articolo: Carlo Mazzone, l’ultimo saluto senza i suoi campioni – Calcio – La Repubblica
Ascoli si è stretta intorno alla famiglia del tecnico nel giorno del funerale (in chiesa i tre nipoti hanno salutato il nonno). Mancavano però i giocatori simbolo. E non c’erano neanche rappresentanti della Figc

Vanessa, Alessio e Iole hanno preso la parola e hanno salutato nonno Carlo. È stato il momento più forte e più bello del saluto di Ascoli a Mazzone nel giorno del suo funerale. Inarrestabili le parole di Vanessa, tra le navate della chiesa di San Francesco: “Sono nata di lunedì, come avevi predetto perché lunedì era il tuo giorno di riposo e tu volevi esserci. Hai allenato tante, tantissime squadre ma sei stato soprattutto l’allenatore della nostra famiglia, dove avevi un capitano fortissimo, tua moglie. Noi siamo una squadra imbattibile. Non c’è stato un lunedì che non fossi a casa con noi. Se si perdeva si stava zitti, se si vinceva facevamo quello che volevamo”. Poi Alessio, in lotta con le lacrime: “Il ricordo più bello rimarranno quelle domeniche in cui vedevo le partite assieme a lui. Gli chiedevo ‘tu qui che faresti? Come te la giocheresti?’. Ho iniziato ad amare il pallone grazie a lui”. Infine, la pacatezza di Iole: “È uno dei casi in cui il silenzio vale più di mille parole. Spesso quando qualcuno ci lascia si dice che lascia un vuoto. Io invece mi sento piena dell’affetto, dei ricordi, delle sue parole. Vedere tutte queste persone è la conferma che nonno ci ha lasciato tanto”.
Le maglie della sua carriera – Uno, due, tre. Una tripletta senza alcuna, possibile replica. E, per una volta, le metafore calcistiche non hanno stonato, così come i cori da stadio della piazza – benedetta dall’ombra – davanti al maxischermo (“Grazie di tutto, Carletto grazie di tutto”), gli applausi ritmati all’arrivo del feretro dall’ingresso di via del Trivio e le maglie appoggiate sulla bara, dove la divisa del Cagliari abbracciava quella del Brescia, lambendo la sciarpa dell’Ascoli, subito dietro ai fiori, bianchi e rossi.
L’assenza dei suoi campioni e della Figc – L’omelia è stata pronunciata da don Andrea Tanchi, sacerdote vicino alla famiglia Mazzone, nonostante il funerale fosse concelebrato dal vescovo Gianpiero Palmieri e dall’arcivescovo Monsignor Piero Coccia. “Un contropiede che Carlo ha organizzato con i figli Sabrina e Massimo”, ha spiegato don Andrea, che ha rivelato una preghiera rivolta un giorno dall’allenatore alla moglie Maria Pia: “Famme morì prima, che senza de te non ce posso sta“. “In questa chiesa – le parole del vescovo Palmieri – ci sentiamo una grande famiglia composta da tante città”. Città rappresentate da ex giocatori e e allenatori. Non c’erano, fisicamente, i calciatori più famosi a lui legati, né i rappresentanti della Federcalcio. Ma c’erano Walter Novellino e Serse Cosmi, Vincent Candela e Beppe Iachini, Massimiliano Cappioli e Alessandro Calori, Roberto Muzzi, Giovanni Galli e Gianluca Pagliuca. E c’erano soprattutto le maglie da calcio che hanno invaso la chiesa. Le indossavano i bambini, quelli di Ascoli e i piccoli Dybala giallorossi in trasferta; ma le indossava anche chi bambino non è più da molti e molti anni, come i “veterani del 1974”, che ricordavano orgogliosi la promozione in Serie A dell’Ascoli guidato dall’allora 37enne Carlo Mazzone. Un saluto pieno di calcio, di commozione ma anche di tanti sorrisi. Non poteva essere diversamente. Non doveva essere diversamente.

