E’ ben gradito un’applauso!!! Grazie
17 dicembre 2025
| Altro che stop alla Fornero, in pensione sempre più tardi: le simulazioni dopo l’intervento del governo Meloni |
| articolo Alberto Berlini https://www.today.it/economia/pensioni-effetto-meloni-cosa-cambia.html |
| La Lega denuncia una “manina” nella manovra ma nei casi peggiori anche chi aveva già fatto i conti rischia di restare al lavoro quasi quattro anni in più |
Nel maxi-emendamento alla Legge di Bilancio 2026, depositato in Commissione Bilancio al Senato, il governo mette mano a tre snodi delicati del sistema previdenziale disegnando un futuro in cui uscire dal lavoro prima della vecchiaia diventa più difficile (o comunque più lento).
Oggi la pensione anticipata ordinaria si ottiene, in estrema sintesi, con un numero molto alto di contributi versati (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne), senza un’età minima. Raggiunto quel traguardo, però, non si prende l’assegno subito: c’è una “finestra” di decorrenza, cioè un tempo di attesa prima che parta materialmente la pensione.
Il maxi-emendamento interviene proprio qui: la finestra resta di 3 mesi per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2031, ma poi si allunga progressivamente. Dal 2032 e 2033 diventerebbe di 4 mesi, nel 2034 di 5 mesi, e dal 2035 arriverebbe a 6 mesi. Tradotto: anche quando hai già “fatto i conti” e raggiunto i contributi necessari, potresti dover aspettare fino a mezzo anno per vedere il primo assegno.
Il riscatto della laurea vale meno – L’altra stretta riguarda il riscatto dei periodi universitari: uno strumento che permette, pagando un importo, di trasformare anni di studio in contributi utili per la pensione. La novità è che dal 2031 una parte di quei mesi riscattati non verrebbe più conteggiata solo per maturare il diritto alla pensione anticipata (non per calcolare l’importo dell’assegno).
Il taglio sarebbe progressivo: 6 mesi “sterilizzati” nel 2031, 12 mesi nel 2032, 18 mesi nel 2033, 24 mesi nel 2034 e fino a 30 mesi dal 2035. In pratica, dal 2035 un riscatto di tre anni potrebbe contare, per anticipare l’uscita, come se valesse appena sei mesi.
Quasi quattro anni in più – È questo incrocio – finestra più lunga e riscatto che pesa meno e adeguamenti legati alla speranza di vita – a far esplodere le simulazioni più dure rilanciate dai sindacati: nei casi peggiori, tra contributi “aggiuntivi” da maturare e mesi di attesa, si potrebbe restare al lavoro (o comunque senza pensione) fino a un totale vicino ai 47 anni di contributi a fronte dei 42 anni e 10 mesi previsti nel 2026. Quasi quattro anni in più.

Si tratta di una misura retroattiva “con profili di incostituzionalità, che rompe in modo evidente il principio di affidamento – spiega Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale – lo Stato cambia le regole a partita già giocata, penalizzando soprattutto i giovani, chi ha carriere medio-alte con ingresso tardivo nel mercato del lavoro e chi ha investito risorse significative nel riscatto della laurea”.
Tfr dei neoassunti: più spinta verso la previdenza complementare – Nel pacchetto entra anche una misura diversa, che riguarda i giovani al primo impiego: dal 1° luglio 2026, per i lavoratori del settore privato assunti per la prima volta, il Tfr maturando verrebbe destinato automaticamente a un fondo pensione individuato dai contratti collettivi, salvo rinuncia entro 60 giorni. In sostanza: se non scegli, si va verso la previdenza complementare; se vuoi tenerti il Tfr in azienda (o scegliere un altro fondo), devi comunicarlo.
Perché è una questione politica (oltre che tecnica) – Dal punto di vista del governo, l’obiettivo è contenere la spesa nel medio-lungo periodo e gestire un sistema che invecchia. Ma le opposizioni e i sindacati contestano l’impostazione: la Cgil parla di irrigidimento strutturale e solleva dubbi sulla retroattività della penalizzazione per chi ha già pagato il riscatto della laurea confidando in regole diverse.
Il calendario parlamentare è serrato: l’esame in Aula al Senato è atteso a partire dal 22 dicembre, con una corsa finale per chiudere entro fine anno. Nel frattempo, le norme restano “in discussione”: potranno essere ritoccate, riscritte o (in teoria) stralciate.
L’origine del “pasticcio” – Secondo il senatore leghista Claudio Borghi l’origine del “pasticcio” sta nella necessità di coprire i costi che potrebbero derivare dalla norma sulla previdenza complementare, contenuta sempre nell’emendamento dell’esecutivo al disegno di legge Bilancio. “L’aumento delle persone che potranno usare la previdenza complementare per usufruire dello scivolo del 64+25 aumenta e quindi lo Stato ha un’uscita di soldi. Quindi si tratta di una clausola di salvaguardia. Ma invece di andare a pescare su finestre e riscatto della laurea, si prendono coperture alternative, come l’Iva oppure l’Irap” conclude Borghi.

