
Sono 89 per ora le vittime accertate ma sono più di un migliaio le persone irraggiungibili.
È salito a 89 il numero delle vittime accertate degli incendi che hanno trasformato il paradiso delle isole Hawaii in inferno.
Il bilancio, purtroppo provvisorio e con ogni probabilità destinato ad aumentare («senza dubbio ci saranno altri morti» ha dichiarato il governatore Josh Green), è il più grave degli ultimi cento anni di storia degli Stati Uniti d’America. Supera infatti il bilancio del rogo 2018 a Camp in California dove persero la vita 85 persone.
Ci sono un migliaio di dispersi e i soccorritori non hanno ancora controllato l’interno delle case, dove molti potrebbero essere rimasti intrappolati, né terminato le ricerche in mare, dove diversi abitanti si sono gettati per sfuggire alle fiamme. Per trovare i cadaveri si impiegano anche cani speciali. Quasi 1.500 persone invece sono ospitate in rifugi di emergenza.
Intanto l’attorney general delle Hawaii Anne Lopez ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulle decisioni e sulle misure prese dalle autorità prima, durante e dopo gli incendi, e ha promesso di rendere pubbliche le conclusioni. Certo, il cambiamento climatico risulta il principale responsabile del disastro, ma dai primi accertamenti pare che molte cose non abbiano funzionato bene per prevenirne ed attenuarne gli effetti letali. La società elettrica Hawaiian Elctric, ad esempio, pur essendo a conoscenza delle previsioni di potenti raffiche di vento e del pericolo incendi, non ha adottato quella che ormai è considerata la misura più efficace: staccare la corrente nelle aree a rischio, come fanno molti Stati Usa, a partire dalla California, dopo i devastanti roghi del 2017-2018.
Inoltre le sirene del sistema d’allarme non sono state attivate, mentre i messaggi di allerta sui telefonini non sono arrivati per mancanza di copertura. «È stata sottostimata la letalità e la velocità dell’incendio», ha accusato la deputata dem delle Hawaii Jill Tokuda. «Non abbiamo imparato la lezione dall’uragano Lane nel 2018, ossia che gli incendi boschivi possono scoppiare a causa dei forti venti provenienti da sud», ha aggiunto. Cinque anni fa l’uragano Lane alimentò roghi che distrussero 2330 acri a Maui. L’anno successivo le fiamme bruciarono altri 25 mila acri. Eppure in un rapporto dello scorso anno la protezione civile classificava il rischio di incendi «basso».
Ora invece il «Lahaina fire» ha mandato in fumo ulteriori 2170 acri di terreno, e danneggiato o distrutto 2719 edifici, di cui l’86% residenziali. Ci sono ancora alcuni focolai, che nella notte hanno costretto ad una ennesima evacuazione nell’area occidentale dell’isola, ma la situazione appare sotto controllo. La Fema, l’agenzia federale Usa per la protezione civile, comincia a fare i conti dei danni e stima che saranno necessari almeno 5,5 miliardi di dollari per la ricostruzione a Maui. Adesso però servono urgentemente cibo, acqua, farmaci, prodotti per la pulizia e l’igiene. E mentre si moltiplicano le iniziative di solidarietà, compresi i 100 milioni di dollari donati da Jeff Bezos e dalla fidanzata Lauren Sanchez, i residenti di Lahaina sono stati autorizzati per la prima volta a tornare nella loro cittadina. Quasi tutti hanno trovato la propria casa in cenere, struggendosi per aver perso tutto ma consolandosi spesso per aver rivisto sani e salvi amici e vicini. I pochi che hanno gridano al miracolo per l’abitazione intatta non la vogliono più lasciare temendo gli sciacalli, nonostante il rischio che sia insicura e con acqua contaminata. Le autorità hanno imposto un coprifuoco notturno per proteggere gli edifici.
Le immagini dall’arcipelago, ancora battuto da forti venti che alimentano nuovi roghi nelle onnipresenti sterpaglie, sono spettrali: colonne di fumo e fiamme si alternano corpi carbonizzati sotto teli trasportati da soccorritori stravolti da stanchezza e dolore, carcasse di animali auto imbarcazioni, case e negozi devastati da fuoco e saccheggi, alberi e piante esotiche affumicati. Fognature e tubazioni sono esplosi in centri urbani e villaggi. Intanto sono oltre 15mila i turisti fuggiti da Maui, l’isola dell’arcipelago più colpita.

