“Squadra di morti in piedi, manca senso d’appartenenza”
Articolo: http://it.eurosport.com/calcio/serie-a/2016-2017/facchetti-jr-striglia-l-inter-squadra-di-morti-in-piedi-manca-senso-d-appartenenza_sto6158752/story.shtml

L’ennesimo passo falso dell’Inter che è riuscita a conquistare solo due punti nelle ultime sette gare e che da un mese e mezzo ha un ritmo da retrocessione, il morale dei tifosi nerazzurri è giù e tra questi c’è anche Gianfelice Facchetti, figlio della leggenda interista Giacinto che ha usato parole dure nei confronti dei giocatori in un’intervista a Radio Deejay:
Facchetti jr:
- “ Anche se non lotti per lo scudetto devi correre lo stesso. Esiste un’etica del lavoro da rispettare, e in più sono strapagati per quello. Allo stadio non vado spesso e questo momento non aiuta di sicuro. Come lo commento? Non commento nulla, deve farlo chi comanda e chi va in campo. Il rispetto per se stessi e per i tifosi deve venire prima di tutto. Quando si soffre così, la voglia la devi cercare in fondo alle tasche. I discorsi si sono sprecati, le parole dovrebbero dirle chi comanda e chi va in campo. Prima di ogni cosa ci deve essere amor proprio, non solo per i tifosi: è il tuo lavoro, sei un privilegiato. Devi farlo. Manca anche un senso di appartenenza: serve qualcuno che lo faccia sentire e insegni agli altri quanto è pesante la maglia dell’Inter, qualcuno come Gabriele Oriali. Ma non credo basti per spiegare il crollo delle ultime settimane.“
Nella seconda parte dell’intervista si passa a parlare del calcio nostalgico, quello di suo padre, che legò il suo nome all’Inter dal 1960 al 1978, collezionando 634 presenze e 75 gol:
” Il ricordo più bello di mio padre? Il ritorno contro il Liverpool nel 1964-1965: rimonta e vittoria con un 3-0 e il terzo gol siglato da lui. Mio padre era perfetto, continuò ad allenarsi anche dopo il ritiro ed insegnava ai ragazzi quanto fosse importante una dieta corretta. Un esempio era Adriano, ogni mattina lo pesava e il brasiliano prese questi gesti come un segno di grande amore. Aveva un grande fisico e fu uno dei primi terzini goleador: Herrera lo forgiò, ma aveva delle doti atletiche che hanno cambiato la sua vita.”

