Danni e feriti in tutto il sud dell’isola, solo di origine dolosa. Ma per il Corpo Forestale regionale “solo l’1% viene appiccato da persone con una vera patologia”
Pochi dubbi sull’origine dolosa, il giorno dopo l’inferno di fuoco che ha incenerito vegetazione e distrutto case, campeggi, aziende agricole nel sud della Sardegna. Arrivano le conferme dalle prime indagini degli agenti del Corpo Forestale con il ritrovamento degli inneschi. Multipli, posizionati in punti raggiungibili con difficoltà dalle squadre a terra, impegnate nell’impari lotta contro il tempo e contro il fortissimo vento di maestrale che da giorni sferza la Sardegna.
E il giorno dopo, mentre la macchina antincendio è dalle prime luci del giorno impegnata a spegnere e bonificare i roghi di ieri e altri ne sono scoppiati, ancora nel Sud Sardegna, nell’oristanese e in Gallura, la condanna è ovviamente unanime e come la richiesta di aumentare le pene.
La pista delle ripicche e vendette – “E’ una proposta che arriva dal mio partito, Fratelli d’Italia, e che naturalmente condivido” sottolinea l’assessore regionale dell’Ambiente, Marco Porcu. “Non parliamo di piromani, ma di incendiari delinquenti, che devono avere una punizione commisurata alla gravità di un reato che, contemporaneamente, compromette vite umane, aziende, patrimonio ambientale. Chi ha piazzato gli inneschi a Gairo, sabato, durante la notte, lo ha fatto consapevole della difficoltà di intervento dei mezzi antincendio. Siamo di fronte ad una volontà di distruggere precise aree, peraltro già in passato attraversate dal fuoco e sottoposte successivamente a rimboschimento”. I motivi? “ripicche, vendette, disagio sociale, certamente”. Anche i comportamenti incauti sono stati spesso causa di incendi di vasta proporzione, ma per Porcu non sono meno scusabili, “quando non presti attenzione e non rispetti norme ben precise, comunque una responsabilità c’è”.

Allevatori e cacciatori – Tanti anni di esperienza sul campo, Stefania Murranca, commissaria superiore e direttrice del servizio Antincendio del Corpo Forestale della Sardegna ha pochi dubbi: “degli incendi dolosi, solo l’1% viene appiccato da persone con una vera patologia, per il resto ci sono motivazioni varie. Vendette tra privati, litigi tra allevatori confinanti, anche conflitti tra compagnie di caccia: nelle zone percorse dal fuoco per dieci non è consentita l’attività venatoria. In diversi casi, soprattutto nelle aree interne, anche per ‘sollecitare’ assunzioni nei cantieri forestali. Non escludiamo il disagio sociale, ricordo una serie di incendi in una periferia urbana, che venivano appiccati da ragazzini minorenni annoiati, che poi giravano video che caricavano in rete”. C’è poi tutta la casistica dei roghi da imperizia, negligenza, poca attenzione: “tanti da uso dello smeriglio o di altri macchinari vicino al fieno o sull’erba secca, la marmitta che catalitica che sprigiona scintille, nelle cunette, lo smaltimento delle braci dopo un’arrostita. In Sardegna sono presenti i tre fattori che predispongono al fuoco, cioè la bassa umidità, il vento e le alte temperature, siamo completamente esposti e davvero qualsiasi innesco può provocare una tragedia”.
Daspo ambientale – E’ la proposta provocazione degli ambientalisti del Gruppo di Intervento Giuridico, secondo cui prevenzione, efficienti apparati di protezione civile, sensibilizzazione, non bastano. “Il caso clinico del piromane è raro, le cause degli incendi sono sempre le stesse: incuria, lassismo, distrazione per i comportamenti colposi, speculazione, vendetta, minaccia, protesta per i comportamenti dolosi”. Ma per gli incendiari individuati e condannati, spesso seriali, deve essere adottato un provvedimento specifico: “vanno estirpati dal contesto socio-ambientale dove distruggono natura, abitazioni, attività lavorative, almeno per un congruo periodo di tempo”.

Importante la prevezione – Antonio Casula è il direttore generale di Forestas, l’agenzia ‘Agenzia regionale per lo sviluppo del territorio e dell’ambiente della Sardegna, nata nel 2016 dalle ceneri dell’Ente Foreste, con compiti di sorveglianza e tutela del territorio e parte attiva della macchina antincendio. “Abbiamo 160 postazioni-vedetta sul territorio, fisse e anche itineranti nei giorni più critici, con oltre 400 uomini che operano con turni differenziati. Sul fronte della lotta attiva al fuoco mettiamo in campo mezzi, quali pick up e autobotti, e altri 1100 unità. Chi scatena gli incendi? Andiamo dal malato criminale al disattento, la casistica è davvero varia. Occorre insistere sulla prevenzione, abbiamo ancora troppe aziende zootecniche o cortili di abitazioni dove si trovano pneumatici, bombole, ferrovecchi, residui di rifiuti che in poco tempo favoriscono il propagare del fuoco. Una correlazione tra incendi e le possibili assunzioni nei cantieri forestali la escludo, non vale per l’equazione più fuoco, più personale, né per la parte tecnica né per quella politica”.
“Limitare allerte incendi , aiutano i piromani” – Per San Giovanni Suergiu, centro del Sulcis Iglesiente di 5600 abitanti, anche oggi è stata una giornata difficile, con interventi di canadair e elicottero dell’antincendio regionale dalle prime ore del giorno. “Solo ieri sono andati in fumo mille ettari di territorio – afferma sconsolata la sindaca Elvira Usai -, abbiamo perso vegetazione, aziende agricole, animali. Il fuoco ieri è stato appiccato in tre punti difficilmente raggiungibili da terra e i mezzi aerei, impegnati su più fronti, sono arrivati dopo ore. Abbiamo fatto quel che potevamo, con i pochi messi a disposizione del Comune. Chi appicca il fuoco? Io vedo un insieme di cattiveria e pazzia, la patologia di chi non ama se stesso né la natura e spesso resta a guardare le fiamme che divorano tutto”. La sindaca ha un’idea precisa anche sulle allerte per rischio incendi, “che andrebbero divulgate il meno possibile e così io faccio. Non funzionano come quelle per alluvione o maltempo, gli avvisi delle condizioni che possono favorire i roghi di fatto danno informazioni utili ai piromani. Serve prevenzione, servono forze in campo a disposizione dei Comuni: noi non abbiamo risorse dalla Regione, ci troviamo ad affrontare fuoco e fiamme con 20 uomini e un solo mezzo e non servono neanche le ordinanze che firmiamo all’inizio di ogni estate, perché poi non abbiamo persone che vadano sul territorio a verificarne il rispetto”.

