articolo di Riccardo Ricci: https://www.repubblica.it/esteri/2024/03/24/news/attentato_mosca_crocus_vittime_famigliari-422363025/?ref=RHEX-BG-P2-S5-T1
domenica 24 marzo 2024

Il giorno dopo nel luogo dell’attentato vittime e famigliari si raccolgono nel dolore. Comunicate le identità di 29 vittime, da una reginetta di bellezza a una giovane coppia
MOSCA – Un sottile refolo di fumo si solleva ancora dal tetto del Crocus City Hall, all’indomani della tragedia nella quale hanno perso la vita 133 persone. I soccorritori rimuovono le macerie del tetto crollato della sala concerti. Avanzano spegnendo gli ultimi focolai dell’incendio e l’odore acre del fumo raggiunge la colonna di auto ferme sulla tangenziale. Accanto le pattuglie sfrecciano a sirene spiegate. Il frastuono copre il rumore degli elicotteri sempre in volo.
Sulle strade, nella metro e nei luoghi pubblici i cartelli pubblicitari riportano tutti lo stesso messaggio: “skorbim”, piangiamo. Il Paese affronta il dolore con un dignitoso silenzio, interrotto di tanto in tanto da un bollettino aggiornato delle vittime. In giornata il Comitato investigativo ha pubblicato le prime immagini dell’interno di quella che fino a ieri era la sala concerti del Crocus City Hall: un groviglio di lamiere piegate dalle fiamme. Lo scheletro irriconoscibile di quello che resta del centro commerciale si staglia sullo sfondo del cielo grigio.
Sulla facciata del Crocus City Hall, sotto i segni dell’incendio si distingue ancora il nome del cantante lirico sovietico a cui era dedicata la sala concerti, Muslim Magomaev. Nel parcheggio che separa la strada dall’edificio ci sono un centinaio di auto abbandonate dalle persone in fuga. Sull’asfalto umido, le bottigliette d’acqua distribuite con i primi soccorsi. I camion dei pompieri, le auto della polizia e le gru della protezione civile sono allineati vicino all’ingresso principale.
Ai media e ai visitatori la polizia ha destinato un’area sgombra del parcheggio, vicino all’ingresso della metropolitana. È proprio lì, lungo una transenna di metallo, che da ieri mattina le persone hanno iniziato spontaneamente a deporre fiori, candele e peluche in memoria delle vittime. Solo alcuni si lasciano andare al pianto. I più si limitano a contemplare le lamiere contorte, in silenzio, ingoiando il dolore.
A pochi metri, alcune persone sono in attesa di poter recuperare le loro auto. L’agente di polizia spiega loro che non sarà possibile neanche avvicinarsi «per almeno un paio di giorni»: sono in corso delle indagini.
Uno di loro, Roman, ci spiega che era nella sala all’inizio dell’attacco, ma che non ha visto né gli attentatori, né le vittime: è stato tra i primi a uscire. «Ho capito subito di cosa si trattava, sono un militare – chiarisce – Ho sentito raffiche brevi, significa che è gente che con le armi ci sa fare». La conversazione è interrotta dal poliziotto.
Anche Pavel e Maragrita Bunov erano in sala quando è cominciato l’attacco, ma ci hanno messo un po’ a capire che non si trattava di effetti speciali per il concerto. Sono riusciti a fuggire verso l’alto, attraverso le uscite antincendio, «grazie alla prontezza di una guardia giurata» che seguiva gli spostamenti degli attentatori attraverso le telecamere di sorveglianza. «Siamo corsi ad abbracciare i nostri figli», dice Margarita mentre stringe in mano il tagliando del guardaroba.
Le vittime – Non tutti sono stati così fortunati. In serata Mosca ha comunicato la lista dei primi 29 corpi riconosciuti. Tra di loro c’è anche Maksim Verbenin, 25enne, immobilizzato sulla sedia a rotelle. Nel cadere sotto i colpi degli attentatori ha coperto con il corpo la fidanzata Natalja miracolosamente viva. C’è anche Ekaterina Novoselova, 42 anni, ex reginetta di bellezza. E ancora: Natalia Zudina, 44 anni, laureata in Economia. Pavel Okishev, 34 anni, era con sua moglie, la fotografa Irina Okisheva, 33 anni: entrambi sono stati uccisi nell’attacco.
La 61 enne Elena ha raccontato di aver visto un giovane strappare l’arma a uno degli attentatori. «Ci ha dato l’opportunità di attraversare tutti il palco, attraverso l’uscita di emergenza siamo corsi in strada. Ha salvato molte persone…», ha detto Elena al canale Baza Telegram. “Splotitsa”, unirsi, compattarsi. È la parola più pronunciata intorno al memoriale. Molti sono tornati per riprendere le loro cose e per rendere omaggio a chi non ce l’ha fatta.
Altri sono vivi semplicemente perché si sono attardati prima di entrare in sala. Anastasia Radionova, moscovita, è una fan del gruppo che doveva suonare. Quando ha sentito gli spari si è prima nascosta sotto un tavolino del bar, poi è fuggita con altri spettatori in un locale di servizio. Da lì tutti insieme sono fuggiti rompendo una vetrata. La cognata invece è stata trascinata dalla folla nell’ascensore, dove è rimasta bloccata a lungo.
Olga Muraviova ha raccontato una storia simile. Una volta in strada con il marito ha tentato invano di fermare qualche auto di passaggio per farsi aiutare: «Non so perché si sono comportati così».
La città ha però mostrato da subito il suo lato più solidale: sono già settecento i donatori di sangue che dalla notte dell’attacco si sono rivolti alle cliniche della regione. Sul posto sono attivi gruppi di volontari pronti a fornire supporto psicologico. Tra la folla compaiono le t-shirt della ong filogovernativa Molodaja Gvardia. Per la maggior parte dei presenti però di fronte alla tragedia «non è il momento di fare politica».

