1 – Geppi Cucciari: «Andate a votare al referendum, non ne parla nessuno». Insulti sui social, lei risponde così
2 – L’appello di Geppi Cucciari
3 –I social si dividono
Geppi Cucciari è stata ospite ieri sera, sabato 10 maggio, alla semifinale di Amici, e dagli schermi di Canale 5 ha lanciato il suo appello ai giovani a votare ai referendum dell’8 e 9 giugno: «Ci sono dei referendum alle porte di cui non parla nessuno… Nel caso del referendum, anche non votare è una scelta. Però è più una questione di principio».
«Sotto la bandiera tricolore, talvolta, è come se ci fosse il nostro vero motto, fatti i cazzi tuoi. Solo che se te li fai sempre e comunque, prima o poi qualcuno si farà i tuoi e deciderà al posto tuo su cose piccole, su cose medie, su cose grandi», ha detto l’attrice e conduttrice sarda.
L’appello di Geppi Cucciari – «Per questo, siccome siete quelli che nel futuro, siete giovani, ballerete, reciterete, molti di voi ci cureranno, ci faranno la dichiarazione dei redditi, entrerete nelle nostre case a rubare, siete il nostro futuro, dite la vostra, senza paura, anche soltanto per affermare che potete farlo, che ne avete diritto. In un mondo di conoscenti e impiegati della democrazia, siate folli, siate amici».
Parole tornate subito al centro dell’attenzione, anche sui social, dopo le battute rivolte dall’attrice e conduttrice al ministro della Cultura Giuli in occasione della cerimonia dei David al Quirinale, e la replica arrivata ieri, di rimando, dallo stesso Giuli («a sinistra avevano intellettuali e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta»).
I social si dividono – Agli applausi a scena aperta che hanno accolto il monologo di Cucciari nello studio del programma di Maria De Filippi, hanno fatto da contraltare i commenti sui social, tra plauso («la risposta migliore a chi invita all’astensione»), distinguo e, in alcuni casi, insulti.
A questo signore così elegante non sono piaciuta. Davvero un grande rammarico. E qui, @X, mi chiedo come sia possibile. Non dico dissentire, ma farlo in questo modo vergognoso. pic.twitter.com/miH9Nti9Vv
In particolare un utente, schierandosi per il non voto ai referendum, ha scritto su X: «Che grandissima m..da Geppi Cucciari. Per fortuna le persone sono intelligenti e vanno contro comunisti ripuliti». E l’attrice ha risposto: «A questo signore così elegante non sono piaciuta. Davvero un grande rammarico. E qui, X, mi chiedo come sia possibile. Non dico dissentire, ma farlo in questo modo vergognoso».
Il Primo Maggio 2025 è dedicato al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. “Uniti per un lavoro sicuro”, questo lo slogan con cui in tutta Italia celebreremo la Festa delle lavoratrici e dei lavoratori, ricordando le tante conquiste del passato ma soprattutto quello che ancora dobbiamo conquistare (o continuare a difendere).
In primis la salute e sicurezza, oggetto anche di uno dei quesiti referendari su cui saremo chiamati al voto l’8 e 9 giugno. La morte nel peggiore dei casi, ma anche infortuni e malattie professionali restano una piaga del nostro tempo cui il sindacato confederale non smette di far sentire la propria voce, con aziende e istituzioni e attraverso gli rls nei posti di lavoro.
Nel 2024, nell’area metropolitana milanese, si sono verificati 44 incidenti mortali (1 ogni 8 giorni) e si sono contate 36.464 denunce di infortunio (10 al giorno) e 670 denunce di malattia professionale (2 al giorno).
Il corteo del Primo Maggio a Milano – A Milano l’appuntamento è in corso Venezia (altezza via Palestro), alle ore 9.30, per la partenza del corteo che proseguirà verso piazza San Babila, corso Matteotti, piazza Meda, via Case Rotte per arrivare in piazza della Scala, dove si terranno gli interventi dei delegati e delle delegate e dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Luca Stanzione, Giovanni Abimelech, Enrico Vizza.
Gli interventi sul palco saranno moderati da Nicoletta Prandi, giornalista di Radio Lombardia.
Alle ore 12 chiuderà la festa un concerto dei Matrioska.
L’8 e 9 giugno 2025 le cittadine e cittadini saranno chiamati a votare per 5 Referendum. La Corte Costituzionale ha ritenuto ammissibili i 4 quesiti referendari sul lavoro, per i quali sono state raccolte oltre 4 milioni di firme, e il referendum sulla cittadinanza, depositato in Cassazione con 637 mila firme.
QUALI SONO I REFERENDUM?
I REFERENDUM SUL LAVORO
1. Stop ai licenziamenti illegittimi
Quesito:«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»
Il PRIMO dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Quesito:«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»
Il SECONDO riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
3. Riduzione del lavoro precario
Quesito:«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?»
Il TERZO punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.
4. Più sicurezza sul lavoro
Quesito:«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»
Il QUARTO interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.
REFERENDUM CITTADINANZA ITALIANA
5. Più integrazione con la cittadinanza italiana
Quesito:«Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»
Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.
Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.
Il termine era fissato per il 30 settembre. Ieri per i troppi accessi la piattaforma digitale del ministero della Giustizia è andata in tilt
Raggiunte le 500mila firme necessarie per convocare il referendum di modifica della legge sulla cittadinanza che punta a dimezzare da 10 a 5 gli anni necessari al cittadino straniero legalmente residente in Italia per ottenere la cittadinanza. Nelle ultime 24 ore c’è stato un vero e proprio boom di adesioni sul sito www.referendumcittadinanza.it. La deadline era fissata per il 30 settembre.
Esulta Riccardo Magi, segretario di +Europa: “Un risultato straordinario frutto di una mobilitazione popolare che siamo riusciti a suscitare insieme a tutti i promotori e a raccogliere attraverso la piattaforma pubblico per le firme digitali. Segno che l’urgenza di una riforma della cittadinanza è sentita ed è rimasta per anni senza risposta dal Parlamento. I cittadini sanno riconoscere la buona politica e hanno voglia di partecipare e mobilitarsi”. Ma ci tiene a far sapere di aver ricevuto anche oggi “segnalazioni da parte dei cittadini che non riescono a firmare. Serve un intervento urgente del governo. Il segnale di partecipazione forte dei cittadini è un segnale di vita della democrazia, il governo non deve avere paura”, aggiunge Magi.
Ieri sono state superate le 330mila sottoscrizioni dopo che sono arrivati anche 60mila clic in un’ora, secondo i promotori di +Europa. E proprio per i troppi accessi la piattaforma digitale del ministero della Giustizia, più volte, è andata in tilt e poi successivamente ripristinata. “Impossibile raggiungere il server“, la scritta che è apparsa a molti utenti pronti a firmare ma costretti ad aspettare e ad aggiornare più volte il sito. La piattaforma alla fine “ha raccolto complessivamente oltre 155.000 sottoscrizioni relative a tutti i quesiti referendari attualmente inseriti nel sistema“.
I sostenitori – Tanti, tantissimi, i personaggi del mondo della cultura, dello sport, dello spettacolo, dell’accademia, del giornalismo, sostenitori dell’iniziativa lanciata da diversi partiti (oltre a +Europa, anche Possibile, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano, Rifondazione Comunista), associazioni e sottoscritta anche da leader politici (e sindaci), compresi Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli,deputati dell’Alleanza Verdi e Sinistra che hanno firmato ieri. La segretaria del Pd Elly Schlein in un video sui social ha chiesto ai cittadini una firma per il referendum “contro l’autonomia differenziata, sul salario minimo, una legge di iniziativa popolare per dire che sotto i 9 euro all’ora non è lavoro, è sfruttamento e non può essere legale. E per il referendum sulla cittadinanza. Fatelo, vi prende due minuti in tutto: è importante“.
Per Pierfrancesco Majorino, responsabile Immigrazione nella segreteria nazionale del Pd, “l’esito straordinario della mobilitazione a sostegno del referendum sulla cittadinanza è una bellissima boccata d’ossigeno. C’è un’Italia che ha deciso di prendere parte a questa grande battaglia di civiltà che continueremo a sostenere con convinzione. La riforma della cittadinanza non può più attendere. Con questo spirito abbiamo ultimato una proposta di legge organica e siamo pronti, come ribadiamo da mesi, a fare di tutto in Parlamento per sostenere tutti i tentativi di modifica della legge esistente – conclude Majorino – a mobilitazione democratica e civile di questi giorni è un segnale chiarissimo per il riconoscimento dei diritti e contro ogni discriminazione“. Anche Matteo Renzi è della partita. “In una settimana dobbiamo arrivare a mezzo milione. Mi farebbe piacere che il popolo delle Enews desse un aiuto a raggiungere l’obiettivo. Io firmerò online“.
In campo anche molti vip. Come l’attrice Kasia Smutniakche sui social ha coinvolto gli utenti: “Entro 30 settembre abbiamo la possibilità di fare qualcosa di concreto. Bisogna raccogliere 500.000 firme. Due minuti del tempo per esercitare l’unico potere che abbiamo come i cittadini, il voto”.
Un appello che si aggiunge a quelli di Zerocalcare e Ghali. Il fumettista in un video ha chiesto di “riportare un po’ di giustizia e consentire a chi sta in Italia, vive e ha relazioni qui, di avere gli stessi diritti degli altri”; il cantante sui social ha invitato a firmare il referendum sulla cittadinanza perché “abbiamo bisogno di tutti noi, ora” (pubblicando in bio il link a cui collegarsi per dare la propria adesione e postandolo anche in una storia con il contatore delle firme).
Come si firma – Per sottoscrivere il referendum basta andare sul sito www.referendumcittadinanza.it con lo SPID. Da lì ci si collega al portale del ministero della Giustizia e in pochi click si firma con tanto di ricevuta. Altrimenti si può votare ai banchetti dei promotori o nelle loro sedi, basta avere con sé un documento d’identità.
Come si firma – Per sottoscrivere il referendum basta avere lo spid e collegarsi al sito www.referendumcittadinanza.it Da lì ci si collega al sito del ministero di Giustizia e in pochi click si firma con tanto di ricevuta. Altrimenti si può votare ai banchetti dei promotori o nelle loro sedi, basta avere con sé un documento d’identità.
Gli obiettivi – La normativa in vigore stabilisce che la cittadinanza italiana possa essere concessa al cittadino straniero legalmente residente nel territorio della Repubblica da almeno 10 anni. Il presente quesito propone di dimezzare tale termine, riportandolo a 5 anni, com’era previsto dalla legislazione prima del 1992 e com’è stabilito in diversi altri Stati Ue.
Ai fini della concessione della cittadinanza, oltre alla residenza ininterrotta in Italia (che questo referendum propone di ridurre a 5 anni) resterebbero invariati gli altri requisiti già stabiliti dalla normativa vigente e dalla giurisprudenza, quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica.
In Italia le persone in possesso di questi requisiti che potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente (figli minori conviventi) dell’intervento proposto sono circa 2,5 milioni.
Il quesito – Il quesito che ci sarà sulla scheda qualora vengano raccolte 500 mila firme e la Corte Costituzionale lo giudichi ammissibile, sarà il seguente: “Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione“; nonche é la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?».
Cose serve perché il referendum sia valido – Perché il referendum sia valido deve essere raggiunto il quorum di validità e cioè devono partecipare alla votazione il 50% più uno degli aventi diritto. Perché la norma oggetto del referendum stesso sia abrogata deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
Domenica 12 giugno, si torna alle urne per votare sui cinque referendum abrogativi: dalle misure di custodia cautelare, alle funzioni delle carriere dei magistrati. Ecco cosa si andrà a votare
Domenica si vota per cinque referendum, tutti incentrati sul tema della giustizia. Si va dalle misure di custodia cautelare alle funzioni delle carriere dei magistrati fino all’incandidabilità di persone già condannate. Si tratta di referendum abrogativi, e quindi di una consultazione popolare per capire se gli italiani vogliono mantenere alcune norme già presenti oppure le vogliono cancellare dal nostro ordinamento. Quindi, chi vuole mantenerle voterà No, chi vorrà cambiarle voterà Sì. Sia chiaro, come ogni referendum, anche questi per essere validi dovranno raggiungere il cosiddetto quorum, e cioè dovrà andare al voto almeno il 50%+1 degli elettori. In caso contrario il singolo referendum non avrà valore. Ecco l’analisi dei quesiti, punto per punto, colore per colore
Solo il 30 per cento sa che si voterà, i temi sono complessi e le urne saranno aperte un solo giorno. Ecco perché ancora una volta i cinque quesiti sono in bilico. I radicali: il solito modo dei partiti per fermare la democrazia
Cinque domande sulla giustizia non facili da capire. Il traino dei quesiti sul fine vita e sulla legalizzazione delle droghe leggere azzoppato dalla Corte costituzionale che li ha giudicati improponibili. La chiamata alle urne spinta dai consigli regionali guidati dal centrodestra, seppur sostenuta dall’onda delle firme popolari. La coincidenza con una tornata di voto amministrativo che interessa poco meno di mille comuni e nove milioni di elettori. Almeno sulla carta, perché la fuga dalla partecipazione racconta che ai seggi ci andranno poco più della metà.
I sondaggi – I sondaggisti che dicono che solo il trenta per cento dei cittadini sanno che si voterà e per cosa. Sempre i sondaggisti avvertono che la cifra è addirittura esagerata perché tanti dicono che sanno di cosa si tratta anche se non è vero. Un quorum imponente, oltre 25 milioni di schede, perché la consultazione sia valida. Un fronte del “no” che con grande probabilità si guarderà bene di fare più di tanto campagna di informazione e affiderà le sue truppe al generale Astensione. Una parte del fronte del “sì” non del tutto convinto di metterci la faccia per il timore di perderla se voteranno in pochi, soprattutto in vista delle elezioni politiche in inesorabile avvicinamento. Uno strumento di democrazia popolare, il referendum, sempre difficile da far funzionare: se furono l’87 per cento gli italiani che andarono a votare per difendere la legge sul divorzio, negli anni l’istituto ha mostrato segni di invecchiamento. Confronti in tv, alla radio e sui giornali che stentano e non si annunciano come campioni di share.
Voto ristretto – Una sola giornata per votare, il 12 giugno, dalle 7 alle 23. L’estate a un passo, il mare, le scuole chiuse.Portare a casa il quorum pare un’impresa spericolata, da far impallidire i trecento di Leonida. Giulia Bongiorno, senatrice leghista, è uno degli avvocati più conosciuti nel Paese. La Lega, insieme ai Radicali, è il partito che più si è speso per arrivare a sottoporre i temi della giustizia al giudizio popolare, attraverso i referendum. «Ho visto raramente un silenzio così assordante su una consultazione, per di più su quesiti che riguardano la vita di ognuno di noi», dice. «Un esempio per tutti: la separazione delle carriere. In un processo ci sono tre attori: il giudice, il pubblico ministero, che sostiene l’accusa, l’avvocato. Solo che giudice e pm appartengono allo stesso ordine. Con una metafora calcistica si può dire l’arbitro ha la stessa maglia di una delle parti. È un sistema che mina l’imparzialità del giudice. Tanto più con una magistratura preda delle correnti: se un pm fa parte di una corrente potente può anche condizionare la carriera di chi giudica. Sa che cosa mi chiedono i clienti? Ma il giudice, di quale corrente fa parte?». continua a leggere
abrogativi ex art. 75 della Costituzione indetti con decreti del Presidente della Repubblica del 6 aprile scorso per il giorno di domenica 12 giugno 2022.
Nel dettaglio, avranno i seguenti colori:
scheda di colore rosso per il Referendum n. 1: abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;
scheda di colore arancione per il referendum n. 2: limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale;
scheda di colore giallo per il referendum n. 3: separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati;
scheda di colore grigio per il Referendum n. 4 : partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte;
scheda di colore verdeper il Referendum n. 5: abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.
Il corpo elettorale comprensivo anche degli elettori residenti all’estero, desunto dalla rilevazione semestrale 31.12.2021, è pari a 51.533.195 di cui: 25.039.273uomini e 26.493.922 donne.
Per i giudici della Corte costituzionale “non sarebbe preservata la difesa minima costituzionalmentenecessaria dell’esistenza umana, con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili. Le reazioni: Mina Welby parla di “stilettata al cuore”, per Letta “il Parlamento ora approvi la legge”, secondo Salvini “la bocciatura non è mai una buona notizia”
La Corte costituzionale dichiara inammissibile il referendum sull’eutanasia, primo degli otto quesiti presi in esame oggi. “La Corte costituzionale si è riunita oggi in camera di consiglio per discutere sull’ammissibilità del referendum denominato Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente) – si legge in una nota della Consulta – In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni”. continua a leggere