È un disco classico, che non vuole stupire, ma restare. Un album vivaddio da ascoltare perché ha qualcosa da dire. Il ritorno del professore di Carate Brianza non delude.

Ringiovanire sentendo la morte che viene. «Farò altri dischi, ma questo per me è una conclusione», dice Roberto Vecchioni che fa uscire il nuovo L’infinito senza preavviso, come una scelta ben dentro i tempi autodivoranti di oggi; lo fa uscire solo in vinile o incd, niente digitale, per protesta e per dispetto, «perché è un disco che si compera nei negozi», insomma per dare un segnale contro il consumo liquido e distratto e forse questa è invece una scelta fuori dal tempo, quasi romantica, tanto il disco appena lo metti fuori te lo ritrovi subito bello e pronto da tirar giù dalla Rete. Ma Vecchioni è un romantico signore di Carate Brianza, di 75 anni e non ha più niente di cui preoccuparsi se non di fare quello che si sente di fare, di cantare. E così fa un disco con un omaggio ad Alex Zanardi che senza le gambe vola, un altro a papa Bergoglio anche se non lo nomina esplicitamente, e strappa all’inerzia Francesco Guccini, e si commuove per Marco Mangelli, il bassista che è appena volato via ma già malato non ha rinunciato a suonare il basso in tutto l’album. Storie romantiche, di vecchi, grandi vecchi che se anche tirano un po’ i remi in barca, c’è da capirli. continua a leggere
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Roberto Vecchioni e Francesco Guccini.


