| Trovato uranio arricchito in un sito nucleare italiano: esplode il caso Itrec di Trisaia |
| I Carabinieri hanno sequestrato 600 metri quadri dell’impianto di Matera. Dopo gli avvisi di garanzia una nuova grana per uno dei più grandi centri per lo smaltimento di scorie radioattive in Italia |
Venerdì, 27 settembre 2024
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| L’impianto Sogin di Trisaia |
Prima gli avvisi di garanzia, poi il sequestro: dopo anni di denunce, indagini e accertamenti è esploso in questi giorni il caso dell’Itrec di Trisaia, il centro di smaltimento di scorie radioattive provincia di Matera. Il sito, gestito dalla Sogin è sotto indagine per una sospetta contaminazione delle falde acquifere derivante dalla lavorazione di combustibili radioattivi. E se ieri, giovedì 26 settembre, erano finite nel registro degli indagati della Procura 16 persone, con l’accusa di sversamento di materiali tossici, oggi un maxi sequestro operato dai Carabinieri apre un nuovo inquietante capitolo della vicenda.
Tracce di uranio arricchito: sequestrato un terreno nell’Itrec di Trisaia – I carabinieri del nucleo di tutela ambientale hanno posto sotto sequestro un’area di 600 metri quadri all’interno del sito nucleare dopo una serie di campionamenti di terreno, prelevato da alcuni cumuli (circa 1500 metri cubi) già stoccati. Erano in attesa delle previste procedure di analisi e destinati allo smaltimento. Durante i controlli effettuati su uno dei quattro lotti pronti per essere smaltiti succede qualcosa di strano.
Le analisi condotte sia da Sogin sia dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), con il coordinamento della Procura di Matera, hanno infatti rilevato “la presenza di uranio arricchito U234-U235 non riconducibile ai radionuclidi uranio-torio in deposito presso il sito gestito dalla Sogin“.
Il centro aveva infatti accolto, tra il 1969 e il 1971, 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio provenienti da un reattore americano. Nel sito dovevano essere fatte ricerche su processi di ritrattamento e rifabbricazione di queste scorie. Una mission che finisce nel 1987 con il referendum che segna la fine dell’esperienza nucleare italiana, ponendo attivamente il problema dello smaltimento delle scorie.
Le tracce di uranio arricchito dalla provenienza sconosciuta – Quello che non sembra quadrare oggi è che la nuove tracce radioattive trovate non sono in linea con quelle trattate all’interno del centro. Un’evidenza che potrebbe originare anche un nuovo filone d’inchiesta.
La nota positiva è che i livelli di contaminazione “non rappresenterebbero un pericolo immediato per i lavoratori, per l’ambiente e la popolazione” come precisato dai carabinieri. Sul perché siano state rilevate queste tracce ci sarà però probabilmente da indagare.
Giovedì, 26 settembre 2024
| Un sito nucleare italiano ha contaminato le falde acquifere |
| Notificato un avviso di garanzia a Sogin per l’inquinamento correlato al sito di smaltimento di rifiuti nucleari di Trisaia, in Basilicata. Secondo le accuse già dal 2014 alcuni dirigenti avrebbero appreso della contaminazione delle acque di falda, ma lo avrebbero comunicato solo nel 2015 |
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| Il centro di Trasaia Enea Sogin |
Si è chiusa lo scorso 24 settembre il primo capitolo dell’inchiesta che vede l’impianto Itrec di Trisaia, in provincia di Matera, sotto indagine per una sospetta contaminazione derivante dalla lavorazione di combustibili radioattivo. Martedì scorso la direzione distrettuale antimafia ha comunicato a Sogin, proprietaria dell’impianto, l’avviso di fine delle indagini preliminari. Gli indagati sono dirigenti della Sogin della vecchia centrale nucleare di Rotondella e funzionari pubblici degli enti locali che avrebbero rilasciato delle autorizzazioni a scaricare nel mar Jonio, senza alcun trattamento, le acqua contaminate da sostanze cancerogene.
L’avviso di garanzia a Sogin – I giudici contestano a Sogin, la società di Stato incaricata del decomissionamento degli impianti nucleari, la contaminazione riscontrata nelle falde acquifere sotterranee del sito a partire dal 2014, che potrebbe essere imputabile allo smaltimento di rifiuti radioattivi. Un ipotesi che Sogin respinge, sottolineando come la contaminazione non sia stata originata dalle operazioni di smaltimento e di aver comunicato alle autorità competenti il processo in atto non appena identificato.
Secondo gli accertamenti dei Carabinieri del Noe (il nucleo operativo ecologico dell’Arma) e della Dda, già dal 2014 alcuni dirigenti di Sogin avrebbero appreso della contaminazione delle acque di falda sottostanti il sito lucano, ma lo avrebbero comunicato solo nel 2015. In questo lasso di tempo, secondo gli inquirenti, la contaminazione si sarebbe estesa oltre il perimetro del centro. Oltre alle acque finite in mare, viene contestato anche lo scarico di acque reflue industriali dell’impianto Sogin direttamente nel fiume Sinni. L’inchiesta, inoltre, ipotizza ”omissioni’‘ nell’attività di controllo della Provincia di Matera e del Comune di Rotondella. Gli indagati sono al momento sedici. Ma, per capire meglio questa storia è necessario fare qualche passo indietro.
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| Operai al lavoro nell’Itrec di Trisaia (Foto Sogin) | Materiali radioattivi stoccati nell’Itrec di Trisaia (Foto Sogin) |
Il problema della gestione del nostro “passato nucleare” – Il centro ricerche Enea di Trisaia, in località “Trisaia Inferiore“, nel comune di Rotondella (Matera) nasce nel 1963. È inizialmente un centro di riprocessamento degli elementi esauriti del combustibile nucleare.
Il nucleare civile in Italia nasce infatti nel 1963 con la prima centrale di Latina e il grande tema è dove smaltire le scorie derivante dal processo di fissione.
Il centro di Trisaia era uno dei siti all’avanguardia pensati per studiare i processi di riconversione e trattamento dei rifiuti radioattivi. Tra il 1969 e il 1971 vengono trasferiti nel sito 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio provenienti da un reattore americano. Nel sito dovevano essere fatte ricerche su processi di ritrattamento e rifabbricazione di queste scorie.
Dopo il referendum del 1987, che mette fine al nucleare civile italiano, queste attività vengono interrotte. Da garantire c’è però il mantenimento della sicurezza dell’impianto per tutelare ambiente e popolazione. Dal 2003 per questo scopo subentra Sogin, la società pubblica incaricata dello smaltimento di rifiuti radioattivi. Il compito dell’azienda è l’allontanamento del combustibile nucleare, la decontaminazione e la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
L’accusa della Procura: “Sversamento di acqua contaminata” – I guai cominciano nel 2018 quando la Procura pone sotto sequestro tre vasche di raccolta delle acque di falda e la condotta di scarico della struttura. L’ipotesi è quella dello sversamento in mare di acqua contaminata che Sogin respinge con fermezza. All’azienda si contesta il reato di inquinamento ambientale e lo smaltimento illecito di rifiuti.
In particolare viene accertato il grave stato di inquinamento della falda con sostanze cancerogene come cromo esavalente e tricloroetilene, entrambe sostanze utilizzate nel riprocessamento del materiale nucleare.
Gli esiti degli esami vengono notificati all’Arpa Basilicata nel 2017 e il vicino comune di Rotondella vieta l’utilizzo delle acque sotterranee. “Nell’area interessata, comprendente l’intero centro Enea della Trisaia e aree adiacenti, oltre quelle attraversate dal fiume Sinni fino allo sbocco sul mare” precisa una nota del sindaco proprio mentre vengono avviate le indagini.
Nel frattempo però per anni le persone hanno continuato ad attingere all’acqua, probabilmente contaminata. E, al di là dell’inchiesta giudiziaria, crescono i timori anche per le ricadute sanitarie e ambientali.






