E’ ben gradito un’applauso!!! Grazie
15 dicembre 2025
| Caldaie, stop ai controlli a casa per 20 milioni di impianti? Cosa succede |
| La norma, contenuta nella bozza di un decreto del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, potrebbe cambiare radicalmente le regole sulle verifiche, che dal 2026 potrebbero non richiedere più la presenza fisica per gli impianti sotto i 70 kilowatt |
Addio ai controlli in casa per 20 milioni di caldaie? Al momento siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma a partire dal 2026 le verifiche annuali sulle caldaie a gas potrebbero non richiedere più la presenza fisica dei tecnici, con i controlli che verrebbero effettuati solamente da remoto. La norma è una delle principali novità contenute nella bozza del decreto predisposto dal Mase (il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica), che dovrebbe prendere il posto del Dpr 74 del 2013. Il testo, ancora in fase di valutazione, prevede l’eliminazione delle ispezioni dirette presso abitazioni, uffici e altri edifici per gli impianti con potenza inferiore ai 70 kilowatt. Una caratteristica che coinvolge praticamente tutte le caldaie domestiche presenti sul territorio italiano, pari a circa 20 milioni.
Cosa c’è nella bozza del decreto – La norma, che mira ad alleggerire gli oneri per i cittadini e a rivoluzionare le modalità di verifica degli impianti energetici, potrebbe avere anche dei risvolti negativi, come denunciato dall’Unione Artigiani della provincia di Milano e di Monza Brianza. Ma cosa cambierebbe in concreto? La “voce” in questione è contenuta nell’articolo 8 comma 3 del decreto. Una novità puramente “tecnica“, che però nel concreto avrebbe un effetto sostanziale: niente più ispezioni di persona per le caldaie sotto i 70 kilowatt, per cui resterebbero soltanto i controlli documentali effettuati a distanza. Un cambiamento che, come detto, andrebbe a coinvolgere oltre 20 milioni di impianti domestici presenti in Italia, molti dei quali hanno oltre 15 anni di età.
Eppure, come spiegato al Corriere da Marco Accornero, segretario generale dell’Unione Artigiani della provincia di Milano e di Monza Brianza, la novità potrebbe non “centrare” l’obiettivo di aumentare l’efficienza del sistema: “Affidare la sicurezza delle abitazioni a verifiche a distanza presuppone un sistema informativo che oggi ancora non esiste. I catasti locali degli impianti infatti non sarebbero ben funzionanti a livello provinciale e regionale, e le piattaforme raramente incrociano i dati dei contratti di fornitura del gas con quelli catastali, anagrafici o di abitabilità“. “È evidente che questi controlli comportano un onere per le famiglie – ha aggiunto Accornero -. L’impressione è che si voglia alleggerire questo peso. Però lo si fa a scapito della sicurezza e dell’ambiente. Sarebbe un po’ come togliere il controllo periodico sulle automobili perché costa, con il rischio di avere più incidenti e più inquinamento“.
Controlli ogni 4 anni? – Un’altra problematica evidenziata dall’Unione Artigiani riguarda le verifiche periodiche: “Il nuovo schema di decreto fissa come standard nazionale un solo controllo di efficienza energetica ogni quattro anni, lasciando alle Regioni la possibilità di fare di più, ma solamente nel caso di chiare motivazioni”. Secondo l’associazione, l’intervento potrebbe tradursi in un danno economico per la categoria, con il rischio che gli enti locali accolgano questa semplificazione dei controlli come una riduzione delle spese per i cittadini, in un modo che però non prenderebbe in considerazione i costi indiretti, tra cui quelli sanitari. Infatti, in base ai dati del Comitato italiano gas, tra il 2019 e il 2023 gli incidenti legati al gas canalizzato per usi civili sono stati 1.119, con 128 decessi e 1.784 infortunati. Ultimo, ma non per importanza, c’è anche il problema dell’inquinamento atmosferico. Nelle grandi città, come ad esempio Milano, il periodo dell’accensione dei riscaldamenti coincide con il superamento delle soglie di tolleranza. Di conseguenza, ridurre i controlli sugli impianti, spesso di vecchia generazione, potrebbe comportare un maggior quantità di emissioni e sprechi.
03 dicembre 2025
| Caldaie a gas, marcia indietro da Bruxelles sul divieto: si possono ancora comprare (ma senza incentivi) |
| Nella nuova bozza del regolamento europeo, lo stop a questo tipo di impianti entro il 2029 sembra essere stato revocato. Tuttavia il testo è ancora in discussione e non è escluso possa subire modifiche |
Salta lo stop alle caldaie a gas dal 2029. Nella nuova bozza di revisione del regolamento Ecodesign elaborato dalla Commissione europea, non compare più il divieto di vendere questo tipo di impianti, previsto nelle versioni precedenti del testo.
Un passo indietro significativo ed emblematico dell’approccio più prudente dell’esecutivo Ue sulle politiche green.
Il limite minimo dell’efficienza stagionale: addio allo stop entro il 2029? – Il testo – attualmente in fase di consultazione fino al 26 dicembre, quindi con la possibilità di ulteriori modifiche – introduce requisiti tecnici molto meno restrittivi, permettendo così la permanenza sul mercato sia delle caldaie a condensazione sia di quelle tradizionali.
La proposta ribalta di fatto i criteri stabiliti nel 2023: in particolare, il valore minimo di efficienza stagionale, che era stato fissato a livelli tali da escludere qualsiasi caldaia dal mercato europeo, viene ora rivisto in modo significativo.
Già da quest’anno (1°gennaio 2025) è scattato per gli Stati membri dell’Unione la possibilità di offrire incentivi finanziari per l’acquisto o l’installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili. Ma, stando all’attuale bozza del regolamento, acquistarle sarà comunque possibile.
Almeno fino al 2040, data per cui la cosiddetta direttiva “case green” mantiene l’obiettivo di eliminarle completamente. Si tratta però di un target indicativo, le cui tappe e politiche nazionali sono ancora in fase di definizione.
leggi anche : Case Green: cosa cambierà nelle abitazioni italiane entro il 2030
25 luglio 2025
| Direttiva Casa Green: cosa cambierà davvero per gli italiani |
| Entro il 2030 gli immobili dovranno migliorare l’efficienza: cosa prevede la norma e cosa può fare chi possiede casa |

Dopo mesi di trattative e dibattiti, l’Unione Europea ha approvato la nuova Energy Performance of Buildings Directive (EPBD), chiamata anche Direttiva “Casa Green”, che impone una svolta nel modo in cui produciamo, consumiamo e risparmiamo energia all’interno degli edifici. L’obiettivo è portare il patrimonio immobiliare europeo verso emissioni zero entro il 2050, passando per una serie di traguardi intermedi che iniziano già dal 2030. Un cambiamento che coinvolgerà milioni di famiglie italiane e che sta già sollevando molte domande su obblighi, costi e tempistiche.
Emissioni zero entro il 2050: il piano europeo – La nuova norma serve per ridurre il consumo energetico medio degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, con particolare attenzione agli immobili più energivori, classificati nelle classi F e G. Ogni Stato membro dovrà elaborare un piano nazionale di ristrutturazioni, definendo come e su quali edifici intervenire. L’unico vincolo imposto è che almeno il 55% del risparmio energetico totale derivi da lavori sugli edifici con le peggiori prestazioni.
Per gli edifici di nuova costruzione, dal 2030 scatterà l’obbligo di essere a zero emissioni. Nel caso degli edifici pubblici, la scadenza è anticipata al 2028.
Cosa succede ora in Italia – La direttiva è entrata in vigore a livello europeo il 28 maggio 2024, ma per avere effetti concreti in Italia occorrerà attendere il recepimento nella normativa nazionale. Il termine fissato per l’adeguamento è il 29 maggio 2026. Fino a quella data, non esistono obblighi diretti per i cittadini italiani, ma è già chiaro che il nostro Paese dovrà adottare una serie di misure per rispettare le scadenze previste.
Il Bel Paese deve quindi decidere come distribuire gli oneri e quali strumenti mettere a disposizione dei cittadini per agevolare la transizione.
Chi sarà coinvolto – I principali interessati saranno i proprietari di edifici residenziali con prestazioni energetiche molto basse, in particolare quelli classificati in classe F o G. Questi immobili, se non adeguatamente ristrutturati, rischiano di essere penalizzati sul mercato o di non essere più vendibili in futuro.
Gli interventi richiesti potrebbero includere l’isolamento termico con cappotti esterni, la sostituzione di infissi obsoleti, l’ammodernamento degli impianti di riscaldamento e l’installazione di fonti rinnovabili come pannelli fotovoltaici.
Esenzioni e margini di flessibilità – Non tutti gli edifici saranno obbligati a conformarsi. Sono infatti previste deroghe per alcune categorie, quali edifici storici o vincolati, immobili in aree protette, luoghi di culto, strutture temporanee e case utilizzate per meno di quattro mesi l’anno. Queste eccezioni dovranno però essere definite nel dettaglio da ciascun Paese.
In altre parole, la direttiva stabilisce la direzione, ma lascia ai governi nazionali la possibilità di modellare l’attuazione in base alle proprie esigenze e al proprio patrimonio edilizio.
Addio alle caldaie a metano, spazio a pompe di calore e ibridi – Un altro punto importante è il graduale abbandono delle caldaie alimentate esclusivamente a gas metano. Già dal 2025 queste non saranno più incentivabili tramite bonus edilizi. La scadenza simbolica fissata per la loro eliminazione è il 2040, anche se non costituisce un obbligo vincolante.
Al loro posto, la direttiva promuove tecnologie ibride, come gli impianti che combinano caldaia e pompa di calore e sistemi interamente elettrici. L’obiettivo è favorire l’elettrificazione dei consumi, anche in ambito residenziale, rendendo sempre più centrale il ruolo delle energie rinnovabili.
Ristrutturazioni profonde e nuove agevolazioni – La direttiva punta in particolare alle cosiddette “ristrutturazioni profonde”, ovvero quegli interventi che garantiscono una riduzione significativa dei consumi energetici. I fondi pubblici dovranno essere destinati in via prioritaria a questi lavori.
Tra le forme di sostegno ammesse non ci sono solo le classiche detrazioni fiscali, ma anche strumenti che incidono direttamente sulla spesa dei cittadini, come lo sconto in fattura, oggi quasi scomparso in Italia ma che potrebbe tornare con nuove modalità.
L’importanza della diagnosi energetica – Per sapere se un immobile sarà interessato dalla normativa, il primo passo è conoscere la propria classe energetica. Chi non dispone dell’Attestato di Prestazione Energetica (APE) può rivolgersi a un tecnico abilitato per ottenerlo.
Questo documento è fondamentale in quanto indica quanto consuma l’edificio e quali margini di miglioramento ci sono. In molti casi, già oggi è possibile accedere a bonus e agevolazioni per iniziare i lavori di riqualificazione.
Anche se mancano ancora i decreti attuativi italiani, chi possiede un immobile può iniziare a prepararsi. Ad esempio, si può richiedere una valutazione energetica, informarsi sulle soluzioni tecniche più efficaci e valutare i costi dei lavori necessari.
Chi, invece, vive in un condominio può iniziare a parlarne in assemblea, valutando la possibilità di interventi condivisi. In molti casi, infatti, l’efficienza energetica migliora solo con una ristrutturazione dell’intero involucro dell’edificio.

