Quattro aerei dirottati, 19 terroristi, quasi tremila vittime sono i numeri dell’attacco terroristico che colpì al cuore gli Stati Uniti
11 settembre 2001: come l’attentato alle Torri Gemelle ha cambiato la storia dell’Occidente
Il mattino dell’11 settembre 2001, diciannove terroristi di al-Qaida presero il comando di quattro aerei di linea in viaggio verso la California. I dirottatori condussero due Boeing 767 a schiantarsi contro le Torri Nord e Sud del Worls Trade Center. Il primo velivolo, il volo American Airlines 11, si schiantò contro la Torre Nord, tra il 93° e il 99° piano, alle 8.46. Il secondo, il volo United Airlines 175, colpì la Torre Sud tra il 78° e l’84° piano alle 9:03. 56 minuti dopo l’impatto il grattacielo crollò su se stesso in diretta tv mondiale a causa delle fiamme. Alle 10.28 anche il primo edifico colpito collassò: furono così cancellate dallo skyline di New York le inconfondibili Torri Gemelle. Il terzo aereo, il volo American Airlines 77, si schiantò contro il Pentagono. Il quarto volo, lo United Airlines 93, con cui i terroristi volevano colpire il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, precipitò vicino Shanksville in Pennsylvania. Dalla registrazione delle scatole nere è emerso che i passeggeri e i membri dell’equipaggio tentarono, senza riuscirci, di riprendere il controllo del velivolo. Il bilancio degli attentati sarà di 2996 morti, 6400 feriti e 24 dispersi.
Le commemorazioni del 24esimo anniversario – Gli americani commemorano oggi i 24 anni dagli attacchi dell’11 settembre 2001 con cerimonie solenni e e altri tributi in onore delle vittime. Molti dei familiari delle quasi 3.000 persone uccise si uniranno a politici alle commemorazioni di giovedì a New York, al Pentagono e a Shanksville, in Pennsylvania. Le commemorazioni si svolgono in un momento di crescenti tensioni politiche.
L’anniversario dell’11 settembre, spesso promosso come giornata di unità nazionale, arriva infatti il giorno dopo l’uccisione dell’attivista conservatore Charlie Kirk mentre parlava in un college nello Utah. L’uccisione di Kirk dovrebbe portare a ulteriori misure di sicurezza intorno alla cerimonia dell’anniversario dell’11 settembre al World Trade Center di New York.
A Ground Zero, nella parte bassa diManhattan, i nomi delle vittime dell’attacco saranno letti ad alta voce dai familiari delle vittime durante una cerimonia alla quale parteciperanno il vicepresidente JD Vance e sua moglie Usha. Momenti di silenzio segneranno gli attimi esatti in cui gli aerei dirottati hanno colpito le iconiche torri gemelle del World Trade Center, così come il momento in cui i grattacieli sono crollati.
Al Pentagono, in Virginia, saranno onorati i 184 militari e civili uccisi quando i dirottatori hanno fatto schiantare un aereo di linea contro il quartier generale dell’esercito statunitense. Il presidente Donald Trump e la first lady Melania Trump parteciperanno alla cerimonia. In un campo rurale vicino a Shanksville, in Pennsylvania, una cerimonia simile, caratterizzata da momenti di silenzio, dalla lettura dei nomi e dalla deposizione di corone di fiori, onorerà le vittime del volo 93, l’aereo dirottato che si è schiantato dopo che i membri dell’equipaggio e i passeggeri hanno cercato di assaltare la cabina di pilotaggio. Alla cerimonia parteciperà il segretario agli Affari dei veterani Doug Collins.
Poco dopo le 9 di mercoledì (le 15 italiane) Cuba è rimasta completamente senza elettricitàper la quinta volta in meno di due anni. Il ministero nazionale per l’Energia ha parlato di un «collasso totale della rete elettrica» dovuto a un guasto alla centrale Antonio Guiteras, la più grande del paese, circa 90 chilometri a est della capitale L’Avana. Già nei giorni scorsi c’erano stati estesi blackout nella parte orientale dell’isola, quella più povera e fuori dalle rotte turistiche.
A Cuba, che ha circa 11 milioni di abitanti, situazioni di questo tipo non sono una novità. Lo scorso febbraio a causa di un blackout le scuole del paese erano rimaste chiuse per due settimane; a ottobre l’elettricità era mancata diversi giorni a causa dell’interruzionedella produzione di energia sempre nella centrale Antonio Guiteras. La crisi energetica dipende soprattutto da centrali obsolete, infrastrutture fatiscenti e dalla riduzione delle importazioni di petrolio dal Venezuela; in più negli ultimi anni la situazione è peggiorata ulteriormente a causa del passaggio di due uragani. Per risolvere i blackout più recenti ci sono sempre voluti diversi giorni.
Vanno avanti da tempo e hanno causato il blackout di questi giorni: le centrali sono vecchie e maltenute, e il governo non riesce a reperire abbastanza petrolio
Una casa all’Avana (AP Photo/Ramon Espinosa)
Dallo scorso venerdì pomeriggio l’isola di Cubaè senza corrente elettrica, a causa di due blackout generali che hanno causato interruzioni e problemi soprattutto nella parte occidentale dell’isola, quella della capitale L’Avana. Negli ultimi anni blackout parziali, anche di molte ore, sono stati ricorrenti a Cuba, tanto da essere considerati quasi la norma. Un’interruzione così estesa e prolungata della corrente però non succedeva da tempo, ed è dovuta a ragioni strutturali che potrebbero non risolversi rapidamente, nonostante le parziali rassicurazioni offerte dal governo.
I problemi alla rete elettrica sono uno dei tanti aspetti dell’enorme crisi di Cuba, la più grave dal 1959, quando ci fu la rivoluzione con cui Fidel Castro instaurò un regime comunista sull’isola. La crisi va avanti ormai da alcuni anni e rende difficile il reperimento di cibo, materiale edile e beni di prima necessità. Anche la rete idrica è inefficiente,con prolungate e ricorrenti interruzioni della fornitura d’acqua in varie zone del paese.
La crisi della rete elettrica è provocata da diversi fattori: un numero insufficiente di centrali elettriche e il cattivo stato di quelle presenti, tutte molto vecchie e maltenute; varie difficoltà nel reperire il petrolio necessario per farle funzionare e un aumento della domanda di elettricità da parte della popolazione. Sono problemi strutturali a cui il governo cubano sta dando risposte insoddisfacenti: negli ultimi anni, per esempio, ha definito un piano per costruire 31 centrali alimentate da energia solare, ma ci sarà bisogno di almeno uno o due anni perché le prime inizino a funzionare.
La rete elettrica cubana si basa principalmente su otto grandi centrali termoelettriche, che furono costruite oltre cinquant’anni fa e che non vengono sottoposte a una vera manutenzione da almeno 15 anni. Gli unici interventi che vengono praticati sono quelli per risolvere i guasti ricorrenti, ma si tratta di soluzioni di emergenza, insufficienti e spesso temporanee. Al momento sette delle otto centrali sono interessate da “lavori di ripristino”, complicati dalla cronica assenza di fondi.
Il blackout all’Avana e un ristorante con un generatore proprio (Nick Kaiser/dpa)
Come ha raccontato il New York Times, negli anni Settanta il regime comunista definì un progetto per costruire una centrale nucleare sull’isola: Fidel Castro mandò il suo primo figlio, Fidel Castro Díaz-Balart, a studiare fisica nucleare a Mosca, in Russia. Tornato a Cuba, a partire dal 1980 guidò il piano per la costruzione di una centrale a Juragua, nella provincia di Cienfuegos, sulla costa meridionale dell’isola: avrebbe dovuto fornire il 20 per cento del fabbisogno energetico dell’isola. In oltre un decennio di lavori fu costruita la struttura esterna di un primo reattore, ma l’opera fu poi abbandonata nel 1992, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che era il principale partner dell’operazione. Negli anni seguenti ci sono stati vari tentativi di riprendere i lavori, con soci esteri privati, che però non hanno mai superato le fasi “esplorative”.
Già dal 2006 Cuba iniziò ad avere problemi di blackout e produzione insufficiente di energia. Allora Fidel Castro definì le centrali termoelettriche dell’isola «preistoriche» e decise di importare un gran numero di grossi generatori alimentati a diesel e benzina, che rifornivano i piccoli centri e le zone rurali. La rete attuale si basa per una parte consistente su questi generatori, che dipendono dalla fornitura di petrolio.
Nel 2018 inoltre Cuba firmò un accordo con la Turchia per la fornitura di enormi navi che funzionano come centrali elettriche mobili e galleggianti: inizialmente erano tre, nel 2022 sono diventate sette e sono ancorate nella baia dell’Avana. Anche queste sono alimentate a petrolio e gli accordi prevedevano che fosse il governo cubano a fornirlo. In questi mesi almeno alcune delle navi hanno spesso interrotto la produzione per mancanza di petrolio.
(AP Photo/Ramon Espinosa)
Cuba infatti sta faticando a importare il petrolio di cui avrebbe bisogno: il paese produce autonomamente 40mila dei 120mila barili del suo fabbisogno giornaliero, ma secondo alcuni esperti citati dal New York Times il petrolio cubano contiene una quantità alta di zolfo e metalli che possono compromettere il processo di combustione termoelettrica. Fino a pochi anni fa il resto del petrolio necessario arrivava principalmente dal Venezuela, con piccole quote da Messico e Russia.
Negli ultimi anni le importazioni dal Venezuela sono notevolmente calate: circa un decennio fa il paese inviava sull’isola 130mila barili di petrolio al giorno, a prezzi molto ridotti. Era una specie di sussidio che il Venezuela forniva a un paese politicamente vicino, in un periodo in cui la sua economia sembrava poter sostenere lo sforzo. L’attuale crisi economica del Venezuela, particolarmente grave e per certi versi simile a quella cubana, ha limitato fortemente quegli “aiuti”: al momento arrivano dal Venezuela circa 25 o 30mila barili al giorno, un terzo del necessario, in parte perché la produzione venezuelana si è ridotta, in parte perché i costi sono aumentati e solo per questa quota ammontano all’equivalente di 600 o 700 milioni di euro l’anno.
Un altro fattore che sta mettendo in difficoltà la già fragile rete elettrica cubana è l’aumento notevole della richiesta: nell’ultimo anno è molto cresciuto il numero di piccole e medie imprese sull’isola, dopo l’apertura all’iniziativa privatadiventata effettiva di fatto nel 2021. Secondo il primo ministro Manuel Marrero Cruz queste imprese consumano quantità di energia elettrica elevate, tanto che i costi verranno aumentati per la categoria.
L’aumento della domanda è la ragione che il governo cubano sta citando più spesso per provare a giustificare i blackout, insieme alla difficoltà di reperire il petrolio a causa dell’embargo statunitense, perché implicano minori responsabilità (dagli anni Sessanta gli Stati Uniti impongono un duro embargo sui commerci con Cuba, che negli anni ha reso molto complicato trovare beni di consumo sull’isola).
Oltre alle aziende private, negli ultimi anni a Cuba è aumentato anche il numero di generatori e condizionatori inviati sull’isola dai tanti cubani emigrati negli Stati Uniti (più di 850mila dal 2022). Secondo i dati del Consiglio economico e commerciale tra Stati Uniti e Cuba, nel 2024 i cubani hanno importato condizionatori per un valore complessivo di 1 milione di dollari e generatori per 200mila dollari: i generatori vengono utilizzati anche per le pompe elettriche con cui spesso si sopperisce ai problemi della rete idrica, mentre i condizionatori hanno contribuito alla crescita della domanda di corrente e al sovraccarico della rete.
Infine, un’altra causa indicata dal governo per la crisi attuale sono gli effetti del passaggio dell’uragano Milton, a metà ottobre, che ha complicato ulteriormente gli approvvigionamenti di petrolio e altro carburante. Nel 2022 inoltreun enorme incendiodistrusse il 40 per cento del principale centro di stoccaggio del petrolio dell’isola, a Matanzas.
A Cuba per decisione del governo tutti gli esercizi commerciali non necessari e i centri ricreativi come le discoteche sono chiusi dallo scorso sabato, mentre le attività culturali e le lezioni nelle scuole sono sospese fino almeno a lunedì. Gli ospedali stanno continuando a funzionare grazie a generatori propri, così come gli hotel più moderni. Sono stati annunciati lavori straordinari con l’obiettivo di evitare nuovi blackout generali, ma anche alcuni esponenti del governo hanno ammesso di non poterli escludere per il prossimo futuro.
Manifestanti chiedono la fine dell’austerità durante una manifestazione del collettivo “Bloquons tout” (Blocca tutto) a Montpellier, Francia, 10 settembre 2025. In segno di protesta contro il bilancio di austerità del governo uscente, un collettivo online chiamato “Bloquons Tout” ha invitato tutti a bloccare l’intero Paese il 10 settembre con azioni simboliche. EPA/GUILLAUME HORCAJUELO
Giornata di forti tensioni politiche e sociali in Francia, con massicce proteste antigovernative che hanno fatto da sfondo all’insediamento del nuovo primo ministro, Sébastien Lecornu, il quinto nominato in due anni da Emmanuel Macron.
Il ministero dell’Interno francese ha reso noto che da questa mattina sono stati registrati almeno 327 arresti in tutto il Paese nell’ambito delle manifestazioni indette dal movimento ’Bloquons Tout’. Lo riporta l’emittente Bfmtv. In una conferenza stampa, Laure Beccuau, procuratrice generale di Parigi, ha riferito che nella capitale sono stati registrati 199 arresti, 99 dei quali hanno portato alla custodia cautelare da parte della polizia.
Lecornu, fedelissimo del presidente e fino a ieri ministro della Difesa, ha assunto ufficialmente l’incarico a mezzogiorno, incontrando il suo predecessore Francois Bayrou, sfiduciato dall’Assemblea Nazionalelunedì per il piano di rigore volto a ridurre il deficit.
Nel suo primo giorno a Matignon, Lecornu ha promesso una “rottura profonda” con il passato, dichiarando che presenterà nei prossimi giorni la sua visione politica, che – a suo dire – sarà diversa “non solo nel metodo, ma nella sostanza”. Tuttavia, la strada si preannuncia in salita: il partito della sinistra radicale France Insoumise (LFI) ha già annunciato una mozione di sfiducia, al momento senza il sostegno di altri gruppi parlamentari.
Intanto, le piazze di tutta la Francia si sono riempite di manifestanti, in segno di opposizione al presidente Macron e alla sua linea di governo. La mobilitazione, lanciata da una coalizione informale di gruppi di sinistra ha portato a circa 300 arresti e a scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha parlato di “tolleranza zero” verso ogni forma di violenza, ordinando la mobilitazione di 80.000 agenti su tutto il territorio.
In Francia le proteste dei “Bloquons Tout”
Il tentativo di “bloccare tutto”, come annunciato dagli organizzatori, è riuscito solo in parte.Treni ad alta velocità e metropolitana a Parigi hanno funzionato regolarmente, ma numerose scuole sono state bloccate, così come diverse strade, linee ferroviarie e caselli. A Parigi, i manifestanti hanno alzato barricate con cassonetti, bloccato licei, ostacolato il traffico e lanciato rifiuti contro la polizia. In mattinata, circa 1.000 persone hanno cercato di entrare nella Gare du Nord, ma sono state respinte dalle forze dell’ordine.
Altre città hanno vissuto momenti di forte tensione. A Lione, i manifestanti hanno bloccato una via principale e dato fuoco a cassonetti. A Nantes, la polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni per disperdere la folla. A Marsiglia, circa 200 manifestanti sono stati fermati mentre cercavano di bloccare una delle arterie principali della città.
Chiuso Museo d’Orsay e parte del Louvre – Chiuso a Parigi il Musée d’Orsay nonché una parte del Museo del Louvre. “A causa di un movimento sociale nazionale il Musée d’Orsay è chiuso oggi 10 settembre. Vi preghiamo di scusarci per il disagio”, si legge in un messaggio pubblicato sul profilo X della celebre istituzione parigina che ospita i capolavori dell’Impressionismo. Un simile messaggio è stato pubblicato sui social del Louvre: “Cari visitatori, a causa di un movimento sociale alcune sale del Museo del Louvre sono eccezionalmente chiuse” scrive il museo più grande al mondo, aggiungendo che anche il piccolo Museo Delacroix,che dipende dal Louvre, è stato chiuso oggi a causa delle proteste. Disagi anche alla Biblioteca Nazionale di Francia (Bnf), con la limitazione degli orari di alcuni spazi come la Salle Labrouste,sprangata per tutto il pomeriggio.