

David Kozak, 24 anni, prima di entrare in azione aveva sparato al padre. Poi è andato all’ateneo e ha aperto il fuoco. Alla fine è stato ucciso su un marciapiede. Quella di ieri è stata la strage più grave della storia della Repubblica Ceca
Non la dimenticheremo più quella foto degli otto studenti rannicchiati e aggrappati al cornicione dell’Università Carolina di Praga, affacciati sul vuoto per salvarsi la vita. E non dimenticheremo l’immagine sfocata dell’attentatore, David Kozak, fermo a pochi metri da loro ma con un fucile puntato verso il basso, verso la piazza dove oltre mezzo secolo fa uno studente come lui che si chiamava Jan Palach si diede fuoco contro i carri armati sovietici che massacravano il suo popolo.
David Kozak, invece, era gonfio d’odio verso il suo popolo, ha sparato ieri all’impazzata dentro la facoltà delle Belle Arti e poi giù dal balcone, sulla piazza strapiena di turisti, provocando la più grave strage della storia della Repubblica Ceca. Perché «odio il mondo e voglio fare il maggior male possibile», come aveva annunciato sui social. Il bilancio provvisorio è di 14 morti e 25 feriti. Lo studente 24enne, infine, è stato «neutralizzato»: così ha detto la polizia. Poco dopo le tre di ieri pomeriggio, il suo cadavere è stato ritrovato sul marciapiede davanti all’università.
In un Paese dalle leggi ultra liberali sul porto d’armi, la striscia di sangue di Kozak comincia ieri mattina a Hostoun, un paesino di milleduecento anime a ovest di Praga, proprio alle spalle dell’aeroporto della capitale. Alle 12,45 la polizia ritrova nella casa dello studente il primo corpo senza vita. È il cadavere di suo padre: la sua prima vittima. L’allarme scatta immediatamente, e quando gli agenti capiscono che Kozak si sta dirigendo all’università dove si è iscritto a un corso delle 14, fanno evacuare l’edificio. Ma Kozak riappare intorno a quell’ora in un altra sede dell’antichissima università dove studiarono Milan Kundera e Franz Kafka. E apre il fuoco.
Stando alle prime ricostruzioni, lo studente comincia la strage al quarto piano della facoltà di Belle Arti e poi prosegue sul balcone che affaccia sulla piazza dedicata a Jan Palach, provocando panico tra centinaia di praghesi e turisti che affollano le viuzze del centro della “città magica”. Su X appaiono i primi video di gente che corre cercando riparo sul Ponte Carlo. La polizia interviene immediatamente bloccando il quartiere, avvertendo la popolazione di evitare le strade adiacenti. Gli studenti e i professori dell’università vengono esortati via mail a «non andare da nessuna parte» e a «chiudere tutto». La piazza affacciata sulla Moldava si è riempita nel frattempo delle luci blu delle ambulanze che portano via i feriti e i cadaveri avvolti nelle lenzuola bianche.
Mentre Kozak avanza nell’edificio sparando alla cieca, alcuni studenti si sono barricati nelle aule affastellando banchi e sedie davanti alle porte, spegnendo le luci e sperando che il sicario passi oltre. Su X un utente posta una foto di una delle aule blindate raccontando che Kozak «ha appena cercato di entrare».
In quei drammatici minuti, la polizia è riuscita a penetrare nell’edificio e cerca di catturarlo, ma è costretta a procedere con enorme cautela: alcuni testimoni sostengono di aver sentito delle esplosioni. Kozak potrebbe aver nascosto degli ordigni nella facoltà, come a voler davvero lasciare una scia di morte senza fine. «Odio quelle creature», è un altro messaggio affidato nei giorni scorsi ai social. Quelle creature: gli altri esseri umani.
Il ministro dell’Interno ceco, Vit Rakusan, ha escluso che avesse complici. Il presidente della Repubblica Petr Pavel si è detto «scioccato» della tragedia e ha annullato una visita di Stato in Francia.
Kozak era dichiaratamente depresso, accecato dall’odio verso i suoi simili. Nei giorni immediatamente precedenti alla mattanza ha imbrattato Telegram di messaggi deliranti in cui sosteneva di «voler fare una strage in una scuola e possibilmente suicidarmi», di «aver sempre voluto uccidere e di aver sempre pensato che sarei diventato un maniaco nel futuro».
Un giorno sostiene di aver capito che un dono gli è arrivato dal cielo, ossia quando viene a sapere di Alina Afanaskina. Il 7 dicembre la ragazzina russa di 14 anni è entrata nella sua scuola di Bryansk, nel sudovest del Paese, e ha cominciato a sparare all’impazzata. La miccia di Kozak, insomma, è stata la stragista russa. E ieri l’aspirante emulo si è svegliato con l’intenzione di scaricare tutto l’odio accumulato, iniziando dalla famiglia e allargando via via il cerchio. Ha cominciato con suo padre, poi ha puntato l’arma sui suoi coetanei, infine sulla piazza.

