<<<<<<<<<< Lorenzo Parelli, lo studente morto…. – La sentenza >>>>>>>>>>
| Data: | Udine, 29 ottobre 2024 |
| Titolo: | Lorenzo Parelli, lo studente morto nell’ultimo giorno di stage: condannati il tutor e un collega |
| articolo Link: | https://www.today.it/citta/lorenzo-parelli-morto-alternanza-scuola-lavoro-condanne.html |
| articolo: | Il 18enne è morto il 21 gennaio del 2022 mentre stava svolgendo l’alternanza scuola-lavoro in un’azienda metalmeccanica di Udine |
Il primo era a casa con il Covid, il secondo si era allontanato dalla postazione di lavoro. Per la morte di Lorenzo Parelli, lo studente di 18 anni morto l’ultimo giorno di stage in un’azienda di Udine, sono stati condannati il tutor e il collega del ragazzo per omicidio colposo con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
L’operaio che quel giorno era affiancato alla vittima, e che si era allontanato dalla postazione, è stato condannato a 3 anni di reclusione con il rito abbreviato. Per il tutor aziendale, assente il giorno dell’incidente a causa del Covid, 2 anni e 4 mesi. L‘imprenditore per la sua azienda ha accettato il patteggiamento di 3 anni e una sanzione di 23 mila euro.
Chi era Lorenzo Parelli – Lorenzo Parelli è morto il 21 gennaio del 2022 mentre stava svolgendo l’alternanza scuola-lavoro in un’azienda metalmeccanica di Udine. Quello era il suo ultimo giorno di stage. Il ragazzo, che al momento dell’incidente stava frequentando il quarto anno di studi in meccanica industriale al Centro di formazione professionale dell’Istituto salesiano Bearzi di Udine, è morto schiacciato da una putrella d’acciaio di 150 chili. È’ morto sul colpo.
Un episodio drammatico ricordato al Concerto del 1° maggio ma anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia nel suo discorso di insediamento, sia a Udine quando incontrò i genitori, sia nei giorni scorsi in per la firma della “Carta di Lorenzo” da parte del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini. Si tratta di un documento dedicato alla memoria del ragazzo con cui Confindustria si impegna a promuovere la sicurezza negli ambienti di lavoro per una maggiore tutela degli studenti impegnati in percorsi di formazione in azienda
<<<<<<<<<< INPS – Arsenale militare >>>>>>>>>>
| Data | 30 settembre 2024 |
| Titolo | Taranto, impiegata si ammalò per colpa dell’amianto: il Tribunale le riconosce la pensione anticipata |
| Articolo Link | https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/taranto/1546461/taranto-impiegata-si-ammalo-per-colpa-dell-amianto-il-tribunale-le-riconosce-la-pensione-anticipata.html |
| articolo | La decisione della sezione distaccata di Taranto della Corte d’assise d’appello di Lecce |
TARANTO – «La neoplasia ovarica diagnosticata alla ricorrente può essere posta in connessione (quantomeno) concausale con l’esposizione ad amianto avvenuta nel corso dell’attività lavorativa espletata dalla stessa dal 1979 al 2013»: Sono queste alcune delle motivazioni con cui il giudice del lavoro di Taranto, ha condannato Inps al pagamento di 58mila euro come differenza della pensione percepita a una donna che aveva lavorato come impiegata nell’Arsenale militare e a cui era stata riconosciuta la malattia professionale con sentenza nel 2019: l’amianto, a cui la dipendente era stata esposta per oltre vent’anni lavorando in qualità di controllo dei lavori di manutenzione delle navi e si era ammalata di un cancro alle ovaie. È stato il giudice Miriam Fanelli ad accogliere la richiesta presentata dall’avvocato Fabrizio Del Vecchio ed emettere il verdetto, condannando l’Ente previdenziale a riconoscere la pensione anticipata.
I fatti risalgono al 2014 quando alla donna viene diagnosticato e asportato chirurgicamente un carcinoma alle ovaie: una forma di tumore, il «cistoadenicarcitoma» riconducibile alla presenza di fibre velenose. Dopo aver presentato a Inail, quello stesso anno, richiesta di malattia professionale per il periodo dal 1979 al 1992, la condizione le era stata confermata con sentenza del 2019 dal giudice del lavoro.
Nel 2018 la lavoratrice aveva inoltre chiesto che le fosse riconosciuta la malattia professionale anche per gli anni successivi al 1992, senza però alcun riscontro da parte dell’Istituto Nazionale. Aveva poi inoltrato richiesta di pensionamento anticipato: domanda che però l’Ente previdenziale aveva rigettato ritenendo che mancassero settimane di contributi e che solo nel 2021, con la “quota100” era riuscita a vedersi accolta, senza le maggiorazioni previste in caso di amianto.
È a questo punto che l’ex dipendente ha deciso di fare ricorso per il ricalcolo dell’importo della pensione percepita: richiesta a cui Inps aveva obiettato per lo scadere del termine massimo per richiedere il pagamento delle differenze dei ratei già percepiti e rigettando la richiesta.
A tal proposito, in questa sentenza, il giudice non solo ha spiegato che nel caso specifico «la prescrizione decorre da quando il lavoratore abbia conoscenza o conoscibilità di aver contratto malattia professionale» ma ha anche riconosciuto gli anni non inclusi nella prima sentenza, sottolineando che la stessa «continuava a svolgere le medesime mansioni per cui Inail aveva già riconosciuto l’esposizione qualificata ad amianto».
Sostanzialmente il magistrato ha spiegato che per i termini della prescrizione con cui Inps ha tentato di liquidare il ricorso, fa data da quando le è stata riconosciuta la malattia professionale e non dal momento in cui ne aveva fatto richiesta, 12 anni prima. Il giudice per il lavoro, ha inoltre condannato Inps al pagamento delle spese della causa, delle spese generali sostenute al 15 per cento e delle consulenze tecniche.
<<<<<<<<<< Processo Ex ILVA >>>>>>>>>>
| Data | 13 settembre 2024 |
| Titolo | Ex Ilva, annullata la sentenza del processo. Il procedimento si trasferisce a Potenza |
| Articolo Link | https://www.ansa.it/puglia/notizie/2024/09/13/ex-ilva-annullata-la-sentenza-del-processo.-il-procedimento-si-trasferisce-a-potenza_875eafdc-1ca7-4926-9770-af99a8f358de.html |
| articolo | La decisione della sezione distaccata di Taranto della Corte d’assise d’appello di Lecce |
La sezione distaccata di Taranto della Corte d’assise d’appello di Lecce ha annullato la sentenza di primo grado del processo Ambiente Svenduto a carico di 37 imputati e tre società per il presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva negli anni di gestione dei Riva.
E’ stata accolta la richiesta dei difensori di spostare il procedimento a Potenza in quanto i giudici tarantini, togati e popolari, che hanno emesso la sentenza di primo grado, sarebbero a loro volta da considerare ‘parti offese‘ del disastro ambientale. La Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Potenza per gli adempimenti di competenza
In primo grado furono 26 le condanne nei confronti di dirigenti della fabbrica, manager e politici, per circa 270 anni di carcere. La Corte d’Assise stabilì sia la confisca degli impianti dell’area a caldo che la confisca per equivalente dell’illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici, per una somma di 2,1 miliardi.
La Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Antonio Del Coco (affiancato dal giudice Ugo Bassi e dalla giuria popolare) ha letto solo il dispositivo dell’ordinanza, mentre le motivazioni saranno depositate entro 15 giorni.
Il deputato di Avs Angelo Bonelli di dice “esterrefatto“. “L’inquinamento è stata un’invenzione? Morti e malattie non hanno responsabilità? Questa non è giustizia – afferma -. Con questa decisione, su Taranto si infligge l’ennesima ferita dopo il disastro sanitario. I dati – aggiunge – parlano chiaro. A Taranto, nel corso degli anni, è stato immesso in atmosfera il 93% della diossina prodotta in Italia, insieme al 67% del piombo, secondo quanto riportato dal registro Ines dell’Ispra, successivamente diventato E-Prtr. Questa situazione ambientale drammatica spinse, il 4 marzo 2010, l’autorità sanitaria a vietare il pascolo entro un raggio di 20 km dal polo siderurgico“. Per Bonelli “siamo di fronte a uno dei disastri sanitari e ambientali più gravi della storia italiana ed europea, che ha causato troppe vittime, soprattutto tra i bambini. L’indagine epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità lo conferma in maniera inequivocabile. Oggi, questa sentenza che annulla quanto stabilito in primo grado non rappresenta un atto di giustizia, ma una ferita inferta a chi ha già pagato un prezzo altissimo con la propria salute e con la propria vita“.
<<<<<<<Processo: Il crollo della gru in via Genova>>>>>>>
| Data | 13 settembre 2023 |
| Titolo | Il crollo della gru in via Genova, oggi il via al processo: “Omissioni e superficialità nei controlli” |
| Articolo Link | Crollo della gru in via Genova, oggi il via al processo – La Stampa |
| articolo | Nell’incidente morirono tre montatori specializzati, 5 gli imputati |

«Sei sempre stato quel tipo di persona che faceva di tutto per rendere felici gli altri». Sui loro profili Facebook, gli amici continuano a pubblicare foto e pensieri per Filippo Falotico. «Il piccolo Hulk» lo chiamavano così, bassino ma grande forza. Filippo, 20 anni, montatore specializzato, è morto il 19 dicembre 2021 insieme ad altri due colleghi, Roberto Peretto e Marco Pozzetti, 52 e 54 anni. Erano impegnati in un cantiere in via Genova, all’altezza del civico 122. Dovevano assemblare la torre edile, ma la gru si è accartocciata su sé stessa e tutto è crollato in pochi istanti.
All’origine della tragedia, secondo gli accertamenti della procura, ci sarebbero missioni e superficialità nei controlli. E oggi a Palazzo di Giustizia si apre il processo. Cinque gli imputati accusati di omicidio colposo: Enrico Calabrese, ex titolare della ditta colosso nel settore autogrù, difeso dall’avvocato Saverio Rodi; Stefano Sprocatti, di Locagru, assistito dal legale Vittorio Gromis di Trana; Mirzad Svrka, 39 anni, il manovratore che quella mattina pilotava il braccio dell’autogrù. E ancora. Federico Fiammengo, titolare della società edile appaltatrice dei lavori di rifacimento del palazzo e Roberta Iandolino, a coordinatrice della progettazione ed esecuzione dei lavori difesa dall’avvocata Donatella Mondini.
Secondo le perizie disposte dal pubblico ministero Giorgio Nicola e del procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo che hanno coordinato le indagini, l’autogrù della ditta Calabrese non sarebbe stata idonea al lavoro. Avrebbe dovuto sollevare il braccio della gru edile, fornita da Locagru, ma era troppo corta per completare l’aggancio alla cuspide della torre. Nel tentativo di terminare l’operazione, nella fase più delicata dell’assemblaggio, ha iniziato a ondeggiare ed è crollato tutto.
Tragedia in via Genova, 5 le persone indagate per il crollo delle due gru che provocò tre vittime
E chi avrebbe dovuto controllare, secondo i magistrati, non ha monitorato. Nessuno avrebbe coordinato i lavori né verificato l’adeguatezza dei materiali. Nessuno avrebbe richiesto e visionato il piano di sicurezza e controllato che l’autogrù fosse adeguata al montaggio alla torre edile. La procura contesta anche degli errori di manovra. Dal mastodontico camion giallo, Mirzad Svrka azionava le leve e comandi, pilotava il braccio d’acciaio telescopico. Sopra di lui, a 40 metri d’altezza, c’erano i tre montatori in collegamento telefonico. Forse uno sbilanciamento, forse una manovra non ben calibrata, insieme a un’autogrù non idonea, ha provocato il collasso delle strutture.
Numerosi gli approfondimenti tecnici disposti dai magistrati durante le indagini. I consulenti del Politecnico e gli investigatori dei vigili del fuoco hanno studiato i rottami e l’analisi dei parametri tecnici registrati dal data logger dell’autogru, una sorta di scatola nera. Al vaglio manutenzioni, prescrizioni, il piano di sicurezza.
Altro fronte di indagine è stata la questione della strada. Perché era rimasta aperta al traffico, benché con carreggiata ridotta? Al momento del crollo stava transitando un’auto: il conducente è rimasto ferito. Pochi istanti prima è passato un bus della linea 63 con a bordo una dozzina di passeggeri.
<<<<<Dodici vigili del fuoco morti di cancro>>>>>
| Data | 11 aprile 2023 |
| Titolo | Dodici vigili del fuoco morti di cancro, sotto accusa la caserma di Lampedusa |
| Articolo Link | Dodici vigili del fuoco morti di cancro, sotto accusa la caserma di Lampedusa – la Repubblica |
| articolo | Sospetti sul radar attivo fino al 1998 installato dopo l’attacco missilistico libico del 1986 |
Uno sciopero per rompere il silenzio calato sul caso dei tumori che colpiscono i vigili del fuoco di Lampedusa. Come non bastasse l’emergenza sbarchi, un’altra vicenda – che in questo caso ha radici nel passato – crea allarme nell’isola. Il sindacato Uilpa di Agrigento ha deciso di dichiarare lo stato di agitazione a livello provinciale se non arriveranno risposte sulla richiesta di una indagine epidemiologica per scoprire le cause dei tumori che hanno colpito il personale in servizio sull’isola delle Pelagie. Dal 1986 ad oggi sono morte dodici persone, tutte per tumore e malattie cardiache, uno strano caso che ha portato il segretario provinciale Uilpa vigili del fuoco, Antonio Di Malta, a scrivere al prefetto di Agrigento, Maria Cocciufa, e al capo dipartimento, Laura Lega, per esprimere la forte preoccupazione su quanto succede da qualche anno nella caserma.
Secondo Di Malta, che ha firmato il documento indirizzato anche al capo del corpo dei vigili del fuoco, Giulio Parisi, e all’ufficio di coordinamento delle attività sanitaria e di medicina legale, la causa di tutte queste malattie sarebbe da collegare a un radar attivo dal 1986 al 1998 installato dopo l’attacco missilistico libico del 1986, distante circa 400 metri dall’attuale sede della caserma aeroportuale dei vigili del fuoco di Lampedusa.
“Nel periodo in cui era operativo il radar – spiega il sindacalista – si assisteva a un elevato numero di eventi anomali: interruzioni telefoniche, improvvisi blackout televisivi. In quel periodo, il personale accusava, spesso, forti emicranie, scomparsi quando il radar è stato smantellato“. I problemi di salute di molte persone che nel tempo hanno prestato servizio, oltre alle morti, hanno portato il sindacato a chiedere a gran voce una richiesta epidemiologica, richiesta che dopo quasi un anno non è stato però ascoltata. “Avevamo chiesto di mettere in atto verifiche medico-amministrative attraverso un’indagine sanitaria ma non abbiam15o ricevuto risposta – spiega ancora Di Malta – Siamo rammaricati e increduli per il silenzio dell’amministrazione in merito ad un problema che sta creando grande preoccupazione“.
I casi oncologici non si sono infatti fermati e sono ben oltre i numeri attestati dei decessi. Oggi altri vigili del fuoco combattono con un tumore di cui non conoscono le cause, mentre a febbraio, dopo l’ultimo appello alla prefettura, un’altra persona è deceduta sempre per gli stessi motivi. “A questi dobbiamo aggiungere colleghi che hanno ancora oggi il tumore, altri che lo hanno superato e attualmente sono in pensione e ulteriori 4 casi di tumori ai reni“. La prossima arma del sindacato sarà lo sciopero, annunciato e applicato se non arriverà in fretta una verifica dei luoghi da parte degli enti preposti al controllo.
“Per tanti anni abbiamo subito queste radiazioni provenienti dal radar e non sappiamo quali correlazioni ci sono ma sappiamo che ci sono stati i morti, adesso vogliamo capire perché e lo chiediamo a chi deve darci delle risposte“. L’appello adesso vuole arrivare a tutti gli enti e alle persone e a collaborare affinché si raggiunga l’obiettivo dell’indagine saranno anche le altre caserme della provincia ad incrociare le braccia a sostegno dei colleghi di Lampedusa: “Lo dobbiamo alle famiglie delle persone che sono morte e a chi lotta contro questo male“.
<<<<<Incidenti sul lavoro, l’ultimo schiaffo>>>>>
| Data | 04 novembre 2022 |
| Titolo | Incidenti sul lavoro, l’ultimo schiaffo: “Sei caduto? Colpa tua, paga i danni” |
| Articolo Link | Incidenti sul lavoro, l’ultimo schiaffo: “Sei caduto? Colpa tua, paga i danni” – Cronaca (ilgiorno.it) |
| articolo | Infortunati in ospedale costretti a difendersi dalle contestazioni delle aziende, un calvario di carte bollate. Strategie sempre più aggressive in Tribunale: puntano a processi infiniti e a bloccare i risarcimenti |

Milano – La contestazione disciplinare, recapitata dopo l’incidente sul lavoro, suona come uno schiaffo per chi ha rischiato la vita nel cantiere. “L’infortunio a lei occorso – si legge nella raccomandata inviata dall’azienda all’operaio – è interamente attribuibile a sua responsabilità esclusiva“.
Il lavoratore, caduto dal tetto, viene accusato di “non aver utilizzato i dispositivi di protezione individuali” e, inoltre, di aver provocato alla ditta “un danno economico e all’immagine molto rilevante anche se allo stato non ancora interamente quantificabile“. Così la colpa dell’incidente viene scaricata sulle spalle di chi lo ha subito, che in questo modo rischia di rimanere senza il risarcimento dell’assicurazione e anche di perdere il posto, perché la contestazione disciplinare potrebbe essere l’anticamera del licenziamento.
Non è un caso isolato, quello finito sul tavolo della Uil Milano e Lombardia e impugnato dall’avvocato Marco Favara, ma il segno di una “strategia difensiva sempre più aggressiva da parte delle aziende“, soprattutto nel settore dell’edilizia, quando l’infortunio è di una gravità tale da comportare l’apertura di un fascicolo d’inchiesta da parte della Procura. “Abbiamo notato di recente un cambio di atteggiamento rispetto al passato – spiega il legale – mentre prima le aziende puntavano a raggiungere l’accordo con il lavoratore per il risarcimento e a ottenere un patteggiamento, limitando i danni, adesso sono sempre più frequenti i casi di contestazioni disciplinari emesse subito dopo l’infortunio, incolpando il lavoratore di non aver rispettato le norme. Sono contestazioni che non stanno in piedi, ma hanno l’effetto di bloccare o ritardare i risarcimenti. Le aziende preferiscono andare a processo, ‘scommettendo’ sui tempi lunghi della giustizia per ottenere la prescrizione del reato“. continua a leggere su ilgiorno.it
<<<<<Non c’è giustizia se muore un operaio>>>>>
| Data | domenica 24 aprile 2022 |
| Titolo | Non c’è giustizia se muore un operaio: i processi durano fino alla prescrizione. Sono già 13 anni che i famigliari di Vincenzo Spinello aspettano giustizia e solo tra un mese ci sarà il processo di appello. Ma sono quasi tutti così i processi che riguardano infortuni mortali di lavoratori |
| Articolo Link | https://cadutisullavoro.blogspot.com/2022/04/non-ce-giustizia-se-muore-un-operaio-i.html |
| articolo |
Vincenzo Spiniello, 40enne operaio casertano, perse la vita travolto da un manufatto in cemento il 20 luglio del 2009 nel cantiere dove si stava costruendo il nuovo centro fiere di Arezzo. Ci sono voluti otto anni per arrivare al processo di primo grado e ben 13 per il processo di appello, fissato per il 20 maggio a Firenze. Per la morte del lavoratore arrivarono nove condanne per i responsabili e gestori a vario titolo del cantiere, tutte ad 1 anno e 4 mesi: secondo le perizie, infatti, Spinello al momento ddell’infortunio mortale si trovava in una zona pericolosa e non erano state adottate le misure di prevenzione obbligatorie a protezione delle pareti dello scavo. Per l’accusa di omicidio colposo aggravato da violazione delle norme sulla Sicurezza.
<<<<<Lamina: Mai più’, il documentario….>>>>>
| Data | Milano, 16 gennaio 2018 |
| Titolo | ‘Mai più’, il documentario sull’incidente alla fabbrica Lamina: “Un colpo al cuore alla Milano del lavoro” |
| Articolo & Video | https://video.repubblica.it/dossier/articolo-18/mai-piu-il-documentario-sull-incidente-alla-fabbrica-lamina-un-colpo-al-cuore-alla-milano-del-lavoro/329181/329779 |
| articolo |
Gli uffici e le fabbriche sono in piena attività e c’è molta gente in strada. Improvvisamente la sirena di un’ambulanza interrompe la quotidianità: è diretta alla Lamina, fabbrica di nastri di acciaio e di titanio, sulla scena dell’ennesimo incidente sul lavoro. In poche ore si registrano quattro lavoratori morti e due ricoverati in ospedale. Nei giorni successivi si scoprirà che a uccidere Marco Santamaria, Giuseppe Setzu e i fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri è stato l’argon, un gas inerte utilizzato nella fabbrica.
Un documentario, curato da Antonio Pacor e Bettina Gozzano, raccoglie le testimonianze dei lavoratori della Lamina: voci, racconti, emozioni di chi ogni giorno si batte per la sicurezza e la dignità degli operai.a questo mezzo da quando a giugno 2017 si è insediato il nuovo governo
<<<<<La morte degli operai Lamina>>>>>
| Data | Milano, 09 maggio 2019 |
| Titolo | La morte degli operai Lamina, il titolare patteggia 22 mesi |
| Articolo Link | https://milano.repubblica.it/cronaca/2019/05/09/news/la_morte_degli_operai_lamina_ il_titolare_patteggia_22_mesi-225853823/ |
| articolo |
Ha patteggiato un anno e 10 mesi, pena sospesa, dopo aver risarcito le famiglie delle vittime e l’Inail per un totale di circa 4,5 milioni di euro, Roberto Sanmarchi, il titolare della Lamina, l’azienda metallurgica milanese dove il 16 gennaio 2018 morirono quattro operai a causa di una fuoriuscita di gas argon nella vasca di un forno. Lo ha deciso il gup di Milano Manuela Scudieri accogliendo la richiesta della Procura e dei legali Roberto Nicolosi Petringa e Elena Benedetti. L’accusa era omicidio colposo.
| Ci sono vittime tra i 6 operai rimasti intossicati alla Lamina, un’azienda metalmeccanica di Milano. Tempestivo l’intervento di carabinieri, ambulanze e vigili del fuoco. Sembra l’incidente sia avvenuto durante le operazioni di pulizia di un forno interrato a circa due metri di profondità – LEGGI L’ARTICOLO |
Il titolare della Lamina era accusato di omicidio colposo plurimo con l’aggravante di aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. L’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Gaetano Ruta e Letizia Mocciaro, aveva evidenziato una serie di falle nei sistemi di sicurezza della fabbrica, messi in luce da una complessa consulenza tecnica. Era stato accertato che nella fabbrica, infatti, non c’erano “procedure di sicurezza sulla utilizzazione della centralina di allarme del livello di ossigeno” e “sulla gestione della funzione di tacitazione” dell’allarme stesso che quel giorno suonò al mattino e venne probabilmente disattivato da uno dei quattro operai, che poi scesero nella vasca del forno e morirono uno dopo l’altro.
Non è stato, però, mai accertato perché fosse stata aperta la valvola che aveva provocato la fuoriuscita del gas, malgrado il forno non fosse utilizzato in quel momento. I legali del titolare della Lamina hanno sempre spiegato che “in una tragedia di questa portata, essere arrivati in pochi mesi a risarcire tutte le famiglie è un risultato di grande rilievo dal punto di vista umano e della solidarietà e anche processuale”. Nel procedimento era imputata anche la stessa società per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, società che ha patteggiato una sanzione pecuniaria di 36mila euro.
Già lo scorso giugno si era saputo che Sanmarchi aveva risarcito i familiari di una delle vittime, Giuseppe Setzu, e poi erano state chiuse anche le transazioni extragiudiziali con le famiglie dei fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, anche loro dipendenti Lamina. Poi, sono stati risarciti anche i familiari di Marco Santamaria, elettricista di una ditta esterna e la stessa società che collaborava con Lamina per la perdita del lavoratore. Risarcimento versato, poi, anche all’Inail.


