Rai Replay


Rai Replay.

Gigi Meroni


Gigi Meroni
 
Nato: 24 Febbraio 1943     Como
Giovanili:
19?? – 1960 Libertas San Bartolomeo –
1960 – 1961 Como
 
1960 – 1961 Como
1962 – 1964 Genoa
1964 – 1967 Torino
Tratto da Wikipedia
La sera del 15 ottobre 1967, dopo l’incontro contro la Sampdoria dominato e vinto dai granata per 4-2 nonostante la sua espulsione dal campo, Meroni fu convinto dall’amico e compagno di squadra Fabrizio Poletti ad abbandonare l’usuale ritiro post-partita prima del termine. Non avendo con sé le chiavi di casa, Meroni si diresse verso il bar che di solito frequentava per telefonare alla sua compagna. Attraversò avventatamente con Poletti Corso Re Umberto nei pressi del civico 46: percorse la prima metà della carreggiata, fermandosi in mezzo alla strada e aspettando il momento buono per passare nell’intenso traffico.

Dalla loro destra sopraggiunse un’automobile. Meroni e Poletti fecero un passo indietro e furono investiti da una Fiat 124 Coupé proveniente dalla direzione opposta, che dopo l’urto si fermò lungo il marciapiede. Poletti fu colpito di striscio, mentre Meroni, investito alla gamba sinistra, fu sbalzato in aria dall’impatto e cadde a terra nell’altra corsia. Fu travolto da una Lancia Appia, che ne trascinò il corpo per 50 metri. Meroni fu portato all’ospedale Mauriziano da un passante, Giuseppe Messina, perché l’ambulanza rimase imbottigliata nel traffico post-partita. Arrivò al nosocomio con le gambe e il bacino fratturati, e con un grave trauma cranico. Morì poche ore dopo, alle 22.40.

La Fiat 124 Coupé era guidata da Attilio Romero, un diciannovenne neopatentato, di buona famiglia e figlio di un medico agiato. Dopo l’incidente, si presentò spontaneamente alla Polizia che lo interrogò fino a tarda notte. Fu rilasciato e tornò a casa: abitava proprio in Corso Re Umberto, a soli 13 numeri civici di distanza dalla mansarda di Meroni.Romero nel giugno 2000 divenne presidente del Torino.

Più di 20.000 persone parteciparono ai funerali di Meroni e il lutto scosse la città. Dal carcere Le Nuove di Torino alcuni detenuti fecero una colletta per mandare fiori. La stampa sembrò per un attimo perdonargli la bizzarrie che gli aveva contestato in vita (i capelli lunghi, la barba incolta, le calze abbassate), ma la Diocesi di Torino si oppose al funerale religioso di un “peccatore pubblico” e criticò aspramente don Francesco Ferraudo, cappellano del Torino calcio, che lo celebrò comunque. Meroni infatti conviveva con Cristiana Uderstadt, una ragazza di origine polacca figlia di giostrai, che era ancora formalmente sposata con un regista romano, sebbene in attesa di annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota, in un’epoca in cui in Italia non era stato ancora introdotto il divorzio.

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Monumento in granito rosso eretto nel 2007 dal Comune di Torino (quarantennale della morte) nel luogo dove venne investito Gigi Meroni

Tratto dal sito:  http://www.gigimeroni.com/storia.html

Con i granata allenati da Nereo Rocco l’ala numero 7 si fa immediatamente apprezzare per le sue giocate, i suoi dribbling e i suoi goal che, anche se pochi (nel Toro 24), sono ricordati nelle migliori cineteche del calcio.
Al “calciatore-beat” (uno dei suoi tanti soprannomi) non piace tirare rigori, ha bisogno di azioni, di agonismo. È un lottatore, l’artista del gol impossibile, dei dribbling disegnati su tela dalla mano di un genio, il giocatore più atterrato in area di rigore dai terzini innervositi dalle sue finte ubriacanti, ma anche quello che fa segnare tanto i compagni. Lo sa bene Combin, suo grande amico, scaricato da Juventus e Varese perché “finito” e rinato nel Torino grazie a Meroni, l’ala che gli passa la palla sempre nel momento giusto. Per gli altri giocatori granata, Gigi è una persona su cui si poteva contare, un amico capace, nonostante la sua sregolatezza, di essere un elemento fondamentale per un gruppo compatto e affiatato.

Un elemento di queste caratteristiche sarebbe l’orgoglio di ogni tifoso, ma il personaggio di Gigi non si ferma solo all’immagine del calciatore, è molto, molto di più.
Meroni ascolta i Beatles e la musica jazz, dipinge quadri legge libri e scrive poesie. Convive nella “mansarda di Piazza Vittorio” insieme a Cristiana, la “bella tra le belle” dei Luna Park della quale si innamorò follemente tanto da presentarsi al matrimonio imposto dai genitori di lei per cercare di fermare la cerimonia.
“Mister mezzo miliardo”. Così lo chiamano i giornalisti quando il giovane Agnelli cerca di portare l’ennesimo campione alla Juventus sborsando una cifra per quei tempi era impensabile. Ma una vera e propria rivolta dei tifosi del Toro impedisce il suo trasferimento. I giovani tifosi si identificavano in Meroni, il loro “calimero”  (soprannome che non ha mai amato) per via dei capelli lunghi e dei basettoni, un esempio da seguire in campo e nella vita degli anni che precedono il ’68.
Quando Edmondo Fabbri lo chiama in nazionale gli impone la condizione di tagliarsi i capelli. Lui che disegna i vestiti che indossa sui modelli di quelli dei Beatles, che passeggia per Como portando al guinzaglio una gallina, che si traveste da giornalista e chiede alla gente cosa pensa di Meroni, la giovane ala destra del Torino, e ride se la risposta è che non lo conoscono, non avrebbe potuto rinnegare il suo ego e rifiuta la convocazione.