La gara, inizialmente in programma alle 21, è posticipata a data da destinarsi a causa della scomparsa del dottor Carles Minarro Garcia: lo ha comunicato il club sui propri social
Barcellona-Osasuna non si gioca ed è rinviata a data da destinarsi. La decisione è stata presa dalla Liga in accordo coi due club a causa della morte improvvisa di Carles Miñarro Garcia, medico sociale del club blaugrana. Questo il testo del comunicato diffuso dal Barcellona pochi minuti prima delle 21, quando era previsto il fischio d’inizio della gara: “La Giunta Direttiva e tutti i dipendenti del club desiderano esprimere le loro più sincere condoglianze alla famiglia e agli amici del dottor Carles Miñarro Garcia e condividere i loro sentimenti in questo momento difficile“.
CHI ERA Carles Miñarro Garcia – La scomparsa del dottore a poche ore dall’inizio della gara ha evidentemente scosso i giocatori blaugrana, che hanno subito spinto per il rinvio. Carles Miñarro Garcia aveva 40 anni ed era entrato nello staff della prima squadra in questa stagione, proveniente dalla formazione di futsal del club.
Contrasse il virus ad aprile del 2020, nel pieno della prima ondata
La Repubblica Firenze questa mattina riporta che il Tribunale di Firenze ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata dalla moglie di Giandomenico Iannucci, il primo medico deceduto per Covid in Toscana.
Come spiega il quotidiano, quello del dottor Iannucci, che operava come medico di famiglia tra Scarperia e San Piero, non può essere considerato un infortunio sul lavoro, nonostante il fatto che la malattia fu contratta in occasione dello svolgimento delle proprie mansioni.
Nel riassumere la vicenda processuale, Repubblica spiega che per i giudici non si può parlare di infortunio sul lavoro, poiché mancano i requisiti della “violenza esterna” e “dell’evento traumatico” che determina una lesione esterna riscontrabile: nel caso del dottor Iannucci, i sintomi della malattia si erano manifestati dopo qualche giorno.
Inoltre, in quanto medico di famiglia, e quindi libero professionista, il dottor Iannucci non rientrava nelle coperture introdotte dal Governo a tutela dei sanitari impegnati, a quei tempi, in una lotta serrata contro il virus, ed era quindi coperto solo ed esclusivamente da assicurazione privata.
La decisione ha lasciato molta amarezza nella famiglia del medico, che per mezzo del proprio legale ha già annunciato di star valutando il ricorso: Repubblica spiega che in Italia diversi casi simili sono stati risolti in maniera contraria a quanto fatto dal tribunale di Firenze, e quindi la speranza è di ribaltare l’esito del primo grado.
Il celebre attore, due volte premio Oscar, è deceduto per problemi di cuore una settimana circa dopo che lei sarebbe deceduta per un’infezione da Hantavirus
Gene Hackman aveva l’Alzheimer in una fase avanzata ed è morto per una combinazione di ipertensione e una grave malattia cardiaca, probabilmente il 18 febbraio. Il celebre attore americano è stato ritrovato ormai deceduto, insieme alla moglie, il 26 febbraio scorso: i loro corpi sono stati trovati in stanze diverse della loro casa di Santa Fe, in New Mexico.
La moglie, Betsy Arakawa, 65 anni, sarebbe morta a causa di un sindrome polmonare da hantavirus, un virus che si trasmette all’uomo attraverso il contatto con roditori infetti. Non c’erano segni di trauma e la morte è arrivata per cause naturali.
La ricostruzione – Non una scena da film giallo ma dell’orrore, una tragedia che ha combinato malattie e solitudine di una coppia che negli ultimi tempi aveva deciso di vivere isolata, senza contatti da mesi e mesi anche con familiari e parenti. Le cause del duplice decesso scoperto il 26 febbraio, che fin dall’inizio era stato definito “sospetto“, sono state rese note nel corso di una conferenza stampa venerdì 7 marzo a Santa Fe dallo sceriffo della contea, Adan Mendoza, dal capo dei vigili del fuoco della locale caserma, Brian Moya, e dai funzionari dell’Ufficio dell’investigatore medico e del Dipartimento della salute del New Mexico.
L’attore Gene Hackman, 95 anni, due volte premio Oscar, e la pianista classica Betsy Arakawa sono stati trovati il 26 febbraio in stanze separate della loro casa: nessuno dei due mostrava segni di traumi esterni e subito lo sceriffo aveva escluso la pista dell’omicidio. Anche un avvelenamento da monossido di carbonio, causato da una fuga di gas, è stato escluso rapidamente dalle indagini tecniche e dagli accertamenti medico-legali.
L’autopsia di Hackman ha mostrato incipienti segni del morbo di Alzheimer e il medico legale Heather Jarrell hanno spiegato che “potrebbe non aver saputo che la moglie era morta” mentre era sopravvissuto nella loro casa per almeno una settimana a causa della demenza. La dottoressa Jarrell ha detto che è difficile sapere molto sullo stato mentale del leggendario attore prima o dopo la morte della moglie, ma ha rivelato che era in un “pessimo stato di salute” e che non c’era cibo nel suo stomaco. Non era disidratato al momento della morte.
Almeno una settimana prima di quella che si ritiene essere la data del decesso di Gene Hackman, la moglie è morta di sindrome polmonare da hantavirus, una grave malattia respiratoria causata dagli hantavirus, una famiglia di virus trasmessi all’uomo attraverso il contatto con roditori infetti. I sintomi dell’hantavirus compaiono in genere da una a otto settimane dopo l’esposizione; i primi sintomi possono assomigliare o essere confusi con l’influenza. La malattia può progredire rapidamente e provocare gravi crisi respiratorie, abbassamento della pressione sanguigna e insufficienza d’organo. L’autopsia dell’attore non ha mostrato segni di infezione da hantavirus.
Nel pomeriggio dell’11 febbraio, Betsy Arakawa, ha reso noto lo sceriffo Mendoza, è stata filmata dalle telecamere di sorveglianza mentre faceva acquisti presso una parafarmacia della catena Cvs, un mercato locale e un negozio di cibo per animali a Santa Fe. Le e-mail sul suo computer della moglie non sono state aperte dopo quella data. “Non ci sono state altre comunicazioni in uscita da parte sua o attività note dopo l’11 febbraio, informazioni sul telefono cellulare“, ha precisato lo sceriffo, affermando che l’ultima conversazione è stata con un massaggiatore in quella data e che questo è l’ultimo giorno in cui Betsy ha comunicato con qualcuno al di fuori della sua casa. “Stiamo lavorando con la polizia federale per ottenere le informazioni” dai due telefoni sequestrati durante la perquisizione dopo il ritrovamento dei due cadaveri “ma la nostra indagine mostra che tutte le ultime comunicazioni e attività conosciute sono ferme all’11 febbraio“.
Uno dei tre cani della coppia, un mix di Kelpie australiano di nome Zinnia, è stato trovato morto in una gabbia posta in una stanza adiacente al bagno in cui è stato scoperto il corpo di Betsy Hackman. Zinnia era stata sottoposta a un intervento chirurgico di recente e i veterinari hanno dichiarato di ritenere che questo spieghi il motivo per cui la cucciola era tenuta in gabbia e lontana dagli altri due animali presenti in casa, i due pastori tedeschi della coppia, ritrovati invece vivi. L’indagine sulla morte della coppia è iniziata il 26 febbraio con la scoperta degli Hackman e del loro cane nella residenza in maniera causale da due addetti alla manutenzione della casa. I rapporti della polizia indicano che Gene Hackman non parlava con le figlie da mesi e che Betsy aveva interrotto le telefonate settimanali con l’anziana madre residente alle Hawaii senza fornire alcuna giustificazione.
Cos’è l’hantavirus – “Probabilmente da virus Sin Nombre (scoperto nel 1993 a seguito di un focolaio nella regione dei Four Corners, al confine fra Arizona, Colorado e New Mexico). L’infezione, acquisita tramite inalazione di aerosol di escrementi di topi, può causare una grave sindrome polmonare, caratterizzata da un alto tasso di letalità, ed è endemica in alcune zone degli Stati Uniti“. Lo spiega su Facebook l’infettivologo Gianni Rezza, già direttore della Prevenzione del ministero della Salute e oggi professore di Igiene all’Università Vita-Salute S. Raffaele di Milano.
Il virus Sin Nombre è la causa più comune della sindrome polmonare da hantavirus nel Nord America. Il virus Sin Nombre (famiglia hantavirus) viene trasmesso principalmente dal topo cervo orientale. Gli hantavirus sono presenti in tutto il mondo nei roditori selvatici, che li eliminano per tutta la vita nella saliva, nelle urine e nelle feci. La trasmissione si verifica fra roditori. La trasmissione agli umani avviene attraverso l’inalazione di aerosol provenienti dagli escrementi dei roditori o, raramente, attraverso morsi di roditori. La trasmissione interumana può verificarsi con il virus delle Ande. Le infezioni acquisite sia per via naturale che in laboratorio stanno diventando sempre più diffuse.
Le fiamme sono divampate nel pomeriggio di venerdì
L’incendio (Vvff)
Incendio a una fabbrica di materassi a Gorla Minore (Varese), in via Ambrogio Colombo. Le fiamme, visibili anche a una certa distanza, sono divampate venerdì 7 marzo nel pomeriggio, e hanno interessato un capannone con materiali altamente infiammabili. Sul posto varie squadre dei vigili del fuoco del comando di Varese, ma anche da Como e Milano.
Le squadre stanno eseguendo le operazioni di spegnimento e lavorano per limitare i danni ed evitare che l’incendio si propaghi alle attività vicine, nonché per mettere in sicurezza l’area. Nessuno sarebbe rimasto ferito, da quanto si apprende. Dopo circa un’ora, la situazione è migliorata nel retro dell’azienda, dove era scoppiato il focolaio più consistente.
Le fiamme dal tetto – L’incendio si sarebbe propagato dal tetto ai locali sottostanti. Il fatto che la ditta produca materassi rende l’incendio più difficile da spegnere, per via delle materie di produzione presenti, infiammabili.
La giornata dell’8 marzo viene comunemente chiamata “Festa della donna”. È più corretto però chiamarla col suo nome ufficiale, Giornata internazionale della donna, visto che oltre che una celebrazione dell’importanza dei diritti delle donne e delle conquiste sociali,politiche ed economiche ottenute, è soprattutto una ricorrenza in cui si richiama l’attenzione sulle disuguaglianze di genere ancora esistenti, sugli stereotipi e le discriminazioni, sulla violenza, sui carenti diritti riproduttivi, e così via.
Non è sempre stata l’8 marzo. La Giornata internazionale della donna fu celebrata per la prima volta il 28 febbraio 1909 negli Stati Uniti su iniziativa del Partito socialista americano. Erano anni di grande fermento negli ambienti femminili, in cui l’oppressione e la disuguaglianza stavano spingendo le donne a diventare più esplicite e attive nella campagna per il cambiamento: l’anno prima, nel 1908, 15mila donne avevano marciato per New York chiedendo orari di lavoro ridotti, una paga migliore e, soprattutto, diritto di voto.
Nel 1910 l’iniziativa della Giornata internazionale della donna fu ripetuta e in estate la questione fu portata all’attenzione dell’VIII Congresso dell’Internazionale socialista, organizzato a Copenaghen. In quell’occasione Clara Zetkin, politica del Partito socialdemocratico in Germania, propose di istituire ufficialmente una Giornata internazionale della donna, da festeggiare ogni anno lo stesso giorno: non fu però trovato l’accordo per decidere la data.
Negli Stati Uniti venne mantenuta l’ultima domenica di febbraio, mentre in altri stati come Germania, Danimarca e Svizzera, la Giornata della donna fu legata all’anniversario di particolari eventi storici e fu celebrata tra il 18 e il 19 marzo del 1911. Altri paesi organizzarono negli anni seguenti le loro feste della donna.
Negli anni si sono diffuse leggende e storie infondate sulla nascita della Giornata internazionale della donna. Una delle più comuni è quella secondo cui fu istituita per ricordare un incendio che uccise centinaia di operaie di una fabbrica di camicie a New York l’8 marzo 1908. Quest’incendio non avvenne mai, in realtà: ce ne fu uno il 25 marzo del 1911 nel quale morirono 140 persone, soprattutto donne immigrate italiane e dell’Europa dell’Est, ma non fu davvero all’origine della festività, anche se l’episodio divenne uno dei simboli della campagna in favore dei diritti delle operaie. Allo stesso modo non è vero – come sostiene un’altra versione – che la Giornata internazionale della donna viene celebrata per ricordare la dura repressione di una manifestazione sindacale di operaie tessili organizzata sempre a New York nel 1857.
La prima festa della donna a essere celebrata un 8 marzo fu quella del 1914, forse perché quell’anno era una domenica. Nel 1917 ci fu invece un’altra manifestazione, sempre l’8 marzo, nella quale le donne della capitale dell’impero zarista russo, San Pietroburgo, protestarono per chiedere la fine della Prima guerra mondiale. Quattro giorni dopo lo zar abdicò – l’Impero attraversava da tempo una profondissima crisi – e il governo provvisorio concesse alle donne il diritto di voto: quella delle donne di San Pietroburgo fu una delle prime e più importanti manifestazioni della Rivoluzione di febbraio (perché, per il calendario giuliano all’epoca in vigore in Russia, avvenne il 23 febbraio). Dopo la rivoluzione bolscevica, nel 1922 Vladimir Lenin istituì l’8 marzo come festività ufficiale.
In Italia fino agli anni Settanta l’8 marzo è sempre stato considerato una festa di sinistra, strettamente legata al partito socialista e al partito comunista: per questa ragione durante i vent’anni di regime fascista la festa della donna non fu mai particolarmente considerata o celebrata. Nel 1946, appena finita la guerra, si festeggiò la Giornata internazionale della donna per la prima volta, anche se la Democrazia Cristiana era piuttosto ostile alle celebrazioni. L’Italia è tra l’altro uno dei pochissimi paesi in cui c’è l’usanzadi regalare la mimosaalle donne l’8 marzo, un fiore diffuso proprio in questo periodo e particolarmente caro agli ambienti partigiani.
La Giornata internazionale della donna è poi stata ufficialmente fissata per l’8 marzo dalle Nazioni Unite solo nel 1975. Dal 1996 in poi ogni anno ha un tema specifico: il primo fu “Celebrare il passato, pianificare il futuro”, seguito nel 1997 da “Donne al tavolo della pace”, nel 1998 da “Donne e diritti umani”, nel 1999 da “Un mondo libero dalla violenza contro le donne”. Per il 2025 il tema scelto è “Per TUTTE le donne e le ragazze: diritti. Uguaglianza. Empowerment”. Nel 1999 le Nazioni Unite hanno poi istituito la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il 25 novembre.
Negli ultimi anni l’8 marzo ha perso la connotazione celebrativa che aveva avuto per molto tempo e ha recuperato il suo senso politico. In decine di paesi del mondo i movimenti femministi organizzano uno sciopero sociale e politico, e non solo uno sciopero dal lavoro classicamente inteso: un’astensione da ogni attività anche di cura, formale o informale, gratuita o retribuita, uno sciopero dal consumo, dai ruoli imposti dagli stereotipi di genere, contro la violenza maschile e contro tutte le forme di violenza di genere.
Anche in Italia le mobilitazioni delle donne sono tornate a essere più sentite: per esempio erano state eccezionalmente partecipate lemanifestazionicontro la violenza sulle donne a novembre del 2023, poco dopo ilfemminicidio di Giulia Cecchettin.
“Ogni femminicidio, ogni discriminazione, ogni maltrattamento, sono un’aggressione all’intera società”, recita il messaggio del capo dello Stato. “Occorre continuare con l’opera di repressione e di prevenzione. Ma, contemporaneamente, bisogna proseguire con un’azione educativa”. E ancora: “Impegnarsi per non porre le donne di fronte al dilemma di scegliere tra famiglia e professione”
Da Hiroshima, dove si trova per la terza e ultima tappa della sua visita di Stato in Giappone, il capo dello Stato Sergio Mattarella non ha mancato di portare il suo messaggio in occasione della Giornata internazionale della donna. “Particolare attenzione va ancora risposta nel fronteggiare la piaga – vergognosa e inaccettabile – della violenza contro le donne“, ha scritto Mattarella. “Ogni femminicidio, ogni discriminazione, ogni maltrattamento, sono un’aggressione all’intera società. Occorre continuare con l’opera di repressione e di prevenzione. Ma, contemporaneamente, bisogna proseguire con un’azione educativa, a partire dalle generazioni più giovani, che promuova una cultura di effettiva parità sradicando stereotipi, pregiudizi e abitudini consolidate“.
“Donne non debbano scegliere tra famiglia e lavoro” – “In un momento delicato per la vita della comunità internazionale, desidero rivolgere” “un saluto e un pensiero di gratitudine a tutte le italiane e a tutte le donne che lavorano in Italia e contribuiscono al benessere nazionale“, prosegue il messaggio del presidente della Repubblica. “Abbiamo acquisito negli ultimi decenni piena consapevolezza che la politiche per la parità di genere, un diritto sancito dalla nostra Costituzione, non si sono risolte solamente in un vantaggio per le donne, ma hanno apportato benefici, ricchezza, frutti positivi per l’intera collettività“. “Un grande impegno“, ha aggiunto, “va perseguito per politiche familiari inclusive che favoriscano la libera determinazione: una donna non deve essere mai posta di fronte al dilemma di scegliere tra famiglia e professione“.
Manifestazioni 8 marzo, in migliaia a Roma per il corteo di “Non Una di Meno”.
“Lotto, boicotto, sciopero” è lo slogan della dimostrazione che ha sfilato per le vie della Capitale, per quello che l’organizzazione definisce un grido collettivo contro “la violenza patriarcale, la guerra e la povertà”. Le organizzatrici: “Siamo più di 20mila”. Ai giardini di Piazza Vittorio un flash mob con quattro attiviste legate alla cancellata. A Fiumicino muri tappezzati di frasi sui diritti delle donne
IL CORTEO A ROMA– Sono migliaia le persone che si sono radunate a Roma per il corteo di “Non Una di Meno” che ha sfilato per le vie del centro di Roma con lo slogan: “Lotto, boicotto, sciopero“. Il percorso si è snodato per via Merulana, via Labicana e piazza del Colosseo fino all’arrivo al Circo Massimo, poi un presidio a Largo Argentina. “Siamo belle, siamo potenti, e siamo più di 20 mila“, hanno detto le organizzatrici
UN GRIDO COLLETTIVO– Una manifestazione che – in occasione della Giornata Internazionale dei diritti delle donne – vuole essere un grido collettivo contro “la violenza patriarcale, la guerra e la povertà“. “Vogliamo riversare nelle piazze delle città la nostra rabbia, con tutto l’amore e la cura per il nostro debordante corpo collettivo“, spiega “Non Una Di Meno“
IL FLASH MOB – Il corteo è iniziato con un flash mob con quattro attiviste legate alla cancellata nei giardini di Piazza Vittorio, con il volto coperto e con delle scritte sul petto (contro la violenza e lo sfruttamento delle donne) sotto un cartello con la scritta “Cosa fai?“
GLI SLOGAN – Presenti bandiere e cartelli a favore delle donne di Palestina e un cartello che recita “Siete fortunati che vogliamo uguaglianza non vendetta”. Su un cartellone è riprodotto uno sceriffo con la pistola con il volto del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Sotto uno striscione con scritto “Liberiamoci da violenza e oppressione” e bandiere della Palestina
“SIAMO UNA MAREA IN TUTTO IL MONDO” – “Siamo marea in tutto il mondo. In Argentina contro Milei. Negli Stati Uniti contro Trump e Musk. Siamo ovunque. Siamo contro Meloni Macron, contro chi vuole spendere soldi in armi e riarmare l’Europa“, affermano le organizzatrici dal megafono
IL RICORDO DI GIULIA CECCHETTIN – “Siamo tutte antifasciste, siamo tutte transfemministe“, è uno dei cori gridati dalle partecipanti al corteo. Poi nello spezzone degli studenti anche il ricordo di Giulia Cecchettin: “Giulia è viva e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai“
LA SOLIDARIETÀ AL QUARTICCIOLO– Al corteo anche interventi contro il decreto Caivano in solidarietà ai movimenti e alla manifestazione di sabato al Quarticciolo: “Ai problemi non si può rispondere con la polizia, quello di Quarticciolo è il vero modello con un doposcuola, un ambulatorio, è solo insieme che possiamo sconfiggere la violenza, continuiamo a lottare insieme: Quarticciolo alza la voce, grazie per chi c’era sabato in piazza“
IL MINUTO DI RUMORE – “Non ci fermeremo finché non sarà distrutto il patriarcato“, hanno detto le attiviste al megafono nel corso del corteo a Roma. Con le chiavi fatte agitare in aria a simboleggiare i luoghi che ancora non sono sicuri per le donne, le manifestanti hanno dato vita a “un minuto di rumore“. Poi l’intervento contro il genocidio a Gaza e per le donne palestinesi
NEL POMERIGGIO ALTRA PROTESTA– Nel primo pomeriggio è terminato il corteo organizzato da “Non una di meno” a Roma per la giornata internazionale della donna. La giornata di mobilitazione si conclude alle 17 a Largo di Torre Argentina (in foto un momento del corteo)
Il corteo di “Non Una di Meno” al Colosseo
Un momento del corteo di “Non Una di Meno” a Roma
LE FRASI A FIUMICINO – In occasione della Giornata Internazionale della Donna questa mattina la città di Fiumicino, su iniziativa di Femminile Universale, si è svegliata con strade e muri di ogni parte del Comune tappezzati con biglietti colorati con frasi e citazioni sui diritti delle donne
UN RACCONTO COLLETTIVO– “Lo scorso anno una tempesta di messaggi aveva travolto le vie di Fiumicino in occasione della Giornata Internazionale della Donna, avvolgendo la Città con anonimi biglietti che parlavano di bellezza, cultura, tutele ed equità: quest’anno strade e muri sono tornati a colorarsi di parole, in un racconto collettivo di diritti e di giustizia“, spiega Femminile Universale
Si scalda la protesta del comparto cinematografico, un migliaio di lavoratori che da un anno e mezzo sconta lo stop dei finanziamenti statali decisi dai ministro Sangiuliano e Giuli. “Altro che le fake news di Borgonzoni”
Nessun ciak, nessuno stipendio: per la maggior parte dei lavoratori del cinema l’amministrazione Sangiuliano-Giuli al ministero della cultura è coincisa con un fermo contrattuale che si protrae da mesi dopo la riscrittura delle regole del Tax Credit. E di tornare sui set non se ne parla almeno fino a fine maggio: è l’ennesimo rinvio quello che esce dalle stanze del Tar del Lazio dove i giudici amministrativi hanno esaminato (e rinviato il dibattimento al 27 maggio) i ricorsi che molte società di produzione indipendenti hanno presentato contro i decreti ministeriali, che vorrebbero riformare l’intervento dello Stato a favore del settore.
Tutto congelato mentre il ministero spiega di volere ridefinire le regole per la commissione che deve affidare il tax credit (un finanziamento pubblico che vale tra il 15 a massimo il 40% del costo complessivo di produzione). Ma senza una legge quadro definita che metta in chiaro le linee di finanziamento statale nessuno muove un passo. Questa situazione di fatto blocca le piccole e medie produzioni – il 75 percentuale circa del totale – che senza questo tax credit non possono finanziare i progetti e non hanno accesso anche ai prestiti bancari vista la totale incertezza del momento.
Nei fatti: film bloccati, copioni che restano nel cassetto e un intero campo di lavoratori senza stipendi e senza certezze per il futuro.
La manifestazione di oggi a Roma(foto Today.it)
I lavoratori da oltre un anno e mezzo devono per lo più far affidamento ai sussidi di disoccupazione, ma a fronte della crescente sofferenza delle maestranze e delle troupe (in foto e video il presidio davanti al Tar di duecento tra lavoratrici e lavoratori del cinema) restano i silenzi della sottosegretaria delegata, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, che si nasconde dietro vere fake news: “Il settore lavora alla grande“. Ma basta fare una passeggiata negli studios di Cinecittà o parlare con i lavoratori del campo per accorgersi della menzogna. A riempire gli incassi dei cinema sono per lo più film stranieri.
Il sistema cinema italiano – A sopravvivere ci sono solo alcune serie tv che fanno capo a un piccolo gruppo di imprese per lo più controllate da multinazionali straniere o che hanno rapporti con Paolo Del Brocco (Rai Cinema) o con Maria Pia Ammirati (Rai Fiction). Se il cinema internazionale ha già trovato casa altrove, lo stillicidio del “aspettiamo, magari qualcosa si sblocca” tocca invece al cinema indipendente italiano. Piccole e medie società si trovano l’accesso precluso al mercato (che necessita di regole certe) e al sostegno pubblico (in attesa della risoluzione dei ricorsi e del nuovo decreto correttivo).
Chi protesta chiede l’annullamento dei decreti attuativi che bloccano grande parte del settore e un supporto finanziario per le produzioni locali, medie e piccole imprese che dell’indotto del cinema vivono. I lavoratori, fermi da mesi, chiedono il recupero dell’anno contributivo 2024 – l’anno senza set – così come l’indennità di discontinuità che garantisca un piccolo sussidio.
“Ci stiamo attivando per organizzare un presidio fisso nei pressi delle sedi istituzionali e dei ministeri” spiegano a Today.it Enrico Zanetti, Alessandro Bolognese ed Christian Yari Schembri membri dell’associazione italiana tecnici di ripresa. A nome di tutti i lavoratori chiedono di fare presto, prima che lo spettacolo sia davvero finito. “Questo tax credit non funziona come oggi si è verificato in udienza al Tar. Il welfare non funzionano: la disoccupazione viene erogata così come la naspi sulla base di giornate minime, ma se per un anno non si sono raggiunte molti non ne hanno potuto usufruire. Infine per lo stesso calcolo di numeri si è anche perduto un anno di “anzianità” valida per il calcolo pensionistico” chiosano.
Come spiega l’avvocato Christian Collovà (nel video qui sopra) occorrerà ancora aspettare. “Un decreto correttivo si troverebbe in corso di bollinatura presso la ragioneria dello Stato, un decreto che permetterebbe di risolvere i problemi del comparto. Ma solo quando si conoscerà il testo si potrà capire se le correzioni saranno in grado di far ripartire il settore“.
Manifesti al presidio del 4 marzo 2025
Il ministro Alessandro Giuli intanto ha annunciato di estendere anche ai festival la decisione rivedere i criteri di assegnazione delle risorse pubbliche a favore della promozione cinematografica e audiovisiva: nel 2024 sono stati finanziati dal Ministero 146 festival e 46 rassegne cinematografiche, la metà rispetto alle istanze presentate.