18 settembre 2024
![]() Totò Schillaci in una foto recente e l’iconica immagine con la maglia della nazionale italiana di calcio |
| Cresciuto ed esploso nel Messina, consacratosi con la Juventus e capocannoniere della rassegna iridata italiana che vide la Nazionale uscire in semifinale: la storia del bomber siciliano, iconica figura del calcio tricolore di fine XX secolo |
Totò Schillaci è morto stamattina all’ospedale Civico di Palermo. L’ex calciatore della nazionale italiana aveva 59 anni e nel 2023 aveva raccontato di avere un tumore: “Sono stato operato due volte, mi è caduto il mondo addosso“. Nonostante i bollettini degli ultimi giorni che parlavano di “condizioni di salute in miglioramento“, le sue condizioni sono precipitate fino al decesso. La camera ardente sarà allestita allo stadio Renzo Barbera.
È morto Totò Schillaci – Negli occhi di almeno un paio di generazioni di appassionati è sempre restato il suo sguardo, mostrato sui campi italiani nel Mondiale del ‘90, abbinato ad i suoi gol che hanno reso quelle notti effettivamente magiche – e messe in musica da Edoardo Bennato e Gianna Nannini – ma non abbastanza da renderle auree, come invece accaduto sedici anni più tardi nella rassegna iridata tedesca. Perché nel gioco delle associazioni di idee e di pensieri, il binomio tra Salvatore Schillaci ed Italia ‘90 resta qualcosa di indissolubile: e non è solo la questione meramente numerica a suggerirlo, avendo chiuso la manifestazione con il titolo di capocannoniere e il premio come MvP della manifestazione. La sua immagine di bomber di provincia consacratosi a livello internazionale, decisivo al suo esordio con la maglia della nazionale nella più importanza competizione calcistica, acciuffata a dodici mesi di distanza dal debutto in Serie A, ha sempre assunto i contorni di una favola, dell’happy end costituito dalla classe operaia che se ne va in paradiso.
Chi era Totò Schillaci – La storia che Totò Schillaci (o “Turi” Schillaci, come lo chiamava Gianni Brera per non scomodare l’indimenticabile attore comico napoletano mancandogli di rispetto) ha avuto la determinazione di scrivere affonda la sue radici in un quartiere povero di Palermo, come era il Cep di San Giovanni Apostolo. Lavoro e poi allenamenti, per coronare il sogno di diventare un calciatore ma contestualmente anche per stare alla larga da quelle che in un’intervista aveva definito come “cattive amicizie”, persone che hanno poi intrapreso una strada ben diversa dalla sua. Che lo porta a lasciare la città natale – per una manciata di milioni non va in porto il trasferimento dall’Amat alla squadra professionistica rosanero – per accasarsi al Messina. Dove comincerà ad edificare la sua fortuna, a placare la sua fame di sfondare.
Parte dalla C2 nel 1982, arriva in serie B dove nella sua ultima stagione siciliana segna 25 gol in 39 partite. Nei dodici mesi successivi, la deflagrazione: lo compra la Juventus per 6 miliardi, lui tra Serie A e Coppa realizza 21 reti risultando determinante per la conquista di Coppa Italia e Coppa Uefa. Il ct azzurro Azeglio Vicini lo convoca per i Mondiali, ed a metà del secondo tempo dell’incontro inaugurale con l’Austria lo inserisce al posto di Carnevale. Schillaci di testa va subito a bersaglio, e si ripeterà contro Cecoslovacchia, Uruguay ed Irlanda, così come nella semifinale contro l’Argentina (persa ai rigori) nella quale i suoi occhi spalancati fecero il giro del Mondo, stavolta non durante i festeggiamenti per una rete ma rivolti all’arbitro Vautrot dopo un contatto in area con Ruggeri non sanzionato con il rigore. Quella stessa massima punizione che realizzerà nella finale per il bronzo contro l’Inghilterra, con Baggio a concedergli l’onere e l’onore della trasformazione per mettere al sicuro il titolo di bomber del torneo.
Occhi spalancati, gol e quelle notti magiche di Italia ’90 – Quell’aura di magia, quello stato di grazia certificato da gol a grappoli (“Ci sono periodi nella vita di un calciatore in cui ti riesce tutto, basta che respiri è la metti dentro: ai Mondiali è andata più o meno così”) che lo ha issato fino al secondo gradino del podio della classifica del Pallone d’Oro, è andata via via dissolvendosi. Il pubblico lo punzecchia cantandogli “Schillaci ruba le gomme” (facendo riferimento ai problemi giudiziari che coinvolgono il fratello, legati ad un presunto furto di pneumatici), lui dopo l’arrivo in bianconero di Vialli lascia la Juve nel ‘92 e si accasa all’Inter, ma la scarsa continuità di impiego legata anche alle problematiche fisiche sopraggiunte gli impediscono di tornare ad essere decisivo come prima. Saluterà l’Italia e si accaserà in Giappone divenendo il primo italiano a militare nella massima serie nipponica che lo vedrà andare a segno 56 volte in 78 presenze. Quindi il ritiro, nel 1999, a 35 anni.
Dalla politica all’ultima apparizione televisiva – Appesi gli scarpini al chiodo arriva così l’esperienza con Forza Italia in consiglio comunale a Palermo, nel 1997: eletto con un migliaio di voti, si dimette dopo due anni. “Non lo farei più“, dirà successivamente. Poi torna alla sua scuola calcio dove è cresciuto e vede sbocciare sotto i suoi occhi giovani talenti.
Gli italiani lo riscoprono in tv come concorrenti di due reality show: nel 2004 arriva terzo all’Isola dei Famosi poi con “Pechino Express” gira India, Malesia e Cambogia, si diverte e fa divertire il pubblico. Il tumore sembra essere alle spalle, ma non è così. L’ultima apparizione in pubblico qualche settimana fa a Lipari, davanti alla tomba di Franco Scoglio per rendere omaggio all’allenatore, da lui definito “un padre“. Oggi l’annuncio purtroppo atteso della morte.
Negli occhi di tutti, resteranno sempre i suoi: spalancati, a volte increduli ed a volte festanti. Un’immagine iconica e fedele istantanea di un calcio che, oggi, sembra distante anni luce.


