E’ ben gradito un’applauso!!! Grazie
Giovedì 24 luglio 2025
| Perché Instagram e Facebook ci chiedono di scegliere tra pubblicità e abbonamento |
| Nelle due app di Meta compare un messaggio che chiede se vogliamo continuare a usare l’app così com’è o liberarci delle pubblicità, in cambio di un canone mensile. Ma la realtà è più complessa |

Quando, all’apertura dell’app di Instagram o Facebook, compare quel messaggio invita a “controllare se possiamo trattare i tuoi dati per le inserzioni”, molti pensano subito a un errore o, peggio, a un tentativo di phishing. In realtà è la manifestazione più visibile di un negoziato sotterraneo che da anni contrappone Meta ai regolatori europei. Da un lato c’è un colosso costruito sul marketing personalizzato, dall’altro un pacchetto di norme – GDPR, Digital Markets Act e Digital Services Act – che mira a ridurre lo strapotere degli “gatekeeper” online. La finestra che offre due strade, continuare gratis vedendo annunci o pagare 7,99 € al mese per non vederne più, non è dunque un’improvvisa svolta commerciale, ma l’esito di sentenze, decisioni amministrative e pressioni politiche che chiedono una forma di consenso più libera e trasparente.

Come siamo arrivati a questo punto – Nel luglio 2023 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che un abbonamento può valere come “consenso” al trattamento dei dati soltanto se al fianco esiste una versione gratuita equivalente sul piano funzionale. Pochi mesi dopo, a novembre 2023, Meta ha quindi lanciato in tutta la UE la sottoscrizione “no ads”, venduta inizialmente a 12,99 € su mobile e a 9,99 € sul web. L’azienda pensava di avere così soddisfatto le esigenze normative, ma la Commissione ha contestato il modello “paga o accetta” perché non lasciava la possibilità di rinunciare alla pubblicità personalizzata senza costi aggiuntivi. Di fronte al rischio di multe fino al 5% del fatturato quotidiano, Meta ha ridotto del 40% il prezzo dell’abbonamento (ora 7,99 € su smartphone e 5,99 € via browser) e introdotto la terza opzione “inserzioni meno personalizzate”, ossia annunci basati su un set minimale di dati – età, genere, città approssimativa e contenuto visualizzato negli ultimi due ore – con l’aggiunta di brevi spot video non skippabili.

Che cosa cambia davvero – Nel momento in cui l’utente clicca su “Inizia”, si trova a riaffermare una scelta che aveva già compiuto un anno fa. Decidere di restare gratuito equivale ad accettare che il motore algoritmico continui a intrecciare like, commenti, pagine visitate e abitudini di navigazione esterne per dare forma a un profilo pubblicitario dettagliato. Rinunciare alle pubblicità invece significa pagare un canone mensile, che copre sia Instagram sia Facebook, e vedersi azzerare, almeno in teoria, ogni forma di targeting comportamentale. Nel mezzo c’è la zona grigia degli annunci “contestuali”, cioè quelli che si appoggiano solo sul contesto immediato e su poche informazioni anagrafiche. Per l’utente questo comporta spot meno pertinenti, interruzioni più invadenti e la percezione di trovarsi davanti a un feed un po’ più simile alla televisione generalista che a un catalogo su misura.
Il prezzo della privacy – Che un algoritmo possa attribuire un valore monetario al nostro pacchetto dati non è un’idea nuova, ma mai era stata esplicitata in modo così trasparente. Con la riduzione dei prezzi, Meta dice implicitamente che la monetizzazione media di ciascun profilo europeo si aggira sui 72 € l’anno, cifra vicina alle stime di fatturato pubblicitario pro capite emerse dai bilanci recenti. Non a caso, analisti interpellati da CNBC parlano di un impatto potenziale del 10-15% sulle entrate pubblicitarie europee se un numero significativo di persone dovesse pagare l’abbonamento. L’azienda scommette però sul fatto che la maggioranza, come accaduto con YouTube Premium o Spotify, continuerà a preferire la versione gratuita, sopportando un’esperienza un po’ meno ergonomica pur di non versare un obolo mensile.
Il quadro normativo – Dietro la schermata che tutti vedono c’è un mosaico di regole che vale la pena ricapitolare. Il GDPR, entrato in vigore nel 2018, ha fissato il principio di “consenso libero, specifico, informato e inequivocabile”. Il DMA, arrivato nel 2023, impone ai gatekeeper – categoria in cui rientra pienamente Meta – di offrire un’alternativa alla combinazione indiscriminata di dati personali. Il DSA, operativo dal febbraio 2024, vieta la profilazione basata su dati sensibili e tutela i minori da qualunque targeting comportamentale. La convergenza di queste norme ha costretto Meta a tradurre in una scelta binaria (pagare o accettare) ciò che la legge descrive come un diritto fondamentale: decidere in che misura i propri dati possano essere la benzina dell’economia dell’attenzione.
Le critiche – Fin dal primo annuncio, organizzazioni come BEUC, NOYB e Assoutenti hanno contestato l’interfaccia definendola “dark pattern”, cioè un design che spinge subdolamente verso l’opzione più redditizia per l’azienda. Il pulsante per restare con le inserzioni è grande e colorato, quello per pagare è meno evidente, e mancava una via di mezzo. La nuova alternativa con ads meno personalizzati avrebbe dovuto placare le proteste, ma ha sollevato altri dubbi: perché introdurre spot non skippabili, se non per rendere l’esperienza intenzionalmente fastidiosa e spingere verso il canone?
Conseguenze pratiche per pubblico, aziende e creator – Per gli utenti la novità principale è la consapevolezza che la privacy ha un prezzo esplicito. Chi paga ottiene un feed relativamente “pulito”, senza tracciamento incrociato fra servizi, anche se i contenuti sponsorizzati degli influencer che si seguono restano visibili perché non transitano dall’Ad Manager. Chi resta nel livello gratuito accetta di cedere i propri dati oppure, se sceglie la via meno personalizzata, di subire interruzioni pubblicitarie più lunghe. I brand dovranno spartire il budget tra tre filoni: campagne classiche basate su profili, inserzioni contestuali e contenuti organici brandizzati, con un probabile aumento del costo per mille impression nelle prime due categorie. I creator, infine, scopriranno che in un feed sfoltito dagli annunci i loro post sponsorizzati spiccano di più, aumentando il valore delle collaborazioni commerciali, ma dovranno etichettarle con una trasparenza che il DSA rende obbligatoria.
YouTube offre dal 2018 un abbonamento che elimina gli ads e aggiunge download offline, ma costa 11,99 €, quasi il doppio rispetto alla cifra chiesta da Meta sul web. TikTok sta testando qualcosa di simile nel Regno Unito, mentre X (l’ex Twitter) abbina la rimozione parziale della pubblicità a funzioni extra come post lunghi e spunta blu, per 9,68 €.
Possibili sviluppi – Molto dipenderà dal giudizio definitivo della Commissione europea sull’alternativa “meno personalizzata”. Se verrà considerata insufficientemente equivalente, scatteranno penali che possono toccare 22,5 milioni di euro al giorno. Gli osservatori immaginano un eventuale compromesso con un quarto pulsante, “decidi più tardi”, che ridarebbe all’utente un margine di scelta dilazionata nel tempo. Nel frattempo Meta potrebbe investire in un marketplace pubblicitario fondato solo su segnali contestuali, utilizzando intelligenza artificiale generativa per interpretare in tempo reale il contenuto di un Reel o di una foto e abbinargli lo sponsor più pertinente, senza leggere l’intera cronologia sociale di chi guarda.
Il costo della gratuità – Che si paghi o meno l’abbonamento, l’esperienza quotidiana dei social in Europa non sarà più la stessa. Il messaggio comparso sugli schermi ricorda che la gratuità ha sempre avuto un costo occulto, la cessione dei dati; ora quel costo è quantificato con due decimali e può essere saldato in contanti. La negoziazione fra diritti individuali e modello di business, iniziata nel continente, potrebbe contagiare altre giurisdizioni. Se dovesse passare l’idea che la pubblicità personalizzata sopravvive solo come opzione premium, l’economia dell’ad-tech sarebbe costretta a reinventarsi. Per gli utenti, conoscere le conseguenze di ciascuna scelta resta il primo passo per navigare consapevolmente questo nuovo paesaggio digitale.

