E’ ben gradito un’applauso!!! Grazie
Venerdì 29 agosto 2025
| Dietro al forum Phica.eu una società bulgara con titolare italiano (e un giro d’affari di un milione di euro) |
| articolo: https://www.today.it/attualita/phica-titolare-italiano-societa-bulgaria-sofia-Hydra-Group-Eood.html |
| Addentrandosi nei meandri del web e sfruttando i registri delle imprese consultabili, due analisti hanno scoperto che dietro al sito dello scandalo c’è una società bulgara con un titolare italiano |

Sesso, ma anche soldi: a muovere l’attività di Phica.eu sarebbe stato un giro d’affari che nell’ultimo anno ha registrato un fatturato di un milione di euro. Dietro ci sarebbe una società con sede a Sofia, in Bulgaria, la Hydra Group Eood, e un amministratore unico italiano. Sono alcune delle informazioni scoperte da due analisti di intelligence, Valerio Lillo e Lorenzo Romani, che con tecniche Osint (ovvero da fonti aperte) hanno ricostruito il filo che tiene insieme revenge porn e affari.
Chi c’è dietro Phica.eu – L’amministratore e unico proprietario della società bulgara a cui si approda è un italiano. Le iniziali sono R.M.
Come si è arrivati a lui? I ricercatori hanno seguito le tracce nel codice sorgente del sito, nei certificati Ssl (Secure Sockets Layer) dei domini e negli hosting. Il server che ospita la piattaforma ha un indirizzo Ip blindato da Cloudflare. Iscrivendosi al forum e ricevendo la mail di verifica dell’account, tramite le informazioni di invio è stato possibile individuare l’indirizzo Ip corretto, scoprendo anche altri siti collegati.
Tra questi un’altra risorsa online che si chiama webcam.phica.net. Fino a qualche mese la società titolare era la spagnola B4 Web Sociedad Limitada, oggi è la britannica Atelier Noire Ltd. Il portale webcam.phica.net utilizza un indirizzo e-mail con il dominio ragazzeinvendita.com.

Sul footer del sito (la parte in basso, con le informazioni legali) viene menzionata un’impresa terza sita in Bulgaria, la Hydra Group Eood, preposta a gestire i flussi di pagamento.
La consultazione dei registri pubblici bulgari porta facilmente i ricercatori a individuare come socio unico di Hydra Group Eood l’italiano R.M., classe 1961.
“Il soggetto identificato coincide con l’amministratore/titolare di phica.net? Non ne ho la certezza, ma credo proprio che lui lo conosca“, spiega l’analista Lorenzo Romani. Allo stato attuale, comunque, il soggetto italiano identificato dai due ricercatori non può essere ritenuto responsabile per le foto condivise su Phica.eu.
Chiuso Phica.eu, la polizia postale invita a formalizzare le denunce – Ieri, 28 agosto, il sito incriminato è stato chiuso dopo vent’anni di attività, dal 2005, durante i quali ha cambiato dominio (passando da .net a .eu, che portano però alla stessa piattaforma). Il tenore delle pubblicazioni non è mai variato. La polizia postale è impegnata in queste ore a dar seguito alle segnalazioni arrivate da tutta Italia da parte di donne che hanno scoperto le proprie foto sui due“portali” Phica e il gruppo Facebook “Mia Moglie“, anche questo chiuso negli ultimi giorni.
La polizia postale ha invitato le vittime a formalizzare la propria denuncia, condizione necessaria per la procedibilità del reato di revenge porn.
Leggi anche: Come capire se le tue foto sono finite in forum sessisti come Phica.eu e Mia Moglie
| Come capire se le tue foto sono finite in forum sessisti o siti porno |
| La scoperta del gruppo Facebook Mia moglie e della piattaforma Phica ha seminato l’allarme tra le donne. Anche le immagini pubbliche possono essere utilizzate per sessualizzare le vittime inconsapevoli: gli strumenti per difendersi |

Sempre più donne stanno scoprendo di essere finite su forum e gruppi sessisti come Phica.eu e Mia moglie. Le loro foto, anche pubbliche, sono state date in pasto a utenti anonimi che avevano come unico scopo quello di sessualizzarle e di dare sfogo ai loro commenti ingiuriosi e volgari. In alcuni casi la loro immagine è stata estrapolata da un social per calarla nel contesto dell’apposito portale. Altre vittime hanno visto invece scatti privati o rubati dai propri partner divenire di pubblico dominio. Mentre le indagini della polizia postale proseguono – nonostante la chiusura delle piattaforme contestate – e le denunce si moltiplicano, viene naturale chiedersi come scoprire l’uso improprio delle proprie foto. Ecco qualche strumento utile.
I motori di ricerca – Da nemici, i motori di ricerca possono diventare i nostri amici più fidati quando si tratta di stanare le nostre immagini pubblicate online. Basta infatti inserire il nostro nome e cognome seguito dal sito sospettato, come Phica.eu, e scoprire se si è finiti nella rete di commenti. Per esempio, se si digita su Google search “Chiara Ferragni phica.eu” esce fuori un thread a lei dedicato.

Attenzione però, la nostra ricerca non riesce a penetrare il dark web e tutte quelle piattaforme criptate. Per ottimizzare l’indagine potrebbe risultare utile l’utilizzo dei cosiddetti “operatori booleani“, ovvero chiavi di ricerca molto specifiche che guidano la nostra analisi del web. Per sfruttare questi operatori, che non sono altro che dei simboli per filtrare i risultati, basta copiare e incollare sulla barra di ricerca questa richiesta e inserire nome e cognome site:phica.eu AND “nome e cognome” OR “cognome e nome” OR “nome” AND “città” OR “cognome” AND “città”.
Il riconoscimento facciale e tramite pixel – Se invece non si è sicuri che abbiano usato proprio il nome, ci sono degli strumenti e delle applicazioni che a partire dalle immagini scandagliano il web per capire se si trovano altrove. Possono tornarci utile nella nostra ricerca. PimEyes è l’unico software open source che scandaglia il web utilizzando la sua potenza di calcolo per il riconoscimento facciale. Basta dargli in pasto un’immagine e PimEyes restituirà i risultati trovati online con l’indirizzo del sito dal quale proviene l’immagine.
Uno strumento simile è Google immagini. Per attivare questa ricerca basta cliccare l’icona a forma di macchina fotografica sul lato destro della barra di ricerca Google. Il tool chiedere di trascinare l’immagine da cercare o di caricare un file. Il sistema poi troverà un “match” confrontando i pixel della foto inserita con le risorse che ha disposizione per il web.
Google alert – Un altro tool molto utile è Google alert. Questo strumento permette di ricevere via email le notifiche su argomenti specifici non appena nuovi contenuti relativi a questi argomenti vengono pubblicati sul web. Ma è possibile anche inserire il proprio nome e cognome così da essere avvisati ogni qual volta si verrà citati online.
Aggiungere watermark – Esistono inoltre servizi che inseriscono marcatori invisibili (anche chiamati watermark) nelle immagini: se la foto viene riutilizzata altrove, puoi rintracciarla più facilmente.
A chi rivolgersi – Se il sospetto diventa certezza, non bisogna restare soli. In Italia è possibile rivolgersi alla polizia postale, che raccoglie segnalazioni online, e a diverse associazioni come PermessoNegato o Telefono Rosa, che offrono supporto legale e psicologico. “Il primo errore è vergognarsi — spiegano gli operatori — perché il problema non è di chi subisce, ma di chi diffonde senza consenso“. In caso di ritrovamento delle proprie immagini in un forum o canale privato, la regola è chiara: non interagire mai con gli autori, per non esporsi a ulteriori rischi. Meglio raccogliere prove, salvare screenshot con Url e data, e procedere con una segnalazione.
Cosa rischia chi commenta – È molto difficile fornire una risposta sintetica a chi si chiede quali reati commetta l’autore di commenti o post ingiuriosi. Bisognerebbe innanzitutto ragionare per singolo caso e, soprattutto, identificare il messaggio contestato. Infatti, quando si tratta di diffamazione non esiste la procedibilità d’ufficio. In parole povere, deve essere la stessa vittima a denunciare il fatto alle autorità.
Inoltre, in base al contenuto dei commenti si potrebbe sconfinare nell’accusa di istigazione a delinquere (se si minaccia una persona o si induce persone terze a commettere reati) e di vilipendio di organi e personalità dello Stato (visto che anche la premier Giorgia Meloni, tra le tante politiche, ne è stata vittima).

