Strasburgo, 07 febbraio 2024

Sfuma l’intesa sul sesso senza consenso. Italia per il sì, sul fronte del no Francia e Germania. “La battaglia continua”
Un’occasione sprecata. Di più: una vergogna. È forte l’amarezza nel fronte italiano per l’accordo raggiunto ieri dalle istituzioni europee sulla direttiva che intende combattere la violenza sulle donne.
Quando le relatrici presentano ai media l’intesa tra il Parlamento e il Consiglio dell’Ue indicano il bicchiere mezzo pieno. Ovvero norme più severe sulla violenza informatica e un migliore sostegno alle vittime. Un elenco più lungo di circostanze aggravanti, compresi i crimini contro una figura pubblica, l’intento di punire le vittime per le loro caratteristiche personali e quello di preservare l’“onore”. E norme contro le mutilazioni genitali e i matrimoni forzati.
Non passa l’iniziativa italiana – Ma l’illusione dura poco. Le stesse relatrici devono ammettere che non è passato l’elemento chiave, ispirato al modello spagnolo del «solo sí es sí»: il rapporto sessuale non consensuale è stupro. Su questo punto si era giocata la partita e si erano moltiplicati gli appelli anche in Italia, con una lettera indirizzata alla premier Meloni da una ventina di deputati dell’opposizione su iniziativa di Laura Boldrini, e con una petizione dell’associazione Differenza donna.
Le relatrici hanno evidenziato come l’articolo 36 obblighi gli Stati membri a sensibilizzare l’opinione pubblica proprio sulla definizione di stupro come sesso senza consenso. Ma è una magra consolazione.
Niente maggioranza: no anche da Francia e Germania – La turco-svedese Evin Incir, relatrice di S&D per il Parlamento europeo, a Repubblica spiega come a pesare sia stato il mancato raggiungimento di una maggioranza qualificata nel Consiglio dell’Ue, mentre il Parlamento spingeva per una posizione più progressista: «Alcuni Stati hanno scelto di stare dalla parte sbagliata della storia. Paesi come Spagna, Italia, Svezia, Finlandia, Belgio e Polonia ci hanno sostenuto, mentre è clamoroso che insieme all’Ungheria si siano ritrovati sul fronte del no la Francia del liberale Macron e la Germania, dove i liberali hanno messo il veto». Eve Geddie di Amnesty International denuncia inoltre l’omissione, dai gruppi più a rischio violenza, delle donne Lgbtqia+, di quelle in condizione di irregolarità o che svolgono lavoro sessuale.
La delusione dell’Italia – Sono profondamente deluse anche alcune figure italiane che più si erano spese nelle scorse settimane. Come l’eurodeputata del Pd Pina Picierno, che parla di una «occasione storica sprecata» e della vittoria di «interessi nazionali che affondano nelle radici in una cultura reazionaria», e ci spiega che i negoziati sono durati pochissimo, appena due ore: «Amareggia la decisione di non recepire l’articolo 5 sul reato di stupro. Se fosse passata, ogni Stato membro avrebbe rischiato la procedura di infrazione in caso di mancato rispetto della direttiva. Ma anche i reati di violenza online escono ridimensionati, perché saranno considerati tali solo quando produrranno un grave danno sulla vittima. Spiace che il governo italiano non sia riuscito a esercitare in modo efficace il proprio peso negoziale. Speriamo allora che adesso possa fare una legge in Italia. Siamo riusciti però ad ottenere almeno una clausola di revisione entro 5 anni».
Sabbadini: “Una vergogna” – Linda Laura Sabbadini, già direttrice centrale dell’Istat, la definisce «una vergogna»: «Questa nuova versione è un arretramento grave rispetto alla proposta del Parlamento europeo. Non deve passare nella votazione in Parlamento di aprile». Sabbadini cita la questione dello stupro, la debolezza sulla violenza cyber e anche il mancato riconoscimento delle molestie sessuali sul lavoro: «Che cosa dobbiamo fare di una direttiva che vuole “sensibilizzare”? Le donne devono far sentire la loro voce. Allarghiamo la protesta nel nostro e negli altri Paesi. Facciamo sì che la si rimandi alla prossima legislatura. Sono ormai 80mila le firme alla petizione di Differenza donna. Non molliamo. Perché indietro non si deve tornare»

