esecutore della strage: il 20 febbraio 1989 entrambi gli imputati furono assolti per non aver commesso il fatto (l’accusa aveva chiesto l’ergastolo per Delle Chiaie e l’assoluzione per insufficienza di prove per Fachini). Il 5 luglio 1991, al termine del processo d’appello, fu confermata l’assoluzione di Delle Chiaie.
Negli anni novanta l’inchiesta del giudice Guido Salvini affacciò anche un’ipotesi di connessione col fallito golpe Borghese e raccolse le dichiarazioni di Martino Siciliano e Carlo Digilio, ex neofascisti di Ordine Nuovo, i quali confessarono il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato, ribadendo le responsabilità di Freda e Ventura; in particolare Digilio sostenne di aver ricevuto una confidenza in cui Delfo Zorzi gli raccontava di aver piazzato personalmente la bomba nella banca. Zorzi, trasferitosi in Giappone nel 1974, divenne un imprenditore di successo. Ottenne la cittadinanza giapponese che gli garantì poi l’immunità all’estradizione.
Il nuovo processo cominciò il 24 febbraio 2000 a Milano. Il 30 giugno 2001 furono condannati all’ergastolo Delfo Zorzi (come esecutore della strage), Carlo Maria Maggi (come organizzatore, già assolto per lastrage della questurama condannato in seguito all’ergastolo in via definitiva per la strage di piazza della Loggia) e Giancarlo Rognoni (come basista). Carlo Digilioottennela prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli per il suo contributo alle indagini, mentre Stefano Tringalifucondannato a tre anni per favoreggiamento). Il 12 marzo 2004 furono cancellati i tre ergastoli (e ridotta la condanna di Tringali da tre anni a uno) e il 3 maggio 2005 la Cassazione ha confermato la sentenza (dichiarando prescritto il reato di Tringali). Al termine il processo nel maggio2005ai parenti delle vittime sono state addebitate le spese processuali. La Cassazione, assolvendo i tre imputati, ha tuttavia affermato che la strage di piazza Fontana fu realizzata dalla cellula eversiva diOrdine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987. Sebbene gli ordinovisti indicati siano quindi considerati gli ispiratori ideologici, non è mai stato mai individuato a livello giudiziario l’esecutore materiale, ossia l’uomo che pose personalmente la valigia con la bomba.
Le vittime –
Giovanni Arnoldi, 42 anni, di Magherno (Pavia), sposato e padre di due figli.
Gerolamo Papetti, 79 anni, di Rho, agricoltore.
Carlo Garavaglia, 67 anni, pensionato, vedovo con una figlia.
Mario Pasi, 50 anni, geometra, di Milano, amministratore di terreni agricoli e di edifici. Sposato.
Giulio China, 57 anni, di Novara, imprenditore agricolo, sposato con due figlie.
Eugenio Corsini 65 anni, di Milano, rappresentante di lubrificanti per macchine agricole. Sposato.
Carlo Gaiani, 57 anni, di Milano, coltivatore, sposato con un figlio.
Luigi Perego, 69 anni, Usmate Velate (Monza), titolare di un’agenzia di assicurazioni specializzata in polizze per agricoltori. Sposato con un figlio.
Oreste Sangalli, 49 anni, di Milano, gestiva l’Azienda agricola Ronchetto (Corsico).
Pietro Dendena, 45 anni, di Lodi, commercianti di bestiame.
Carlo Silva, 71 anni, di Milano, si occupava della vendita di lubrificanti per macchine agricole. Sposato con due figli.
Paolo Gerli, 77 anni, di Milano, gestiva una azienda agricola di San Donato Milanese. Sposato con tre figlie.
Luigi Meloni, 57 anni, di Corsico (Milano). Commerciante di bestiame. Sposato con un figlio.
Attilio Valè, 52 anni, di Noviglio (Milano), macellaio.
Calogero Galatioto, 77 anni, era in banca per versare un assegno: venne colpito da una scheggia alla schiena. Morì il 3 gennaio del 1970 in ospedale
Angelo Scaglia, 61 anni, agricoltore di Abbiategrasso, padre di undici figli (e nonno di 22 nipoti), morì in ospedale il giorno di Natale del 1969.
L’ultima vittima della strage fu Vittorio Mocchi che aveva 33 anni al momento dell’attentato. Era sposato e aveva tre figlie. Era in banca per trattare l’acquisto di un tattore e di concimi. Subì gravissimi danni fisici e psicologici nell’esplosione. Dopo anni di sofferenze morì nel 1983. È stato riconosciuto come vittima del terrorismo solo nel 2002.
L’intervento dei vigili del fuoco a TomboloL’attività dei pompieri si è protratta per diverse ore
L’allarme è scattato oggi 10 dicembre dopo le 14 in via Decime a Tombolo. Immediato l’intervento dei vigili del fuoco che hanno messo in sicurezza l’area. Danni in via di quantificazione, nessun ferito
E’stata una domenica di paura per i residenti di un condominio di sei unità di via Decime a Tombolo. Poco dopo le 14 del 10 dicembre un’auto che si trovava parcheggiata in una rimessa interrata del condominio, per un probabile guasto all’impianto elettrico, ha preso fuoco. Il fumo e le fiamme sono state notate da alcuni residenti che hanno dato l’allarme. In pochi istanti tutti gli abitanti del palazzo sono usciti in strada. Nessuno di loro è rimasto ferito o intossicato dal fumo sprigionato dal rogo. L’allarme è stato diramato ai numeri d’emergenza. I danni, ancora in via di quantificazione, ammontano a qualche decina di migliaia di euro.
I soccorsi – Alle 14,30 i vigili del fuoco sono intervenuti in via Decime per l’incendio di un’auto all’interno di un’autorimessa interrata di un di un piccolo condominio di sei abitazioni, che sono state evacuate: nessuna persona è rimasta ferita. I pompieri arrivati da Cittadella e Castelfranco con due autopompe, due autobotti e 10 operatori sono entrati dotati di autoprotettori all’interno della rimessa, spegnendo le fiamme che hanno interessato un’auto. Danneggiato dal calore il laterizio dell’autorimessa di cui è stato inibito l’uso fino al ripristino di tutte le condizioni di sicurezza. Le operazioni dei vigili del fuoco di completo spegnimento, raffreddamento ed evacuazione dei fumi sono terminate dopo le 17.