E’ ben gradito un’applauso!!! Grazie
Domenica 25 maggio 2025
| Dopo il flop sportivo il Milan vede il rosso nel bilancio: Cardinale alla prova del mercato per non svalutare l’investimento |
| articolo Di Luciano Mondellini: https://www.calcioefinanza.it/2025/05/25/milan-bilancio-rosso-progetto-cardinale-redbird/ |
| Fuori dall’Europa dopo anni, il club rossonero è chiamato al rilancio: tra nuovo stadio, mercato estivo e scelte dirigenziali, la stagione 2025/26 sarà cruciale per il progetto di Gerry Cardinale. |
La vittoria del campionato da parte del Napoli sull’Inter ha alleviato soltanto in parte le pene dei tifosi del Milan che non vedranno la propria squadra partecipare alle coppe europee nella prossima stagione. Un evento che non si verificava dal 2019/20 quando il club presieduto da Paolo Scaroni si accordò con l’UEFA per un anno di esclusione dalle coppe per le violazioni legate al Fair Play Finanziario. Sul campo invece l’ultima stagione negativa al punto tale da non entrare nelle coppe risale a quella 2015/16, quando la squadra allora allenata da Sinisa Mihajlovic (a cui nelle ultime cinque giornate subentrò Cristian Brocchi dopo l’esonero del tecnico serbo) terminò settima in campionato.
È evidente che un tale fallimento è scaturito da molti errori che nei mesi scorsi sono stati messi in evidenza dalla stampa sportiva e non solo. C’è chi sostiene che il declino sia partito dall’allontanamento dei responsabili dell’area tecnica di Paolo Maldini e Frederic Massara nel giugno 2023 o chi punta sulla scelta sbagliata sul tecnico di questa stagione:
- prima il tentennamento se tenere o meno Pioli (sino a che l’eliminazione nei quarti di Europa League nell’aprile 2024 convinsero la società a non continuare con l’allenatore emiliano);
- poi il no ad Antonio Conte, che pure si era offerto;
- poi la virata su Julen Lopetegui (non preso perché inviso alla piazza);
- infine la scelta di Paulo Fonseca e poi quella su Sergio Conceicao.
Inoltre tra le cause più citate appaiono la mancanza di un nucleo italiani di giocatori o la mancanza di un direttore sportivo esperto che non solo possa guidare il mercato ma anche la gestione della squadra durante la stagione. Una mancanza quest’ultima che dovrebbe trovare una soluzione con la nomina dell’ex Lazio Igli Tare.
Quel che è certo è che, quale che siano le cause, il Milan quest’anno, pur disponendo del terzo monte ingaggi in Serie A,
- è uscito dalla lotta scudetto praticamente in autunno;
- dopo aver brillantemente vinto a Madrid contro il Real, ha gettato alle ortiche la qualificazione diretta per gli ottavi di Champions League perdendo inopinatamente a Zagabria;
- Di qui è stato costretto ai playoff della massima competizione europea dove è stato eliminato dai modesti olandesi del Feyenoord;
- poi, dopo essere stato nelle prime quattro posizioni nella classifica di campionato in avvio di stagione, è crollato confermandosi intorno all’ottavo posto e inoltre ha perso la finale di Coppa Italia contro il Bologna.
Se vogliamo le uniche soddisfazioni di stagione sono state:
- la partita del Santiago Bernabeu di cui sopra;
- il derby vinto a inizio annata per 2-1;
- soprattutto la Supercoppa Italiana. Anche se, per quanto vinta contro le avversarie storiche Juventus e Inter, è un po’ poco per una squadra partita con ambizioni da titolo in campionato e di fare bene in Europa.
IL BILANCIO VERSO IL ROSSO DOPO DUE UTILI CONSECUTIVI – Al di là delle questioni tecniche, in questa sede però è più importante evidenziare come solo tre anni fa di questi tempi il Milan si era appena laureato Campione d’Italia ed era considerato il club simbolo di un nuovo modo di fare calcio in Italia: un modo che sapeva coniugare i successi sportivi (lo scudetto appunto) con la sostenibilità economica. Visto che il Milan di Elliott non solo era praticamente senza debiti ma il risanamento di bilancio aveva già iniziato a manifestare quei miglioramenti che porteranno poi agli utili delle stagioni 2022/23 e 2023/24 rispettivamente per 6,1 e 4,1 milioni di euro.
Tre anni dopo la situazione è diversa e, se del lato sportivo si è parlato sopra, anche su quello economico la situazione è peggiorata. Secondo le stime di Calcio e Finanza la stagione in corso dovrebbe vedere (al netto della finestra di mercato di giugno aperta appositamente in vista del Mondiale per Club che potrebbe aggiustare le cose in caso di qualche plusvalenza) un ritorno al rosso considerando il divario tra costi e ricavi che, al momento, si aggira intorno ai 25 milioni di euro. Nulla di trascendentale soprattutto se confrontato con bilanci molto più negativi di altre squadre, tuttavia non si può non registrare l’inversione di tendenza nei confronti delle ultime stagioni.
Soprattutto però sarà la stagione 2025/26 a partire sensibilmente a handicap sul lato economico visto che sempre secondo le stime di questa testata quest’anno la principale competizione europea ha portato al club quasi 60 milioni, ai quali si aggiungono tra i 19 e i 20 milioni netti di ricavi per le cinque gare casalinghe tra girone e playoff. Nella prossima stagione potrebbero dunque mancare circa 80 milioni di euro a causa dell’assenza dalla Champions. Se invece si considerano solamente i ricavi di partenza, si parla di circa 40 milioni di euro dalla UEFA, più i ricavi per le partite casalinghe del girone (poco più di 15 milioni circa secondo le stime).
Inoltre il Milan sarà escluso anche da Europa League e Conference League e non essere riusciti a qualificarsi neanche per le due competizioni minori, non consentirà ai rossoneri di mitigare l’assenza dal torneo principale. Accedere all’Europa League avrebbe portato in dote almeno 13 milioni di euro di partenza, ai quali aggiungere le quattro partite casalinghe del girone e con la possibilità di progredire nella competizione. E quindi raggiungere la finale può valere fino a 35 milioni di euro, a cui aggiungere (in caso di successo) il bonus per la vittoria e per la qualificazione alla Supercoppa europea. Discorso simile, seppur con cifre al ribasso, per la Conference League. Per esempio quest’anno il Chelsea finalista ha incassato oltre 20 milioni di euro, cifra che potrà arrotondare in caso di successo nella competizione. Anche in questo caso, andrebbero aggiunte le partite casalinghe del girone (tre e non quattro), per un tesoretto che avrebbe quantomeno attutito la dolorosa caduta dai piani alti del calcio europeo.
È logico quindi pensare che, a meno di un mercato estivo volto a portare al club un impatto a bilancio molto positivo (e quindi con sacrifici sul lato tecnico), difficilmente la stagione 2025/26 non si chiuderà con una perdita.
IL VENDOR LOAN E I NODI DI CARDINALE – Alla luce di tutto questo è lecito domandarsi cosa sia cambiato dalla vittoria dello scudetto 2022 quando il Milan era considerato l’alfiere della sostenibilità economica e intanto vinceva sul campo? Unire i fatti aiuta a capire come la questione si sia modificata.
Innanzitutto va segnalato che nell’estate successiva al titolo nazionale vi fu la cessione del club da parte di Elliott alla RedBird di Gerry Cardinale. Una vendita avvenuta per un valore complessivo pari a circa 1,2 miliardi e che ha visto la società del banker newyorchese versare 600 milioni, mentre il restante è stato saldato con un prestito del venditore (vendor loan) da parte di Elliott per 560 milioni (che, dopo una iniziale scadenza prevista ad agosto 2025, per altro è stato allungato fino al luglio 2028 con un ulteriore investimento da parte di RedBird e un debito ridotto a 490 milioni di euro).
Va notato che il vendor loan è una prassi abbastanza comune in finanza. Il venditore per sua necessità vuole uscire da un investimento per sua convenienza (banalmente gli può servire per liberare spazio per altri investimenti e quindi sceglie di diventare non più il proprietario di quella società ma un mero creditore) e quindi presta soldi a chi acquista per agevolare la transazione. E la decisione per altro appare in linea con la strategia del fondo di Paul Singer visto che Elliott non scelse di compare il Milan ma se lo trovò in portafoglio nel 2018 a causa di un’escussione di un pegno per i mancati pagamenti a prestiti che lo stesso Elliott aveva elargito a Yonghong Li, allora proprietario del Milan.
È evidente però che il vendor loan crea un legame notevole tra le due controparti. Per dirla in maniera brutale è come se una persona acquista una casa accendendo un mutuo pari al 50% circa del valore dell’immobile, è evidente che il proprietario è chi ha acquisito, però è altrettanto palese che si dovrà interfacciare con la banca che gli ha prestato dei soldi, quantomeno per la restituzione del prestito. Di qui le mille speculazioni sulla stampa e nei dibattiti su chi sia il vero proprietario del Milan e sulla sorta di “governo ombra” che Elliott eserciterebbe ancora sulle decisioni di Cardinale. Speculazioni ulteriormente alimentate anche dalla questione che due figure apicali del management del Milan di Cardinale, ovvero il ceo Giorgio Furlani e il cfo Stefano Cocirio, sono due manager provenienti da Elliott.
A livello tecnico va deto che non ci sono dubbi però: il proprietario del Milan è Gerry Cardinale, il quale avrà sì ottenuto un vendor loan per 560 milioni, ma comunque ha pur sempre investito qualcosa come oltre 800 milioni di suo come investimento per il club (oltre ai milioni di cui sopra, ci sono anche 170 milioni nell’ambito del rifinanziamento e 55 milioni di versamenti nelle casse del club). E certamente non sono pochi. Nello stesso modo tecnicamente nulla si può dire sugli incarichi di Furlani e Cocirio nel Milan, visto che i due manager prima di essere nominati ai vertici della società, si sono legittimamente dimessi dai propri ruoli in Elliott.
Quello però che è incontrovertibile è che se la catena di controllo del Milan pre-Cardinale era praticamente senza debito, quella che fa capo all’ex banker newyorkese ne presenta almeno 490 milioni proprio in virtù del vendor loan di cui sopra. E questo non è particolare di poco conto visto che nel progetto a medio-lungo termine, Cardinale, oltre a rimborsare il debito a Elliott (un supporto in questo senso è venuto dall’allungamento della scadenza del loan nel 2028) deve ripagare, possibilmente con una lauta plusvalenza, quegli investitori che hanno immobilizzato il proprio capitale in RedBird dandolo in gestione a Cardinale.
IL PROGETTO SAN SIRO CRUCIALE PER REDBIRD – È evidente quindi che la variabile tempo ha una sua importanza. E sotto questo aspetto la questione nuovo stadio è cruciale.
Sebbene sia ovvio che un club in utile ha più appeal di uno che perde soldi, va notato però che ma al momento si parla di profitti nell’intorno dei 10 milioni aggregati (nelle stagioni 2022/23 e 2023/24) o di una perdita che deriverà dallo squilibrio di 25 milioni tra ricavi e costi quest’anno (sempre se non ci saranno plus/minusvalenze nella finestra di giugno). Tutto sommato cifre che non cambiano il valore del club in maniera tale da redistribuire laute plusvalenze agli investitori di RedBird.
Quello che invece potrebbe spostare gli equilibri è appunto la questione del nuovo stadio. Impianto che nei piani di Inter e Milan dovrebbe assicurare un sensibilissimo aumento di ricavi, soprattutto per le entrate da corporate hospitality. E quindi in ultima istanza un notevole miglioramento dei bilanci. Inoltre il nuovo stadio, considerando come è cambiata la trattativa rispetto ai piani iniziali con Inter e Milan che ora intendono acquistare l’attuale San Siro e le aree limitrofe, nei fatti sarà un vero e proprio asset patrimoniale per le due società.
Su questo fronte va notato invece che le cose sembrano volgere al bello. Il Milan è tornato a fare squadra con l’Inter e le due società sembrano indirizzate verso il piano del nuovo stadio a San Siro, nei fatti tornando all’idea iniziale di sei anni orsono. Per altro in settimana si è conclusa la Conferenza dei Servizi preliminare, in cui tutti i soggetti che ne hanno fatto parte (dai vari dipartimenti del Comune fino alle aziende dei trasporti ed energetiche di Milano) hanno dato una serie di indicazioni e paletti ai due club milanesi per il proseguo del progetto, dalle torri all’hotel passando per il verde.
Su questo punto però è utile evidenziare, proprio per sottolineare l’importanza strategica che il nuovo stadio ha avuto sin da subito per Cardinale, che pochi mesi dopo aver acquistato il Milan nell’agosto 2022, il businessman newyorchese spiegò che i rossoneri avrebbero abbandonato il piano con l’Inter per uno stadio in solitaria. Prima si valutò l’opzione dell’ippodromo La Maura e poi quella di San Donato. Il piano proseguì sino a settembre 2024 quando la società di via Aldo Rossi spiegò di essere tornata sul progetto del nuovo stadio condiviso a San Siro. Apparentemente perdendo oltre due anni di lavoro.
La verità però che è l’idea di andare in solitaria sullo stadio non fu una scelta ma una necessità. Non a caso non appena si insediò sulla tolda rossonera Cardinale capì da subito, e non a torto, che l’Inter degli Zhang non sarebbe potuto essere un partner economicamente affidabile per una intrapresa da circa 1 miliardo come lo stadio (e non a caso la famiglia Zhang ha perso una società valutata oltre 1 miliardo per un mancato pagamento di un debito di 395 milioni). Pertanto data l’importanza strategica del nuovo impianto per il disegno di RedBird, il banker newyorchese ha prima cercato una via in solitaria per poi tornare al piano condiviso non appena la società nerazzurra è passata nelle mani di Oaktree. Perché, per dirla con il presidente Scaroni, «assieme all’Inter lo stadio costa la metà». E con i costi dimezzati, anche il piano di Cardinale di rimborso a termine dei propri investitori ne guadagna enormemente.
Però anche qui va sollevata un’obiezione: se lo stadio era così strategico, non era il caso di valutare più attentamente la situazione del potenziale partner? Per dirla ancora in maniera brutale: se una famiglia ha intenzione di edificare una villa bifamiliare assieme a un’altra, non è logico analizzare bene come sta economicamente l’altro nucleo familiare?
DAL MERCATO ALL’ALLENATORE, SCELTE DA NON SBAGLIARE – Se però (con le dovute difficoltà e mille distinguo) il piano sullo stadio sembra avere preso una direzione precisa, ben più complicata appare la questione della competitività sportiva. Anche se va spiegato sin da subito che non sembra il caso di suonare il de profundis.
Secondo la maggioranza degli osservatori la squadra ha un notevole spessore tecnico (non a caso ha il terzo monte ingaggi della Serie A) e il Napoli di quest’anno dimostra che dopo un’annata balorda si può anche tornare ai vertici molto velocemente. Per altro come il Napoli quest’anno, il Milan la prossima stagione avrà il vantaggio tecnico di potersi concentrare solo sulle competizioni nazionali.
Però, più che mai, questa volta sarà cruciale non sbagliare le scelte: Tare pare essere il ds individuato e poi si vedrà chi sarà l’allenatore.
Va notato però, sempre paragonando il Milan attuale al Napoli dello scorso anno, che nello scorso mercato estivo De Laurentiis non ha badato a spese, assumendo Antonio Conte (scelta non certo economica anche per le sue pretese sul mercato) e investendo qualcosa come 150 milioni che hanno provocato un impatto a bilancio negativo per 52 milioni. Poi, in inverno, solo dopo che la squadra gli aveva praticamente garantito l’accesso nella prossima Champions League, il presidente partenopeo ha ceduto Kvaratskhelia al PSG rientrando di quanto speso con un impatto aggregato positivo.
Cardinale invece cosa farà? Domanderà a Tare una sorta di capolavoro sul mercato sul solco di quelli chiesti per svariate stagioni dall’Inter a Marotta e Ausilio (competitività sportiva e conti migliorati)? Oppure sarà disposto a investire come De Laurentiis?
Il crinale però è stretto: da un lato senza investimenti (e con le altre squadre che presumibilmente si rafforzeranno) il pericolo è quello di una seconda annata consecutiva senza la qualificazione in Champions League. Il che equivarrebbe a moltiplicare i problemi di gestione, non solo economici, ma anche quelli sportivi. Non ultimi quelli dei giocatori anche più importanti che allettati dai club impegnati nella massima competizione europea spingeranno per andarsene e nello stesso tempo sarà più difficile acquistare gli obiettivi desiderati nel mercato.
Dall’altro lato, mettendo invece mani al portafoglio, il pericolo sarebbe quello di andare incontro all’eventualità che l’investimento non ripaghi quanto speso.
Però su questo punto è bene essere chiari: è in casi tipo questo che deve emergere il saper fare dei dirigenti e di chi riveste posizioni apicali in una società e quindi la capacità di eseguire un mestiere oppure no. Insomma mai come nel prossimo mercato e nell’intera prossima stagione il re è nudo e chi ha incarichi importanti nel Milan, dal proprietario ai dirigenti all’allenatore, dovrà dimostrare di averne i requisiti. Senza nessun rischio tutti saprebbero fare i dirigenti calcistici o i manager.
Anche perché, sebbene lo stadio resti nei piani l’investimento strategico della società, certamente la mediocrità sportiva non piace a nessuno, tantomeno a quegli investitori che hanno immesso capitale nel club di Cardinale ritenendo la presenza del Milan nel calcio internazionale un requisito necessario.

